Recensione: Lunar Ascension

Di Tiziano Marasco - 6 Giugno 2019 - 0:00
Lunar ascension
Etichetta:
Genere: Black 
Anno: 2019
Nazione:
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60

L’esplosione di Mgła e Batushka, magari unito al ritorno dei Behemoth, ha prepotentemente riportato, in questi anni, l’attenzione sul black metal polacco. E meno male, perché il paese est-europeo ha sempre dimostrato di poter dire la sua. Tra le tante proposte che giungono dalla terra dei campi (Polska deriva da Pole, che vuol dire campo) figura anche Ars magna umbrae, di cui quest’anno è uscito il debut “Lunar ascension”.

Come spesso accade per il black (ma che ve lo dico a fare), si tratta di una one-man-band dietro a cui si cela Kthunae Mortifer – abbreviato in K.M.; l’uomo in questione è sì polacco di passaporto, ma è anche per metà greco (altra terra meritoria per quanto concerne il black).

Venendo a questo debut, va detto che si tratta di un disco assai peculiare, sospeso tra il black atmosferico e quello più classico, sebbene molto lento e oscuro. “Lunar ascension” si snoda lungo otto tracce dalle atmosfere sinistre e dalle composizioni contorte, che potrebbero essere tuttavia favorite nell’assimilazione da un minutaggio ridotto. Potrebbero, ma non è proprio così, ma andiamo con ordine.

La prova che viene a noi proposta si distingue senza dubbio nel suo essere senza dubbio affascinante nella sua cupa complessità. Pur tuttavia presenta notevoli difficoltà a rimanere impresso nella mente dell’ascoltatore. Tale elemento, di solito, è considerato un pregio, ma qui si arriva a livelli eccessivi, almeno a parere di chi scrive. Siamo qui da quattro mesi che cerchiamo di mettere insieme questa recensione e l’unica considerazione che riusciamo a fare è questa: finito il disco non ti ricordi assolutamente niente. E la cosa non vuole cambiare, ascolto dopo ascolto. Magari, dopo un po’ di ascolti, si sente qualche melodia affiorare in testa, magari mentre si sta facendo altro. Ma per il resto, “Lunar ascension” sembra un magma indefinito, troppo indefinito. Si presenta come un disco compatto, ma non banale. Per contro, dura solo 40 minuti e si fa fatica ad arrivare alla fine.

Premettendo che magari il giudizio qui presentato può essere dovuto ad una scarsa lucidità del recensore, che magari non è riuscito a cogliere il reale valore del disco per un motivo o per l’altro, risulta evidente che la proposta di Ars magna umbrae potrebbe avere parecchio da dire. A maggiore riprova, le qualità del progetto sono confermate dal contratto con la nostra ottima I, voidhanger records. Eppure sembra manchi qualcosa che possa far decollare le composizioni. Il fatto è che non si riesce a capire cosa. non si tratta di idee confuse, tutt’altro. Manca proprio “quel qualcosa”. Se nelle prossime uscite “quel qualcosa” salterà fuori, di Ars magna umbrae sentiremo parlare parecchio.

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