Recensione: Macabre Eternal

Di Michele Carli - 11 Giugno 2011 - 0:00
Macabre Eternal
Band: Autopsy
Etichetta:
Genere:
Anno: 2011
Nazione:
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85

Ed ecco che quando tutto sembra ormai perduto, quando le nostre povere orecchie si trovano ad ascoltare roba come Illud Divinum Insanus, quando i Grandi Antichi sembrano ormai aver voltato le spalle al death metal, in questo momento triste gli Autopsy arrivano e salvano baracca e burattini. Con un piglio da supereroi che non si addice molto all’aria psicotica di Chris Reifert e compagni, di fatto Macabre Eternal ha l’indubbio pregio di far gioire i vecchi fanatici del nostro genere, quelli vecchi sul serio, che si nutrono di polvere e Left Hand Path, di aria viziata e Dawn of Possession.

Sì, perché Macabre Eternal è un time warp, riporta direttamente gli Autopsy al periodo migliore della loro carriera e stilisticamente si pone in un punto immaginario tra Severed Survival e Mental Funeral. Prende gli ingredienti principali da entrambi questi dischi e li unisce, li mescola in modo ottimale, aggiungendo anche qualche punta melodica per niente fuori luogo. Ci sono le accelerazioni tipiche in pieno stile Twisted Mass of Burnt Decay (Hand of Darkness), ci sono gli immancabili influssi doom, come nella splendida Always About to Die, e ci sono palate di violenza insensata, tanto da far dimenticare cosa sia la metrica al vecchio Chris (Dirty Gore Whore). Eric Cutler e Danny Coralles cooperano come se non si fossero mai separati, snocciolando sia riff validi almeno quanto le vecchie glorie, sia assoli perfettamente integrati nell’atmosfera soffocante dell’album, come ad esempio quello di Bridge of Bones, uno dei punti forti del disco, con tanto di intermezzo acustico (!) sopra il quale ringhia il signor Reifert. Proprio lui si riprende dalla non proprio eccezionale prova vocale dell’EP The Tomb Within, a mio parere il vero tallone di Achille della release, cantando in modo vario, malato, pienamente calato nella parte. Chris ringhia, appunto, urla, growla, sbraita, si dispera, borbotta e secondo me sbava anche un pochino, tanto per non farci mancare niente, e lo fa in modo da arricchire e caratterizzare le tracce in maniera significativa. Oltre, ovviamente, a suonare la batteria con il suo stile personale: i suoi fills si potrebbero riconoscere tra mille e suonano “veri”, grazie all’ottima produzione. Niente triggers, a quanto pare neanche alla cassa, e un suono chiaro ma al tempo stesso fangoso per quanto riguarda le chitarre, con il basso quasi sempre udibile subito sotto le distorsioni.

Digerire un’ora e passa di Autopsy, tutta di fila, è comunque un’impresa ardua. Se non viene ascoltato con la dovuta attenzione, senza dedicargli il tempo necessario, Macabre Eternal può presentare una curva di assimilazione veramente alta. L’immediatezza non è proprio il punto forte di questo disco, e sinceramente va bene così. Questo è il grande album che ogni fan della band sognava fin dai tempi di Acts of the Unspeakable, uno dei veri gioielli del 2011.
Gioite, quindi. Prendete i vostri sudati soldini e andate dal negoziante di fiducia senza paura. Gli Autopsy sono tornati veramente e fanno ancora male.

Michele “Panzerfaust” Carli

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Tracklist:
01. Hand Of Darkness
02. Dirty Gore Whore
03. Always About To Die
04. Macabre Eternal
05. Deliver Me From Sanity
06. Seeds Of The Doomed
07. Bridge Of Bones
08. Born Undead
09. Sewn Into One
10. Bludgeoned and Brained
11. Sadistic Gratification
12. Spill My Blood

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