Recensione: Live From Lexxi’s Mom’s Garage

Di Carlo Passa - 27 Marzo 2016 - 8:00
Live From Lexxi’s Mom’s Garage
Etichetta:
Genere: Hard Rock 
Anno: 2016
Nazione:
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75

Quando il video di Cherry Pie (Warrant, 1990) iniziò ad andare in onda su MTV, il fenomeno del glam metal (non ancora noto come hair metal) stava ormai per spegnersi. I vari Mötley Crüe e Poison si erano dati una nuova immagine, più stradaiola e minimamente seriosa, lasciando alle spalle i rossetti e le paillettes che avevano dominato gli appena conclusisi anni ottanta. E certi tizi un po’ tristi vestiti con camicie di flanella da boscaioli iniziavano a comparire sulle riviste di heavy metal.
Cherry Pie doveva essere un riempitivo, niente più che una melodia leggera e disimpegnata con cui aprire i concerti. Sarebbe diventata l’ultima grande hit del genere, prima che l’onda di Seattle travolgesse in pochi mesi tutto quel mondo fatto di sesso, droga, rock e tanto look sopra le righe.
Ma più che la canzone in sè, fu proprio il video a rappresentare l’arma che avrebbe reso grande Cherry Pie: una sexy pin-up giocava per circa tre minuti intorno all’ambigua forma di una fetta di torta di ciliegie, mentre la band lanciava gli ultimi sguardi ammiccanti di un’era che stava inconsciamente celebrando la propria fine.
Quella pin-up era Bobby Brown e la sua storia d’amore con Jani Lane (cantante degli Warrant) fu un’icona di tutto quel mondo. Incontratisi proprio sul set di Cherry Pie, i due fecero le cose in fretta: si sposarono nel giro di pochi mesi, ebbero una figlia e, prima della fine del 1993, avevano già divorziato. Oggi Jani non c’è più, ucciso nel 2011 dall’alcol in un albero di un sobborgo di Los Angeles. E Bobby è diventata …la mamma di Lexxi Foxx degli Steel Panther! Eccola campeggiare sulla copertina di questo Live From Lexxi’s Mom’s Garage mentre si fuma una sigaretta davanti al frigorifero della sua cucina. Assieme a fascino e sensualità, questa quasi cinquantenne riesce a trasmettere quel senso d’ironia endemico della band di Los Angeles, che ha fatto della parodia dell’hair metal di trent’anni fa la propria ragion d’essere.
Live From Lexxi’s Mom’s Garage, in vero, non è una gran sorpresa. Trattasi di un live acustico, che la storia immagina registrato nel (piuttosto capiente) garage della casa della mamma di Lexxi, per l’occasione riempito di belle ragazze, oltre che di un fortunato ciccione che non si sa come sia riuscito ad ottenere il biglietto (così dice la storia…). Non una sorpresa, si diceva, perché i live acustici divennero una tappa obbligata a inizio anni novanta per tutte quelle band glam che avevano spopolato fino a poco tempo prima, tra aerei privati e palchi coloratissimi. Dallo splendido Five Men Acoustical Jam dei Tesla in poi fu tutto un fluire di versioni unplugged di grandi hit, generalmente rivisitate con toni tra il melanconico e il “finalmente” pulito da ogni orpello. Peccato che proprio quegli orpelli fossero la vera dimensione del genere: tolti quelli, il grunge ebbe vita facile.
Per fortuna, pur ripercorrendo le gesta dei propri padri, gli Steel Panther non incorrono nei medesimi errori e questo live non perde quel gusto per l’ironia, il divertimento e la battuta grassa che ha caratterizzato tutti gli album della band. Pussy metal, dunque, ma in salsa acustica e con molto poco spazio al sentimento.
In vero, le canzoni non sono state molto riarrangiate (in questo, Five Men trovò la propria gloria) e suonano piuttosto simili alle originale elettriche, non aggiungendo granché a quanto già detto dalla band. Il valore aggiunto del disco risiede, invece, nel generale senso di allegria spensierata che lo caratterizza per tutta al sua durata.
La band ha vita facile, adorata da un pubblico di eccitate fanthers che vengono esposte alle canzoni più note dei quattro losangelini, tra le quali spiccano l’allegra Party Like Tomorrow Is the End of the World, la notevole Gloryhole e la ruffiana The Burden of Being Wonderful.
Nonostante un’apparenza caciarona, i pezzi degli Steel Panther sono il frutto di un valido lavorio compositivo che la dimensione live valorizza, soprattutto negli assolo artatamente di gusto di Satchel. La presenza di un quartetto d’archi (ovviamente al femminile), poi, è la marcia in più che riesce a rendere molto piacevoli momenti come Weenie Ride: davvero una bella sorpresa.
C’è spazio anche per una canzone inedita, That’s When You Came In, che non rimarrà nella storia della band. Non mancano, d’altro canto, i due pezzi più famosi del gruppo, ovvero la power ballad Community Property, forte di una melodia che più retro non si può, e l’inno posto in chiusura Death To All But Metal, che si trasforma in un buon blues, lasciando però per strada un po’ della vivacità del pezzo originale.
Live From Lexxi’s Mom’s Garage verrà sicuramente apprezzato dai fanthers di tutto il mondo, che potranno ritrovare nei suoi solchi il gusto dei concerti della band, veri e propri party a base di testosterone e reminiscenze anni ottanta. Constatiamo con piacere che gli Steel Panther non porgono il fianco alla malinconia decadente che caratterizzò i prodotti di questo tipo a inizio anni novanta, ma tengono fede alla propria missione di divertire e niente più. Non è più tempo di glam metal, ma certamente neppure di grunge.

 

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