Recensione: Lofcaudio

Di Andrea Costenaro - 28 Gennaio 2008 - 0:00
Lofcaudio
Band: Mastedon
Etichetta:
Genere:
Anno: 1990
Nazione:
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96

Molti ricordano l’hard rock cristiano solo per i vestiti stile “Ape Maia” degli Stryper, senz’altro i più famosi esponenti del genere, dimenticando che questo filone tipicamente americano ha sfornato delle autentiche perle che ancora oggi farebbero esplodere letteralmente lo stereo di chiunque frequenti questo sito.
A mio modesto parere ‘Lofcaudio‘ dei Mastedon è al primo posto di questa ipotetica classifica: un album realmente mastodontico (ebbene si, ci vuole il riferimento al loro nome!!!) grazie al connubio tra melodie stratosferiche, 4 voci che interagiscono tra di loro in maniera sublime, grande potenza sonora garantita da ritmiche possenti e tecnica sopraffina (non per altro i fondatori, i fratelli John e Dino Elefante sono stati membri e collaboratori dei Kansas).
Si tratta di una all-star band (oltre ai 4 cantanti, tre chitarristi tra cui Michael Thompson) riuniti dai fratelli Elefante in questo progetto uscito nel 1990 per la Pakaderm Records (a quando una ristampa Frontiers rimasterizzata???) che coinvolse la crema del christian AOR per cercare di spiccare il volo anche nelle classifiche più mainstream, con un mix pauroso che miscelava PompAOR, Kansans, Yes, Asia e Toto prima maniera.

L’album esordisce con una mazzata spaventosa, “Holiest One”, che darebbe lezione a molti gruppi power per velocità e a tanti altri prog per i continui inserti e duetti chitarra – tastiere.
Il coro polifonico poi è qualcosa di assolutamente spaziale, basato sulle tonalità altissime ma corpose di Dave Amato, in grado di rivaleggiare persino con il miglior LaBrie.
Notevole curiosità mi hanno suscitato le parti ritmiche, che a primo ascolto sembrano frutto di una drum machine, invece sono belle che suonate…questo per farvi capire l’eccellenza tecnica di quest’album, tanto è curato e “pompato”.
“Life On The Line” è la seconda traccia, aperta da un riff arioso e melodico di chitarra, prosegue con un incedere tipicamente AOR da classifica, per concludersi in un chorus che si stampa giusto all’incrocio delle nostre orecchie: memorabile come il rigore di Grosso ai francesi!!!
“Run To The Water” rallenta il ritmo dell’album con un andamento oscuro, un basso pulsante e monolitico per trasformarsi, nelle strofe e nei cori tipicamente Kansas, in un lamento ipnotico (del resto i testi sono molto ben interpretati, e in tale pezzo si parla della perdita della fede).
I continui chiaroscuri del disco, intesi come atmosfere prima gioiose, poi drammatiche, poi esplosive, caratterizzano molto bene lo spessore compositivo, assolutamente superiore agli schemi abituali del genere.
“When It All Comes Down” accellera il ritmo per poi delinearsi nel refrain più commerciale dell’album, accompagnato però da chitarre ben cariche e da uno stacco vertiginoso, preludio ad un assolo che sembra composto mentre si scende a 200km all’ora giù per una montagna. Senza fiato. Nulla a che vedere con i “copia – incolla” delle produzioni moderne!!!!

“Taken Down Below” parte con un coro di voci sovrapposte degno dei migliori Kansas – Queen, giostrato da un tempo costantemente cadenzato, quasi una marcia che si sviluppa in un ambito vocale tipicamente prog (le soluzioni vocali e i cambi del pezzo sono assolutamente geniali), per poi raggiungere il massimo in un refrain carico e potente.
“Stampede” esordisce invece con un coro a cappella, per diventare, in seguito, un pezzo strumentale affascinante e spedito, tipicamente prog con i suoi tempi dispari, ricordandomi qualcosa delle colonne sonore strumentali di Rocky IV (tipicamente War), ma con una perizia tecnica da far impallidire i maestri del genere, mantenendo sempre una fluidità di ascolto assolutamente straordinaria.
“Living For You” vede un cambio al microfono (come detto sono ben 4 i cantanti che si alternano su questo album) trattandosi di un pezzo maggiormente “soft”, un mid tempo incalzante ma melodico, affine in parte al pop dei Fleetwod Mac in versione coverizzata dai Boston. Calma, non si tratta di una ballad…anzi, a chi accosta il genere hard rock cristiano a qualcosa di molliccio e patetico faccio presente che la carica e la tecnica che ha quest’album farebbe impallidire molti gruppi power prog.

“Thief in the night” ha un ritmo terzinato e continui cambi di tonalità (forse questi musicisti hanno scelto testi cristiani perchè solo in paradiso si raggiungono certe vette), su una base di piano funk-jazz. Un torrente in piena di melodicità che ricorda in parte i Toto con i cori dei Kansas. Il tutto concentrato in meno di 3 minuti: non servono delle “pallose” suite a questi mostri dello strumento per far capire di che pasta sono fatti, anzi, certi stacchi improvvisi rendono maggiormente se inseriti in contesti brevi e funambolici…

“People of this time “ comincia col coro per proseguire sulla falsariga del resto dell’album, con un pezzo apparentemente semplice ma che nasconde certe “chicche” imperdibili (ascoltatevi i fill di chitarra alla fine di ogni coro).
Intermezzo che ricorda i Police (!!!) e superassolo in tapping e bending che farà svenire la maggior parte dei chitarristi nostri lettori.
“Is it Done” conclude questo capolavoro con una ballad semplice ma assolutamente azzeccata, dove tutti e 4 i cantanti si alternano nel recitare il testo, una vera preghiera che fa venire i brividi sia per quanto alta sia la tonalità sia per il feeling e il pathos profusi a grandi manciate da questi eccellenti artisti, artefici di un album che può solo provenire dalla parte più alta del cielo.
Memorabile!

Nessun brano fa calare l’attenzione, anzi, ognuno è un capitolo a sè stante, prezioso e fondamentale in questo assoluto capolavoro, decisamente attuale anche ai giorni nostri. (il mastering fu opera di BoB Ludwig, non uno qualsiasi…).

Unico appunto: la produzione è potente (soprattutto la batteria è eccezionale) ma tipicamente anni 80. Una rimasterizzazione maggiormente cristallina ed impuntata sui toni alti, renderebbe ulteriormente giustizia a questo masterpiece sconosciuto ma imperdibile per ogni vero die hard AOR fan…ma, in fondo, trovare difetti a questo magnifico pezzo di storia è come cercare della cellulite nelle gambe di Naomi Campbell …

P.S. :in certe edizioni è inclusa la versione riarrangiata di ”Shine On”, che se non ricordo male era parte dell’album precedente ‘It’s the Jungle Out There’, il quale, ironia della sorte, era incredibilmente inferiore ma vendette molto di più all’epoca.
Bel pezzo, con un intro stile Toto e un coro dal feeling tipicamente gospel, arioso ma con un atmosfera diversa rispetto al resto dell’album.

Tracklist:

01. Holiest One
02. Life On The Line
03. Run To The Water
04. When It All Comes Down
05. Taken Down Below
06. Stampede
07. Living For You
08. Thief In The Night
09. People Of This Time
10. It Is Done

Line Up:

Dave Amato, Tom Bowes, John Elefante, James Dean Longacre – Voce
John Elefante, Dave Amato, Bob Carlisle – Back Vocals
Tony Palacios; Dino Elefante, Dave Amato, Michael Thompson, Steph Burns – Chitarre
John Pierce, Dino Elefante – Basso
John Elefante, John Andrew Schriener – Tastiere
David Raven, Phil Rowland, Mack Jack – Batteria

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