Recensione: Lock Up The Wolves

Di The Dark Alcatraz - 23 Ottobre 2003 - 0:00
Lock Up The Wolves
Band: Dio
Etichetta:
Genere:
Anno: 1990
Nazione:
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88

Mettete una gran quantità di talento cristallino, aggiungete un carisma e una personalità impareggiabili, lasciate riposare per venti anni ( all’epoca tali erano ) di gloriosa carriera artistica, ed otterrete Ronnie James Dio. Al vostro composto sarà sufficiente aggiungere del sano e corposo Heavy Metal, per avere “Lock Up The Wolves”.

Ho voluto dare un introduzione particolare a questo disco, perché effettivamente il suo creatore è, ed è stato, un artista ed un personaggio che mi è difficile paragonare a qualsiasi altro suo collega che abbia calcato le scene Heavy Metal di qualsiasi epoca: un uomo ed un cantante fuori dal comune. La sesta fatica solista del singer di Portsmouth ha, nella sua genesi, una delle caratteristiche più affascinanti e particolari, in quanto le situazioni che in quel periodo si intrecciarono, prima e durante la realizzazione di essa, furono diverse e tutte di centrale rilevanza.
Giugno 1989: lo storico bassista Jimmy Bain ed il tastierista Claude Schnell, decidono di abbandonare la band, costringendo Ronnie James Dio, che in quel periodo era già in fase avanzata con la preparazione del disco, a mettersi repentinamente alla ricerca di degni sostituiti. Dopo due mesi di continue e assidue ricerche ( e di conseguenti rinvii all’ inizio delle registrazioni), verso l’ agosto-settembre di quello stesso anno, Dio trovò quello che cercava: Jens Johansson (che ricordiamo per i 5 anni precedenti, trascorsi al fianco di Yngwie J. Malmsteen ) e Teddy Cook. Quando ormai tutto sembrava pronto per cominciare ad incidere l’LP in studio, Ronnie James fu abbandonato da un altro dei suoi collaboratori prediletti, oltre che amico fedele: Vinnie Appice che, infatti, il 28 di Dicembre del suddetto ‘89, diede la sua dipartita dalla band. Fortuna volle che Dio riuscì a rimpiazzare la perdita quasi subito, con l’innesto di Simon Wright, ex batterista degliAC/DC. Gennaio 1990: Dio inizia le registrazioni, nei Granny’s House Studios a Reno, in Nevada, con l’intento di pubblicare un platter composto, inizialmente, da 13 pezzi. Un brano, chiamato “There’s A River Between Us” rimase fra le prove, e non fu mai rilasciato ufficialmente dalla band. Sicchè Dio decise di limitarsi a comporre 12 canzoni ma, in extremis, anche “Hell Wouldn’t Take Her” non fu inclusa nella tracklist definitiva di “Lock Up The Wolves”. Infine, per concludere il travaglio, anche la data di uscita del disco fu molto incerta: inizialmente decisa per la “metà di maggio”, fu più volte spostata, fino a quella definitiva del 7 del suddetto mese, su etichetta Warner Bros per ciò che riguarda il mercato statunitense, per l’Europa invece, l’ onore e l’onere toccò alla Vertigo, già recording house di altre, e altrettanto blasonate bands, come ad esempio i Metallica.

Ci si accorge, fin dai primissimi attimi cui si ha a che fare con questo disco, dell’ impronta caratteristica che il frontman e leader della band, ha voluto conferire a “Lock Up The Wolves”.
Il primo pezzo che ci viene proposto, “Wild One” è un concentrato del classico Dio-style, un Heavy Metal tecnico, potente e coinvolgente. Questo pezzo conferisce all’ ascoltare delle incredibili sensazioni, grazie soprattutto alla magnifica voce del piccolo, grande uomo di Portsmouth.
“Lock Up The Wolves” però, non si distingue solo ed esclusivamente per le ottime liriche dei pezzi, o come sarebbe ovvio, per una vocalità di altissima qualità, che com’è ovvio tende a farla da padrona nello scorrimento dei brani, ma vi vorrei segnalare anche l’ottima prova del batterista arrivato in extremis in sostituzioni del grandissimo Vinnie Appice, mi sto riferendo ovviamente al già menzionato Simon Wright, che mi ha stupito per la grande puntualità e la svizzera precisione delle battute, qualità che secondo me è fondamentale in un batterista, ancor prima che la velocità o la rudezza.
Caratteristiche queste, che ho avuto modo di apprezzare soprattutto nella stupenda title track dell’ album ( al numero 6 della tracklist ), e mi sono realmente reso conto di come non abbia mai sbagliato un colpo: impressionante.Inutile spendere altre parole riguardo al singer, rischierei di essere ripetitivo e noioso e questa è l’ultima cosa che vorrei. Mi soffermerei ancora una volta però, sul testo della title track, intriso di misticismo e magia, caratteri che sono tipici dello stile di Ronnie James Dio, e vi trascrivo una citazione testuale:

There’s a black cat screaming
And it’s not even midnight, no
They’re screaming for sanctuary
They’re screaming at you
Lock up the wolves

Qui addirittura si fa un riferimento chiaro a quello che ho detto, riprendendo in particolare la figura del gatto nero, come animale dalle maligne qualità magiche, che molte volte veniva accostato a personaggi dalla personalità malvagia, come streghe e fattucchiere o, cosa più famosa, ovvero il simbolismo che ormai da moltissimi anni, la figura di questo felino rappresenta: sventura e jettatura, per via di alcune dicerie che ormai si tramandano di generazione in generazione, quasi come una tradizione di famiglia. Qui in particolare Ronnie James Dio si sofferma sull’ urlo di questo gatto nero, che pervade la Terra, facendo partire le sue strazianti grida, fin da prima della mezzanotte, addirittura dalla culla del Mondo, ponendoci questa forte contrapposizione, a mio avviso, fra la vita e la morte, con la culla che rappresenta in qualche modo la nascita, e quindi la purezza della vita, e la mistica ed oscura figura del gatto nero, simbolo di angoscia e tormento, che facilmente ricollego ad una morte fra atroci sofferenze.
Un altro pezzo davvero notevole, è il numero 3 del platter, “Hey Angel” che, fra le altre cose, è anche il brano che la band lancerà come singolo di presentazione dell’ album. Una song che si descrive veramente da sola: la sua bellezza e la sua intensità artistica sono senza dubbio fuori dal comune; melodie accattivanti, refrain corposo ed aggressivo, questa canzone è tagliente come l’acciaio di cui è pervasa e, “last but not least”, un riff dell’ ottima chitarra di Robertson, rimarca le notevoli doti artistiche di tutta la formazione statunitense.
Parlando di Metallo allo stato puro, è assolutamente necessario far riferimento ad un altro dei brani che mi hanno colpito maggiormente, di tutto questo “Lock Up The Wolves”, ovvero la traccia numero 10, “Why Are They Watching Me”, brano in cui RJ sprigiona tutto il suo carisma e la sua cattiveria di trascinatore e leader, prendendo per mano il resto della band, indicando i tempi giusti e facendo scorrere il pezzo in maniera sempre più incalzante e impregnandolo di incredibile rocciosità ed imponenza. Due sono i pezzi a cui non riesco a conferire un identità propria all’ interno dell’ album, o che non mi abbiano convinto appieno, a livello di sonorità e composizione: “Evil On Queen Street” e l’ultima, “My Eyes” che, sebbene cantate entrambe in modo egregio ( come potrebbe essere altrimenti ), non mi hanno dato la concreta sensazione di trasporto e determinazione che, invece, ho carpito dagli altri pezzi. Sebbene si tratti comunque di due lavori più che discreti, stonano al confronto con gli standard imposti dalla band negli altri pezzi del disco: specie “Evil On Queen Street”, che reputo il peggior pezzo del disco, avrebbe meritato sicuramente un refrain più articolato e marcato, piuttosto che un incedere in simil mid-tempo, che non riesce mai a colpire l’orecchio dell’ ascoltatore con qualche invenzione tipica del tocco d’artista di Ronnie James.
A me “Lock Up The Wolves” è piaciuto davvero tanto, è un disco tutto sommato completo, non ci sono errori grossolani e complessivamente la media artistica di questo lavoro si attesta su livelli assolutamente ottimi. Mi ha colpito specialmente, lo ripeto, la prestazione di Simon Wright ma, ad essere sinceri, una line up di questo tipo difficilmente avrebbe dato alla luce un disco povero di contenuti tecnici, ed infatti cosi è stato, perché “Lock Up The Wolves”, oltre ad essere un disco piacevolissimo, è anche un disco molto difficile e ricercato. Solo un genio avrebbe potuto partorirlo, e Ronnie James Dio lo è.
Daniele “The Dark Alcatraz” Cecchini

LINE UP
Ronnie James Dio – Lead Vocals
Teddy Cook – Bass Guitars
Rowan Robertson – Guitars
Simon Wright – Drums
Jens Johansson – Keyboards

TRACKLIST
1. Wild One
2. Born On The Sun
3. Hey Angel
4. Between Two Hearts
5. Night Music
6. Lock Up The Wolves
7. Evil On Queen Street
8. Walk On Water
9. Twisted
10. Why Are They Watching Me
11. My Eyes

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