Recensione: Luxaeterna

Di Matteo Lasagni - 4 Giugno 2006 - 0:00
Luxaeterna
Band: Aquaria
Etichetta:
Genere:
Anno: 2006
Nazione:
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72

Gli Aquaria sono una giovanissima band brasiliana dedita ad un frizzante power metal versatile e smaccatamente melodico, sulla falsariga dei connazionali Angra. I punti di contatto con la band di Loureiro e Bittencourt sono moltissimi e in diversi punti di Luxaeterna sembra di avere fra la mani il “fratello minore” del mitico Holy Land, a partire dagli inserti etnici, usati in quantità massiccia, attraverso i poderosi passaggi orchestrali, quasi sempre ben amalgamati al resto, fino ad arrivare alla timbrica del singer Vitor Veiga, che si avvicina in diversi frangenti a quella del suo più illustre collega Andrè Matos. Insomma potremmo essere di fronte al solito clone mal riuscito, come ce ne sono purtroppo tanti nel mondo metal, ma questa volta mi sento di promuovere la proposta di questi 5 paulisti, dato l’elevato tasso di freschezza di alcune composizioni e l’evidente perizia tecnica di tutta la band, che sfodera in più di una traccia passaggi strumentali entusiasmanti e adrenalinici. Spesso infatti si viaggia in doppia cassa, ma non pensate a monotone cavalcate senza fine, quanto a brani elaborati, ricchi di stop’n go e numerosi cambi di tempo e d’atmosfera. Insomma durante Luxaeterna non c’è da annoiarsi, soprattutto per il prezioso tappeto sonoro di base costruito con cura estrema dalla band, che ha saputo mixare sapientemente l’aggressività tipica del power con le pomposità insite nel metal sinfonico. Ma chiaramente non sono tutte rose e fiori e i piccoli peccati di gioventù sono in qualche modo udibili in breve tempo. Innanzitutto molti brani, per quanto gradevoli e ricchi di spunti, potevano essere “sbrigati” in molto meno, evitando di dilungarsi in minutaggi ancora troppo impegnativi per l’acerba vena creativa degli Aquaria, i quali soavemente ci propinano una serie infinita di stacchi, mirabili del punto di vista strettamente tecnico, ma che poco lasciano alla fluidità d’ascolto. Inoltre buona parte delle linee vocali e dei refrain gioca su melodie sì piacevoli, ma spesso stucchevoli e scontate, tant’è che dopo pochi ascolti difficilmente vi saranno chorus in grado di stamparsi nella vostra memoria. Se poi vogliamo essere ancora più pignoli possiamo sottolineare come la produzione, ben calibrata dal punto di vista strumentale, precisa, pulita e potente, risenta in alcuni casi del volume un po’ scarso delle guitars e di quello un po’ eccessivo delle vocals. Ma visto che si tratta di un debut direi che ci stiamo lamentando del brodo grasso, quindi bando alle ciance e parliamo un po’ dei singoli brani, che ripeto, offrono diversi punti d’interesse, soprattutto sul versante strumentale.
 
Come detto in precedenza, la velocità media dell’album è piuttosto sostenuta e trova un ottimo pilota nell’opener “And Let The Show Begin”, preceduta dalla classica intro strumentale e dotata di una partenza ultra-power lanciatissima, oltre che di un ritornello immediato e molto solare. Partenza prevedibile, ma di buon effetto che invoglia a proseguire nell’ascolto. “Here Comes The Life” è prima un cadenzato e arioso powerello senza troppo mordente, poi si scioglie con ottime accelerazioni e discrete stoccate melodiche, anche se dobbiamo segnalare una certa prolissità che non giova alla fruibilità del brano. “Spirits of Light” è molto dinamica e giocata su tempi sostenuti e nonostante i richiami al periodo Angra-Matos siano qui molto evidenti, la buona qualità del songwriting e la cura delle orchestrazioni rende il tutto comunque molto gradevole, così come accade per la successiva “Humanity”, che, dopo una partenza sincopata e riflessiva, si lancia nel solito attacco di doppio pedale replicato più volte in corrispondenza del valido refrain. Con “Whispers And Pain Of Mother Nature” ci troviamo invece di fronte a un lentone “rurale”, candido e nostalgico, giusto spartiacque acustico a metà del viaggio. “Choice Time” riparte sontuosamente con un’impostazione corale e quasi mistica, ma lascia ben presto il campo alla suite “Judgement Day”, autentica fucina di devastanti accelerazioni e movimenti sinfonici di prim’ordine, che in alcuni tratti perde un po’ di smalto, ma che in altri impressiona e convince, come nel maestoso finale sparato a mille. Prima della conclusiva title-track, giocosa fantasy-ballad di buona fattura, rimane però da ascoltare l’attacco nucleare di “Your Majesty Gaia”, che rappresenta il miglior biglietto da visita degli Aquaria; una vera mazzata symphonyc-speed da headbanging forsennato, costellata da ripartenze fulminee e ottime orchestrazioni. Il refrain è diretto e aperto come ci si potrebbe aspettare, ma anche in questo caso, come già precedentemente, avrei auspicato un uso più massiccio di cori sontuosi in stile Stratovarius, tanto per capirci.

Luxaeterna è in conclusione un buonissimo lavoro, che non possiede la necessaria maturità per fare il “botto”, ma ci consegna una band, gli Aquaria, che, se saprà lavorare sui pochi difetti ancora presenti, potrà fare grandi cose in futuro.

Tracklist:

1. Aeternalux
2. And Let The Show Begin
3. Here Comes The Life
4. Spirits Of Light
5. Humanity
6. Whispers And Pain Of Mother Nature
7. Choice Time
8. Judgement Day
9. Your Majesty Gaia
10. Luxaeterna

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