Recensione: Mørke

Di Daniele D'Adamo - 4 Settembre 2017 - 20:52
Mørke
Band: Psy:code
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2017
Nazione:
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77

Indefinibili. Così sono, anzitutto, i danesi Psy:code. Un po’ metalcore, un po’ deathcore, un po’ hardcore. Tutto e niente, niente e tutto, per partire già con il piede giusto: gli Psy:code sono gli Psy:code. Punto e basta. 

Sicuramente moderni anzi modernissimi, dal suono avanzato, attuale, quasi fantascientifico sia per approccio, sia per flavour. Una macchina da guerra al passo coi tempi, poiché i Nostri su una circostanza non cedono mai, nemmeno di un millimetro: picchiano duro come bestie.

Sonorità metalliche, taglienti, pure, nelle loro lucentezze *-core, pesanti, possenti, granitiche. “Mørke”, il terzogenito della loro prole, è un album tutto d’un pezzo, che in un’ora di durata mette a nudo le notevoli capacità offensive degli Psy:code. A tratti accomunabili per certi versi al melodeath (o modern metal) ma solo in occasione di song meno tirate come per esempio ‘Loosen the Tight’

Troppo alta, però, l’energia in gioco, troppo scabra, anche, l’ugola di Schou: “Mørke” è metallo puro, brillante, estremo. Sì, estremo. Estremo e melodico, certamente, tuttavia dal potenziale così alto da essere sicuramente indigesto a molti. Nonostante brani dalle splendide armonie – come la poderosa, trasognante ‘Riven’ o, anche, ‘Introspective’, altro episodio in grado di stabilire un ottimo feeling con chi ascolta – , l’atmosfera che si respira nel disco è infuocata, accaldata. Questo, benché, al contrario, il sound sia spesso freddo, dal gusto meccanico quasi cyber à la Fear Factory (‘Iskolde Øjne’). Un’antitesi, insomma, sulla quale gli Psy:code fondano buona parte del loro successo nonché, tornando al discorso iniziale, su cui nasce il loro stile così particolare, non inquadrabile nei soliti cliché.

Inoltre, a sostegno della tesi sulla non commerciabilità assoluta del full-length svettano pezzi come ‘The Sky Is Broken’, arcigni, rocciosi, dissonanti. Non per questo meno affascinanti degli altri ma senz’altro poco adatti a un’audience mainstream. Anzi, a bene vedere sono forse più i momenti in cui gli Psy:code seguono i loro istinti belluini e si lanciano in furiosi assalti all’arma bianca (‘Mountains’) invece che a duellare con il fioretto (‘Paralyzed’). 

Con che, associando tutto quanto sopra riportato con l’attitudine robotica del drumming di Gøtsche, si riesce a definire l’anima – non l’apparenza – più vera, più istintiva, più viscerale degli Psy:code, cui si è già accennato. Quella che si chiama cyber death metal: riff che sferzano, che si iterano, che identificano una matrice d’acciaio, forte e robusta; sui quali volano le linee vocali, a volte melodiche, a volte in clean. 

Senza dubbio interessanti, questi Psy:code. Senza dubbio interessante, il loro “Mørke”.

Daniele “dani66” D’Adamo

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