Recensione: Made in Milan

Di Carlo Passa - 24 Marzo 2018 - 9:00
Made in Milan
Band: L.A. Guns
Etichetta:
Genere: Hard Rock 
Anno: 2018
Nazione:
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78

Fa sempre piacere avere tra le mani la registrazione di un concerto di cui si serbano buoni ricordi. Ma a godere del nuovo live degli L.A. Guns non saranno solo i fortunati presenti alla quarta edizione del Frontiers Rock Festival (2017), dove Made in Milan è stato registrato, quanto chiunque ami quel rock stradaiolo e sudato che oggi si chiama sleaze.
Gli L.A. Guns sono una leggenda vivente del genere, incarnandone tutte le caratteristiche più prototipiche: chitarre distorte, annosi litigi, grottesche separazioni e prevedibili riappacificazioni, stripper procaci, alcool ed eccessi vari. Tutto questo ritroverete nella voce acuta e rauca di Phil Lewis e nella chitarra splendidamente slabbrata di Tracii Guns, sublimate da una prestazione convinta, onesta e, per fortuna, fedelmente resa da una registrazione senza orpelli. La produzione, minimale e saggia, predilige valorizzare la band a discapito del pubblico, penalizzando un poco il grado di calore di quanto esce dalle casse, ma così favorendo la presenza del suono, che invade l’ascoltatore e lo fa sentire sotto il palco del Live di Trezzo nell’ancor fresca primavera del 2017.
La scaletta si trasforma in un semplice trionfo se puoi permetterti di aprire il tuo concerto con due pezzi tratti da uno dei migliori dischi della storia del genere, quell’L.A. Guns che aveva in No Mercy ed Electric Gipsy alcuni dei propri momenti più alti. A fianco di tali mastodonti riesce a non sfigurare la violenta Killing Machine da Vicious Circle, che nel 1995 passò praticamente inosservato, travolto dagli ultimi vagiti del delirio grunge.
Il mid tempo di Over the Edge è ormai un classico e dal vivo rende al meglio, mentre con Sex Action si va sul velluto, regalando un soffio dell’aria che si doveva respirare nelle notti voluttuose sul Sunset Strip, trent’anni fa o giù di lì.
A rappresentare l’ultimo disco della band, quel The Missing Peace uscito proprio nei giorni della registrazione di Made in Milan, è la straordinaria Speed, un pezzo di una freschezza, dinamicità e rabbia stupefacenti se lo si pensa composto da un gruppo con più di tre decenni di carriera alle spalle.
Si torna al 1988 e al disco di debutto con la selvaggia One More Reason, seguita dalla più groovy Kiss My Love Goodbye da Hollywood Vampires, entrambe vincenti soprattutto grazie alla convinzione con cui la band le esegue e che la registrazione ben trasmette.
Dal controverso Waking the Dead arriva Don’t Look At Me That Way, che è un buon pezzo ma non può competere con chi la contorna in scaletta, soprattutto se Tracii Guns e Phil Lewis decidono di accostarla all’accoppiata Malaria e Never Enough, vere pietre miliari di Cocked and Loaded, che fece assaporare la vera fama agli L.A. Guns sul finire degli anni ottanta. Malaria è un inno lussurioso, mentre Never Enough ha quel riff famosissimo che porta a un ritornello leggendario e non può non coinvolgere chiunque abbia fatto almeno una volta dell’air guitar. E l’esecuzione un poco traballante coinvolge più che se fosse un compitino perfettamente eseguito.
Prima della conclusione, Tracii Guns si ritaglia un bel momento per sé con la strumentale Jelly Jam, che alterna melodia e aggressività in un buon crescendo capace di scaldare a dovere il pubblico prima della inevitabile The Ballad Of Jayne. Una delle icone delle power ballad ottantiane, The Ballad Of Jayne rivela tutti gli anni di eccessi di Phil Lewis, che la rende ancora più sofferta di quanto non lo fosse sugli ultimi solchi del lato A di Cocked and Loaded; e non importa che l’arrangiamento sia un po’ incerto e decisamente troppo grezzo: il pubblico finalmente si sente vociare, cantare, applaudire e pure accendere qualche sopravvissuto accendino. Sempre un’emozione.
Infine, ecco Rip and Tear, con la celeberrima accelerazione finale. Ed è il delirio di sudore, teste roteanti e pugni al cielo, in un tripudio di street rock che il pubblico apprezza e la band gode di aver provocato.
In sostanza, Made in Milan è un gran bel live, sincero, sporco e orgoglioso della propria sporcizia. Gli L.A. Guns si confermano guide imprescindibili della scena, superando egregiamente la prova del palco. Speriamo di rivederli presto dalle nostre parti: noi ci saremo, ancora una volta a svociarci attaccati a una transenna.

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