Recensione: Lonely Are The Brave

Di Mauro Gelsomini - 11 Giugno 2008 - 0:00
Lonely Are The Brave
Band: Jorn
Etichetta:
Genere:
Anno: 2008
Nazione:
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55

Testardo.
Non ho altre parole per definire un artista che ha deciso di dedicarsi ad una carriera solista giunta ormai alla quinta release (ottava, se si includono un best of, un tribute e un live), lasciando abbandonati a se stessi progetti interessantissimi come Ark, Masterplan e Millennium.
L’incaponimento desta perplessità più che altro sul piano del songwriting, fermo restando l’immenso valore della voce del singer norvegese – per chi scrive, la migliore in assoluto attualmente, in campo metal/hard rock – e fermi restando, ahinoi, gli ormai incelabili problemi caratteriali del nostro, fautori di così tante dipartite in appena quindici anni di carriera.
Eppure, e di questo Jorn dovrà prendere atto prima o poi, le grandi voci sono spesso state messe al servizio delle grandi “penne”, salvo rarissimi casi in cui le due abilità riuscivano a convogliare in un’unica persona.
Non è una tragedia, piuttosto è una critica costruttiva, fatta da chi vorrebbe solo il bene della musica, fatta per chi con la musica, a onor del vero, dovrebbe campare.

Concessami la premessa/conclusione, vengo a parlare del nuovo album di Jorn, solo-project mascherato dalle continue sottolineature di quanto i compagni d’avventura (Willy Bendiksen alla batteria, Tore Moren e Jørn Viggo Lofstad alle chitarre, Sid Ringsby al basso) siano importanti e portanti nella line-up della band.

Il sound di Jorn deve molto, se non tutto, al hard rock/metal di Whitesnake, Rainbow e Dio, e nonostante i tentativi, fatti anche in passato per personalizzare la proposta, è chiaro che l’elemento distintivo non potrà mai essere altro che la voce di Lande, a prescindere dal fatto che venga additato come l’erede naturale di David Coverdale e Ronnie James Dio, per stile e timbrica. Rispetto agli act sopra menzionati, a dire il vero, c’è sempre stata, fin dall’esordio “Starfire”, una certa predilezione per le atmosfere più cupe, che trovavano nei mid tempo la loro espressione migliore, mid tempo che occupano gran parte della set list di “Lonely Are The Brave”, peraltro nient’affatto “pregna”, constando di soli quarantacinque minuti in nove brani, tra i quali bisogna poi estrapolare “Hellfire”, tratta dal progetto “Beyond Twilight”, e qualche faticoso riempitivo.
Ciò che resta sulle dita di una mano? Non più di tre buone song, dal sapore anthemico, la titletrack, sicuramente, e le magniloquenze di “Promises” e “The Inner Road”, per chi scrive forse ancora troppo latenti per le potenzialità dimostrate.
Qualche accelerazione, abbozzata in “Shadow People” e “The Inner Road”, non risolleva le sorti di un album difficile da metabolizzare, non certo per la sua complessità, quanto per la sua “pesantezza”. E non ci riferiamo a questioni sonore.

Parlando come il fan che sono, sarebbe proprio il caso di dire “Lonely Are The Brave”… Ma a conti fatti, di coraggioso qui c’è davvero poco.

Tracklist:

  1. Lonely Are The Brave
  2. Night City
  3. War Of The World
  4. Shadow People
  5. Soul Of The Wind
  6. Man of The Dark
  7. Promises
  8. The Inner Road
  9. Hellfire

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