Recensione: Lizhard

Di Alberto Vedovato - 3 Agosto 2009 - 0:00
Lizhard
Band: Lizhard
Etichetta:
Genere:
Anno: 2008
Nazione:
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77

“Rock n’ Roll is back”.
Ebbene si, il rock è tornato. Gira nell’aria già da un paio d’anni questa fresca ventata di vecchio e sporco Rock n’ Roll, vecchie glorie che tornano alla ribalta, nuove leve che si prendono a carico l’onere, ma che dico, l’Onore di mantenere sempre vivo il nostro genere preferito.
E ora questa ventata sta prendendo forma anche in Italia, e questi quattro ragazzi della periferia milanese l’hanno presa sul serio.

I Lizhard nascono verso la metà della decade passata dall’ispirazione del bassista Luca “Ze” Moroni e dal batterista Ricky Lecchini. Passano gli anni e assoldano Luke Marsilio alla voce e Paul Mainetti alle sei corde.
Finalmente nel giugno del 2008 arrivano a registrare il loro primo, omonimo, full-length.

Il brano di apertura è, appunto, “Rock n’ Roll is back”. Riff semplice ma al 100% old school e un ritornello coinvolgente che probabilmente vi porterà a fare qualche brutta figura in macchina, quando in coda al semaforo coi finestrini abbassati per il caldo vi ritroverete a cantarlo circondati dagli sguardi perplessi dei passanti.
“Devil’s Highway” è probabilmente uno dei pezzi migliori del lotto, riff roccioso sia nella ritmica che nel suono (chi ha detto Zakk Wylde?). Nostalgica l’apertura di brano coi rombi di motociclette, clichè ottantiano fortunatamente duro a morire.
Anche qui, ma del resto in tutto il platter, ottima prova nei chorus: linee vocali d’impatto e seconde voci ben fatte.

Proseguendo nell’ascolto con le due track successive verrebbe da chiedersi quanto i nostri si ispirino agli Europe. Per lo meno nei titoli: “Let the goods time roll” e “I cry for you” potrebbero sembrare delle volute citazioni ai maestri nordici.
Per quanto riguarda la prima, il ritornello è molto vicino all’essere identico alla quasi omonima canzone del 1988. Attenzione però! Non siamo davanti a nessuna scopiazzatura, anzi.
Il pezzo è davvero bello e ben fatto, probabilmente in competizione per il titolo di highlight del disco assieme alla già citata “Devil’s Highway” e la successiva “Life in the Fast Lane”. Carica di energia, ottima prestazione vocale di Luke Marsilio e ancora una volta i cori ai quali è difficile resistere.
“I cry for you”, invece, è la tipica semi-ballad dove Paul Mainetti, particolarmente ispirato, ci presenta degli arrangiamenti e dei soli di chitarra davvero notevoli.
Nonostante ciò, però, qui una critica è quasi d’obbligo. Se Luke Marsilio ha finora dimostrato un’ugola degna di nota, in queste lande si perde un po’. Dovendo, infatti, cantare con più pathos e meno in maniera “sporca” lo sentiamo trasformarsi in una voce un po’ troppo nasale, che abbassa l’ottimo lavoro fatto finora. Si risolleva e torna agli ottimi livelli nel ritornello quando riprende i suoi registri naturali, alzando i toni e dimenticando l’impostazione “troppo mielosa”.

Eccoci giunti alla terza candidata a miglior pezzo: “Life in the fast lane”.
Qui si torna a pestare duro, e gli avi Eagles
osservano compiaciuti questo pezzo che trae sicuramente ispirazione dal loro sound. Tanto groove non può che portare tanto coinvolgimento, e infatti è davvero dura riuscire a tener fermo quel piede, quella mano o quella testa che per forza vogliono muoversi a tenere il tempo.
“Let’s Party” ci porta indietro nel tempo e ci regala quattro minuti di puro, divertente e dannatamente energico rock n’ roll. É questo il risultato di una crescita a base di pane e Led Zeppelin? Credo di si, nulla di nuovo ma va bene ugualmente, in fondo è ciò che ci piace…
L’album si conclude con due ballad e due pezzi più tirati, rispettivamente “Angel” e ”Diamond” (pezzo totalmente acustico, con l’aggiunta di una triste linea di armonica) intervallate dalle due “Bad to the Bone” e “My Wild Side”.
Confermano anche in fase di chiusura quello che è stato detto finora, l’unica cosa da aggiungere è: perchè la prestazione di Marsilio nella malinconica “Diamond” è lontana anni luce dalla precedente “I cry for you”? Qui la sua prestazione è lodevole e piena di calore. Spunta ancora ogni tanto quel “nasale” ma nel complesso quasi non si nota.

Un’altra osservazione va fatta alla scelta della track list. Siamo sicuri che chiudere col pezzo più lento del lotto non sia una decisione controproducente? Solitamente l’ultimo brano è quello che rimane più impresso nell’ascoltatore, soprattutto se esso è “superficiale” o di quelli che bolla un lavoro al primo passaggio. É mia impressione, infatti, che ciò renda l’album leggermente meno appetibile a chi non voglia prestare più di un paio di ascolti.
Poco male in ogni caso, il brano in questione è senz’altro interessante e non perde valore qualunque sia la sua posizione in scaletta.

Che altro dire quindi? Il rock sta tornando, lo abbiamo visto e sentito tutti, e quello dei Lizhard è sicuramente un nome da tener sott’occhio nei prossimi tempi.

Rock on guys!

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Tracklist:

01. Rock ‘n’ Roll is back
02. Devil’s highway
03. Let the good times roll
04. I cry for you
05. Life in the fast lane
06. Let’s party
07. Bad to the bone
08. Angel
09. My wild side
10. Diamond

Line Up:

Luke Marsilio – Voce / Chitarra / Harmonica
Paul Mainetti – Chitarra
Luca “Ze” Moroni – Basso
Ricky Lecchini – Batteria

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