Recensione: Luminiferous Aether

Di Andrea Poletti - 9 Dicembre 2016 - 1:09
Luminiferous Aether
Etichetta:
Genere: Black 
Anno: 2016
Nazione:
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65

L’atmospheric Black metal, un sottogenere che dalla sua ha la pregevole opportunità di calarsi all’interno di ogni mood e tematica del reale e/o del surreale a dispetto delle musiche proposte; l’atmospheric Black metal quella malsana creatura che oggi potrebbe vedere alcuni gruppi barcamenarsi sulle stesse identiche soluzioni senza riuscirne a tirare fuori qualcosa diversamente valido. Così, ragionando spontaneamente arriviamo a questo quarto capitolo di casa Mare Cognitum, a ventidue mesi di distanza dal precedente ed ottimo “Phobos Monolith”, con l’invidiale traguardo dei quattro capitoli in soli cinque anni di reale attività. Aggiungiamoci i due split con Spectral Lore e Aureole ed il gioco è fatto ovvero: un calo di tensione, un disco che pur non risultando malvagio, a fine corsa ti fa venire il dubbio se riascoltarlo o meno e ragazzi, dopo due mesi e almeno quaranta passaggi in stereo ammetto di non poterne proprio più. V’è quel senso di “troppo” all’interno di “Luminiferous Aether” che diventa pesante e logora all’interno; non è un piacevole dolore ma piuttosto la sensazione di aver di fronte un disco che non porta in nessun luogo. In quello spazio immaginato dal buon Buczarski si rischia di perdersi senza trovare più la strada del ritorno. 

Ascoltare in loop “Luminiferous Aether” è comprendere come all’interno del mastermind vi siano due realtà opposte e distinte che non riesco ad entrare in sintonia ed armonizzare, i movimenti dell’intero disco hanno difficoltà nello scorrere sia musicalmente che concettualmente. Bianco e nero che si attraggono opponendosi costantemente. Se l’inizio atmosferico e melanconico di ‘Heliacal Rising’ ci introduce all’interno di un mondo sovrannaturale e dilatato, con la successiva ‘The First Point of Aries’ le tempistiche aumentano notevolmente, grazie ad una verve leggermente più feroce, che ci catapulta dentro spirali oblique e mai banali. “Era ora!” viene da dire; il lavoro di vocalizzi con la batteria (programmata o meno che sia importa poco) riescono a deliziarci per nove minuti di pregevole fattura; una traccia decisamente ben strutturata che non annoia mai, anzi. Dopo la doppietta iniziale si intervallano due suite da undici e dodici minuti che diventano il perno per comprendere a pieno la struttura di “Luminiferous Aether”; ‘Constellation Hipparchia’ gioca su movimenti che si intervallano pregievolmente tra atmosfera e furia cieca, come un’altalena si sensazioni. In opposto, a differenza della precedente ‘Occultated Temporal Dimensions’ viaggia sparata a mille con up-tempos di matrice Scandinava densi ed oscuri allo stesso tempo. Proprio quest’ultima potremmo vederla come la sintesi dell’intero lavoro A.D. 2016 dei Mare Cognitum, con una progressione efficace e mai stantia: meritevole di applausi. Il tutto si conclude con ‘Aether Winds’ che riporta in auge il black metal vecchio stampo senza snaturarlo pienamente, ma la produzione, questa è la vera colpevole del lavoro, una produzione che tende a mettere una pietra ogni strumento, soffocando il comparto acustico molteplici volte. Perchè forzare il manico? Il pregio e difetto di questa one man band è proprio quella di voler provare a creare le atmosfere e le sensazioni attraverso i suoni piuttosto dalle musiche composte, come a voler forzatamente portare avanti una produzione soffocata e mai pienamente viva per cercare di donare al tutto una atmosfera più plumbea e funerea, quasi “Darkspace”-iana ma senza convincere a pieno.

Luminiferous Aether” è un buon quarto capitolo ma non riesce a sfondare la quarta parete, non riesce a immedesimare l’ascoltatore ed entrare nel vivo del contesto musicale. Buczarski ha indubbiamente un talento non indifferente ma dovrebbe magari esporlo in maniera più personale e meno generica, provando a forgiare quel salto di qualità in più che in passato, si è ovviamente visto, mentre oggi pare essere leggermente perso nell’aere. A tratti frustrante dopo molteplici ascolti la domanda da porsi è: “ma una volta acquistato gli faccio prendere polvere sullo scaffale o lo ascolto con piacere?” Ai posteri l’ardua sentenza, ma il mare è così vasto.

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