Recensione: Love’s Dying Wish

Di Mauro Gelsomini - 28 Agosto 2008 - 0:00
Love’s Dying Wish
Band: Starbreaker
Etichetta:
Genere:
Anno: 2008
Nazione:
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80

L’acclamazione seguita al debut omonimo, uscito ormai da più di tre anni, non poteva non condurre questa all star band ad una seconda release, operazione abbastanza rara per progetti del genere, possibile anche grazie a un periodo di relativa inattività per i suoi componenti: Tony Harnell lasciava i TNT nel 2006, mentre il batterista John Macaluso, nella stessa band nel periodo 1990-1992, vede il suo progetto più interessante (gli Ark) rassegnato ufficiosamente al proprio destino…
Avvalendosi del meglio che il campo melodic hard rock possa offrire al momento – il chitarrista Magnus Karlsson come songwriter e il produttore Tommy Hansen, il gruppo ha finalmente dato alle stampe il secondo capitolo per quella che potremmo definire una New Wave of European Hard Rock, il cui sound era stato delineato proprio dall’album d’esordio, ed aveva ammodernato gli stilemi classici del genere suscitando l’attenzione di band affermate che ne avevano seguito i dettami riscoprendosi ancora sulla cresta dell’onda.

“Love’s Dying Wish”, questo il titolo del nuovo disco, è saldamente ancorato alle fondamenta gettate dal suo predecessore, migliorato principalmente dal punto di vista della produzione, che ne esalta il groove e dà maggiore importanza alle tinte più oscure e pesanti – non dimentichiamoci che il down-tuning delle chitarre in ambito rock melodico è appannaggio, recentissimo, di Karlsson – senza dimenticare la spiccata vena melodica che contraddistingue in particolare refrain e bridge di forme-canzone mai stravolte rispetto ai canoni. E’ in quest’ambito che viene data particolare rilevanza al lavoro del nuovo bassista (un session) Jonni Lightfoot, oltre che, naturalmente, a quello di Macaluso, per il quale, però, non manca qualche remora per il fatto che si limiti a fare il compitino, senza dar prova della sua straordinaria classe, che fatta salva la performance in “Changes Me”, è tutt’altro che straripante.

Lo stesso Harnell si distingue su tonalità medie, conferendo ai brani un pathos unico, complici le armoniche avvolgenti della sua timbrica calda e ruvida, quasi sempre corroborate dalle controvoci, per un risultato che sa quasi di pomp.

Aggiungete che non ci sono riempitivi, né cali di qualità, perché la tracklist scorre via in un clima di omogeneità sonora e tensione elevatissima, lasciando impossibilitati a selezionare degli highlight che emergano rispetto al resto dei brani. Qua e là il modern spicca maggiormente, come nel duo iniziale “End Of Alone” e “Evaporate”, ma è un voler cercare il proverbiale pelo nell’uovo.

Non resta dunque che goderci questi atteso come-back, alimentando le speranze per un proseguo altrettanto roseo!

Tracklist:

  1. End Of Alone
  2. Evaporate
  3. Love’s Dying Wish
  4. Unknown Superstar
  5. Hide
  6. Building A Wall
  7. Beautiful Disaster
  8. Live Your Life
  9. Hello, Are You Listening?
  10. Changes Me
  11. The Day Belongs To Us
  12. This Close

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