Recensione: Malady X

Di Daniele D'Adamo - 1 Novembre 2018 - 10:53
Malady X
Band: Nothgard
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2018
Nazione:
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70

I Nothgard, definiti da più parti come un ensemble votato all’epic melodic death metal, sono una di quelle formazioni che, da anni, galleggiano in una sorta di limbo. Ove, cioè, stazionano tutti quelli che hanno alle spalle una carriera costellata da una discreta se non buona produzione discografica ma che non hanno mai bucato l’audience con qualcosa di straordinario. Una sorta di luogo senza spazio né tempo per parcheggiare le band medie, insomma.

I tedeschi, nati nel 2008, hanno alle spalle tre album ma è solo con l’ultimogenito “Malady X” che sono riusciti ad accaparrarsi un contratto importante con una label come la Metal Blade Records. Il che non significa che, conseguentemente, si avrà un salto in avanti in termini di qualità tecnica ma soprattutto artistica. No. Tuttavia, i mezzi a disposizione delle etichette discografiche più attrezzate consentono perlomeno di raggiungere livelli di manifattura assolutamente professionali, intendendo per ciò, soprattutto, il suono. Impeccabile, preciso, pulito e potente. Come quello di “Malady X”, appunto, talmente vivo da materializzarsi a mò di ologramma di fronte agli speakers.

Già l’intro dal forte sapore epico ‘Voyage to Decay’ promette assai bene, avendo in sé le caratteristiche sonore sopra elencate. Potenza, potenza e ancora potenza. Segno particolare che deve essere marcato profondamente, in un genere come il melodic death metal, bisognoso di una poderosa restituzione sonora per potersi esprimere al meglio.

E difatti la title-track esplode in tutta la sua maestosità, avviluppata da accattivanti melodie e up-tempo a tutta forza. Tali da far venire in mente che, alla fin fine, si potrebbe anche discutere di power metal, per il combo di Deggendorf. Dom R. Crey, il cantante/chitarrista, svolge però il suo compito con un growling non particolarmente marcato ma comunque sufficiente a escludere la fattispecie tipologica sopra menzionata. ‘Shades of War’ itera immediatamente il concetto, con i Nostri impegnati a dar vita a un sound possente, massiccio, a tratti addirittura regale, anch’esso retaggio della versione melodica del death metal ma non certo della famiglia del power.

Detto ciò, non rimane che osservare la bontà di uno stile certamente non originale, fatto intuibile date le premesse, ma comunque pienamente formato. Adulto e maturo. Uno stile che non muta al variare delle canzoni, seppure esse, a loro volta, posseggano un carattere tutto loro. E, chiudendo il cerchio, è proprio qui che si sente, si percepisce, si prende atto del fatto che il quartetto abbia usufruito di risorse, stavolta, superiori allo standard.

Ecco, i brani. Il tallone di Achille dell’ensemble bavarese, cioè. Ineccepibili nella loro progettazione che rispetta al millimetro la forma-canzone tipica della foggia musicale di cui si tratta, formano un insieme equilibrato e compatto. Nel senso che è ben chiaro e percepibile che siano il risultato di un imponente lavoro a monte, per l’evidente precisione di un songwriting purtroppo senza molti spunti da mandare a memoria.

Nel suo complesso “Malady X” scivola via senza intoppi, anche piacevolmente, se si vuole dire. Un album sciolto e lineare il cui ascolto non richiede da parte di chi ascolta il possesso di un significativo background culturale in materia di metal e, in particolare, di metal estremo. Come dimostra, per esempio, ‘Serpent Hollow’, pezzo ottimamente ritmato, dal refrain interessante e accattivante ma che, come tutto il resto, appare privo di quel quid necessario a bucare l’aria. Anche la precedente ‘Deamonium I’, che si avvale di una voce femminile per impreziosire la song stessa, non ce la fa a sollevarsi da una routine solidamente consolidata.

Alla fine resta il dubbio che nemmeno con “Malady X” – in ogni caso da prendere come riferimento quale stato dell’arte su come debba essere prodotto un moderno full-length di melodic death metal – , i Nothgard siano riusciti a uscire da quel purgatorio di cui si scriveva all’inizio.

Daniele “dani66” D’Adamo

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