Recensione: Looking For…

Di Stefano Ricetti - 28 Marzo 2006 - 0:00
Looking For…
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Anno: 2005
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79

Sotto il curioso monicker di Looking 4 a Name si cela il tastierista dei Pino Scotto’s Fire Trails Larsen Premoli. Gli altri pard di questa progressive band milanese, nata nel 2001, sono Francesco Panico (chitarra e voce), Mauro Bonini (batteria e voce) e Federico Ghioni (Basso e voce). Va subito detto che l’etichetta di “demo”, a un prodotto del genere, sta piuttosto stretta. La produzione, infatti, come recita il foglio di presentazione allegato al Cd, è stata fatta presso lo studio personale della band e sorprendentemente si attesta a livelli di altre uscite ufficiali di rango, a testimone di quanto abbiano lavorato bene i Nostri. Per un prodotto di prog metal poi, (non me ne vogliano i die hard del black e del death), la resa sonora cristallina è fondamentale, per potersi assaporare i singoli strumenti nelle loro virate “liquide”.

Il demo si compone di ben sette pezzi: il primo è Overture L4an, più che altro un intro, mentre si inizia subito a fare sul serio con la successiva strumentale Overture Na4l, che in pochi secondi spazza via eventuali dubbi circa la direzione musicale dei Nostri. Prog puro, figlio della Pfm dell’altro Premoli (nessuna parentela con Larsen): cambi di ritmo e di tempo senza paura, tastiere mai invasive a supporto della struttra globale. Shining Hope è un lento liquido, trasognato, di classe, che a piccole dosi mi ha ricordato gli Elektradrive, più che altro per il cantato, mentre la struttura è solidamente progressive… di quello robusto, però! Torn in Two è l’episodio più duro del lotto che tenta di far convivere chitarre heavy con atmosfere progressive riuscendo solo a metà nell’impresa.

Si ritorna in ambienti slow in Lily, dove la commistione fra piano, chitarra acustica e voce raggiunge territori inesplorati, senza legge e senza tempo, ideale viatico per trip ipnotici di antica memoria. Per chi scrive, l’highlight assoluto di questo demo. Tears from the Ocean ha il “solo” compito di tirare la volata al brano finale: un esercizio di tecnica che infatti non graffia a dovere, nonostante lo splendido arpeggio di chitarra poco prima della metà del brano e l’ambientazione “dura” generale. Si chiude con i quattordici e rotti minuti di Perfect Circle, un viaggio introspettivo nella natura umana narrato dall’ugola evocativa di Fede Marin (guest nell’occasione). Come si può facilmente presagire, gli stili musicali in così tanti minuti si sprecano anche se a prevalere risulta l’interpretazione ariosa del singer intorno alla metà della canzone, che ben convive con il tappeto di tastiere di Premoli.

In definitiva una piacevolissima sorpresa quella che ci hanno riservato i Looking 4 a Name: se le premesse sono queste, tutti gli amanti del progressive in chiave metal (ma non troppo…) avranno di che sfamarsi per i prossimi anni, senza doversi rivolgere altrove.

Stefano “Steven Rich” Ricetti

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