Recensione: Maïeutiste

Di Daniele D'Adamo - 21 Novembre 2015 - 22:08
Maïeutiste
Band: Maïeutiste
Etichetta:
Genere: Black 
Anno: 2015
Nazione:
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72

«τό διαλέγησθαι εστί τό μήγιστον αγαθόν»
(«Il dialogo è il sommo bene», Socrate: il valore morale del dialogo socratico o maieitico)

La stupefacente label transalpina di ultra-underground Les Acteurs De L’Ombre Productions ha un carniere ricco di band assai interessanti in maniera inversamente proporzionale alle sue dimensioni. Dopo Regarde Les Hommes Tomber, Moonreich e Dèluge, è ora il turno dei Maïeutiste che, come si può evincere dal nome e dalla succitata definizione, trattano della nobile arte filosofica della maieutica.  

Il quintetto di Saint-Étienne è vita dal 2007 ma è solo ora, grazie appunto all’aiuto della Les Acteurs De L’Ombre Productions, che possono finalmente dare alle stampe il loro debut-album, intitolato – badando al sodo – “Maïeutiste”.

I Maïeutiste propongono un album di black metal. E su questo non c’è dubbio. Ricco, al contrario di altri più inclini a restare allineati alle coordinate ortodosse, di contaminazioni sia intrusive, sia varie. Come il post-black, l’avantgarde, il jazz, il folk rock ma, soprattutto il doom (“Introductions…”). Anche, come da copione della seconda ondata delle ‘Légions Noires‘ che imperversarono in territorio transalpino negli anni ’90, il leit motiv’è sempre e comunque cercare la rappresentazione del Mondo interiore mediante le spaventose accelerazioni dei blast-beats (“Reflect / Disappear”).

Invero non particolarmente attivate in “Maïeutiste” ma che, quando hanno il via libera, travalicano la barriera della luce per distorcere spazio e tempo. Per ritornare all’origine del tutto e cercare le risposte di un Universo-Ragazzo, portandone alla luce le piccole verita’. Verità che, forse, solo le caratteristiche emozionali del black metal – misantropia, male di vivere, solitudine, tristezza, malinconia – per la loro sommessa estrinsecazione, posso indurre il fanciullo partorire la sua verità. Non si sa se “Maïeutiste” sia riuscito in quest’intento, o possa riuscirci col tempo, giacché è una ricerca individuale che deve essere compiuta esclusivamente con i propri mezzo intellettuali (“Purgatoire”).           

Nella ricetta di “Maïeutiste” non manca nemmeno il black classico, tipo quello di “The Fall”, anche se, in questa song come in tutte le  altre, i Maïeutiste non mancano di segnare pesantemente il loro sound con le contaminazioni anzidette. Sicuramente un modo per non tendere alla monotonia, e anche per mantenere intatto il marchio di fabbrica dell’ensemble delle Rhône-Alpes, chiaramente distinti e distinguibile anche a distanza. Esemplificativa, in questo, “Absolution”, a parere di chi scrive punto di riferimento, asse di rotazione inamovibile di “Maïeutiste” con il suo lento, irresistibile crescendo da intagli eseguiti con melodie acustiche a furibonde aggressioni all’arma bianca; sostenute dal roco screaming di Eheuje e dai laceranti, caotici, convulsi soli di chitarra di Жертва, Keithan e Grey. Brano, questo, in cui compare il ridetto jazz grazie al languido e leggero ritmo di un basso.

Nella caleidoscopica interpretazione del black metal, Eheuje e i suoi compagni di avventura non smettono mai di mischiare le carte, abbracciando un orizzonte artistico sconfinato senza perdere mai la bussola: dalle spettacolari bordate di “The Eye Of Maieutic Art” all’heavy (sic!) di “Death To Socrate”, lo occasioni per annoiarsi non ci sono. Nel’opera c’è sempre un passaggio, un intarsi, un’anomalia in grado di attirare l’attenzione, con longevità, verso una qualcosa che suoni black metal poderoso e possente, cercando di accompagnarlo con mano ferma ad accoppiarsi con realtà del tutto estranee al genere stesso.     

Daniele D’Adamo

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