Recensione: Live Shit: Binge & Purge

Di Andrea Bacigalupo - 30 Marzo 2021 - 15:00
Live Shit: Binge & Purge
Band: Metallica
Etichetta: Elektra Records
Genere: Thrash 
Anno: 1993
Nazione:
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metallica logo

Come ‘Made in Japan’ nel 1972 per i Deep Purple ed il ‘Live After Death’ nel 1985 per gli Iron Maiden, il ‘Live Shit: Binge & Purge’ del 1993 segna, per i Metallica, la fine di un periodo storico.

In particolare riassume la folle carriera che il quartetto di Los Angeles ha fatto da quando ha iniziato, nel 1982, fino a undici anni dopo, periodo di tempo nel quale ha pubblicato cinque album, tutti fondamentali, non solo per la storia del Metal, ma per la musica in generale.

Il primo, ‘Kill ‘em All’ del 1983, esplosivo, lacerante e feroce, apre l’epoca del Thrash, lo fa uscire dai garage e dai piccoli locali e lo lancia sulla folla. I discografici cominciano a capirne la potenzialità; sulla scia di questo primo album sempre più band cominciano ad incidere, a farsi sentire urlando la propria rabbia e a far breccia nel cuore dei fan.

Brani come ‘The Four Horsemen’, ‘Seek & Destroy’ e ‘Whiplash’, e non solo, diventano ben presto immortali.

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Il secondo, ‘Ride the Lighting’ del 1984, è la conferma, un simbolo: la band cresce, migliora e porta il Thrash alle stelle. E’ un capolavoro.

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Il terzo, ‘Master of Puppets’ del 1986, è da centodieci e lode, rasenta la perfezione. Basta una parola per descriverlo: unico.

Muster of puppetz

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Poi, in un attimo, la tragedia: il 27 settembre 1986 Cliff Burton muore nel modo più ingiusto: il tour-bus, sul quale viaggiava la band, slitta sulla strada ghiacciata, a Ljungby in Svezia, ribaltandosi, Cliff viene scaraventato fuori e schiacciato dal mezzo. Non ci sono speranze.

Il mondo del Metal è sgomento, c’è già passato con la morte di Bon Scott, Phil Lynott, John Bonham e molti altri, ma ogni volta il cuore si strazia. Non importa se non lo hai mai conosciuto e se lo hai sentito suonare solo nei dischi, è un ragazzo giovane strappato alla vita, uno di noi. Cala il silenzio.

Poi, come si dice, ‘lo spettacolo deve andare avanti’. Il terzetto superstite fa la sua scelta: Jason Newsted dei Flotsam and Jetsam è il nuovo bassista dei Metallica ed è con lui che registrano il quarto album, ‘… And Justice for All’ del 1988. La band propone sonorità nuove, meno feroci, più sofisticate. I brani si allungano e prendono un andamento progressivo mostrando un’altra faccia del Thrash, non più solo un ‘battere e percuotere’ ma un qualcosa di più maturo, che va oltre. Il doppio album, pur scatenando qualche critica negativa, tra le quali quella del basso che non si sente (questione su cui si discute ancora oggi), è comunque un successo planetario. Dove vanno i Metallica la folla li segue, i fan aumentano, non sono più solo i Thrashers ad apprezzarli.

and justice for all

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Il quinto album, dal semplice titolo ‘Metallica’ esce nel 1991. Ha il logo della band ed il serpente di Gadsden, simbolo raffigurato su una delle prime bandiere degli Stati Uniti, stilizzati sullo sfondo nero della copertina. Per questo ci si riferisce a lui come il ‘Black Album’.

La band si distacca sempre più dal sound degli esordi, preferendo trame più ‘orecchiabili’. Devono contrastare i nascenti Grunge ed Alternative ed un po’ si adeguano. I fan di vecchia data non sono assolutamente contenti, molte sono le critiche, ma questo non impedisce ai Metallica di sfondare ogni linea. Ormai sono al vertice e suonano ovunque e con chiunque, sia che faccia parte del mondo Metal oppure no.

Black album

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Decidono, quindi, di immortalare la loro carriera e niente è più adatto (a parte il suo prezzo) di un vero e proprio documentario. Il ‘Live Shit: Binge & Purge’, pubblicato da Elektra Records il 26 ottobre 1993, è un cofanetto composto da tre CD, contenenti brani registrati durante le tappe a Città del Messico del ‘Nowhere Else to Roam Tour’, svoltosi nel 1993 e tre videocassette, con i concerti tenutisi a San Diego durante il gigantesco ‘Wherever We May Roam Tour’, svoltosi  tra il 1991 ed 1992 ed a Seattle durante il ‘Damage Justice Tour’ svoltosi tra il 1988 ed il 1989. Il pacchetto originale comprendeva anche un booklet e vari gadget.

cofanetto

Nelle edizioni stampate dal 2002 in avanti le videocassette ed il booklet sono state sostituite da due più moderni DVD.

Le Tracklist dei concerti di Città del Messico e di San Diego si differenziano essenzialmente per la diversa disposizione di alcuni pezzi. Il concerto di Seattle, invece, ritraendo la band prima dell’uscita di ‘Metallica’, fa parte del tour con il quale passarono anche dall’Italia, il 13 settembre 1988 al Palasport di Padova ed il 14 al leggendario Palatrussardi di Milano, oggi purtroppo non più utilizzato, in avanzato stato di declino ed in attesa della propria sorte (si parla di riqualificazione … speriamo).

Con i tour successivi, invece, passarono dall’Italia il 14/09/1991 a Modena, alla Festa dell’unità nell’ambito del Monsters of Rock, il 16 e 17 novembre 1992 rispettivamente al Palamarino di Roma e a Milano, nuovamente al Palatrussardi,  il 22 giugno 1993, invece, allo Stadio della Alpi di Torino.

Metallica 1

Per evitare ulteriori lungaggini, in questa sede, parliamo del contenuto dei CD, senza nulla togliere al valore delle riprese video.

La tracklist, composta da ben ventiquattro tracce, rispecchia grosso modo quelle del tour, che sono state tre, con qualche modifica qua e là. L’unico dubbio viene sulla registrazione di ‘Motorbreath’, che non risulta essere presente in nessuna delle scalette trovate sulla rete, ma è più probabile che siano queste ad essere sbagliate.

Il live è una valanga trascinante, dall’emozionale intro ‘The Ecstasy of Gold’, brano composto da Ennio Morricone per la colonna sonora del film di Sergio Leone ‘Il Buono, il Brutto, il Cattivo’, spaghetti western del 1966, utilizzata dal quartetto fin dal 1983 per scaldare gli animi dei fan, fino all’ultima ‘Stone Cold Crazy’, cover dei Queen tratta dall’album ‘Sheer Heart Attack’ del 1974, un brano già potente nella versione originale di Freddy Mercury e soci, ma detonante se suonato in chiave Metal.

Metallica 2

I Metallica danno precedenza ai brani del loro ultimo Full Length, dal quale traggono sei pezzi, tra cui ‘Enter Sandman’, che apre le danze, ‘Sad But True’, la nostalgica ‘The Unforgiven’ e ‘Nothing Else Matters’, che ha sostituito ‘Starway to Heaven’ come brano da rimorchio.

Il precedente ‘… And Justice for All’ è rappresentato da due pezzi completi (‘Harvester of Sorrow’ e ‘One’) e da un medley riassuntivo di poco più di dieci minuti, che comprende estratti da ‘Eyes of Beholder’, ‘Blackned’, ‘The fraved Ends of Sanity’ e ‘… And Justice for All’.

Master of Puppets’ e ‘Ride the Ligting’ sono ricordati con tre pezzi ciascuno: le epocali ‘Welcome Home (Sanitarium)’, ‘Master of Puppets’ e ‘Battery’ per il primo e ‘Creeping Death’, ‘For Whom the Bells Toll’ e ‘Fade to Black’ per il secondo.

Metallica 3

Il lavoro degli esordi, l’inizio di tutto, è rappresentato dalle sempiterne ‘Seek & Destroy’, ‘Whiplash’, ‘The Four Horsemem’ e dalla già citata ‘Motorbreath’: la furia è sui palchi, il significato della parola Thrash è espresso al massimo.

E’ interminabile l’assolo di basso e chitarra; Jason Newsted e Kirk Hammett dimostrano la loro tecnica, ma la durata di quasi venti minuti è veramente troppa, anche se i musicisti interrompono la competizione cimentandosi in un’emozionante interpretazione di ‘Dazed and Confused’ (da ‘Led Zeppelin I’ dei Led Zeppelin del 1969) e in un divertente rifacimento della ‘Marcia funebre per una marionetta’ di Charles Gounod, sigla di testa della serie di telefilm ‘Alfred Hitchcock presenta’.

Infine, c’è spazio per i ricordi, per chi ha influenzato i Four Horseman: ‘I’m a Evil’ dei Diamond Head è l’Heavy Metal, mentre ‘Last Caress’ dei Misfits di Glenn Danzing è l’Hardcore.

metallica live 1993

Ogni singolo brano esprime al massimo la potenza sonora che i Metallica sanno esprimere sui palchi e la loro capacità di coinvolgere all’unisono grandi masse di pubblico. Potenza, furia, determinazione ma anche sofferenza e malinconia escono dalle casse riversandosi su chi ascolta con un’energia travolgente che non dà tregua. La sequenza è stata scelta con cura ed accontenta tutta l’ampia fetta di pubblico, dalla più estrema a quella ‘più tranquilla’, che il combo si era conquistato con il duro lavoro svolto in quegli undici incredibili anni.

Un documentario del genere, in quel periodo, non poteva che essere opera loro.

Poi, quasi tre anni dopo, uscì ‘Load’ e la storia cambiò di nuovo …

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