Recensione: Malae Artes

Di Alessandro Calvi - 4 Aprile 2005 - 0:00
Malae Artes
Band: Macbeth
Etichetta:
Genere:
Anno: 2005
Nazione:
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70

Anche i Macbeth giungono infine al traguardo del terzo album con questo “Malae Artes”, terzo album che spesso viene un po’ considerato una sorta di “prova del nove” per i giovani gruppi che giunti a questo punto, secondo alcuni, dovrebbero definitivamente spiccare il volo oppure andare ad arenarsi nell’oceano dei gruppi mediocri e lì rimanere a macerare “ad vitam eternam”.

Sinceramente questa seconda possibilità non mi pare proprio potrebbe essere prospettata ai Macbeth che benchè siano stati, secondo me, finora poco considerati nonostante le loro qualità (ma si tratta di un gruppo italiano e quindi la cosa non mi sorprende per nulla, secondo me anche gli Anathema o i Paradise Lost se fossero stati italiani avrebbero ottenuto meno di un decimo della considerazione di cui godono oggi, sempre per colpa di questa esterofilia che prima o poi sarà la rovina di gran parte dei gruppi nostri connazionali), piazzano con questo cd la zampata che potrebbe finalmente farli scoprire al grande pubblico anche al di fuori dei confini nazionali.

Il disco si apre con “Nuda Veritas”, una lunga intro strumentale che affianca in maniera decisamente originale e ben riuscita un brano sinfonico e orchestrale con alcuni passaggi parlati fortemente filtrati elettronicamente. In effetti l’elettronica è un tema che ritornerà per gran parte del proseguo dell’album, pur essendo di solito però il primo ad osteggiare tale pratica nei dischi metal, devo un po’ a malincuore ammettere che in questo caso non l’ho mai percepita come fuori posto. Per esempio la quarta traccia “Miss Murderess”, che considero una delle cose migliori di questo disco, inizia proprio con un ritmo elettronico in sottofondo che parrebbe più adatto a una discoteca, per poi essere ripreso e interpretato stavolta da chitarre basso e batteria.
Tra le altre canzoni poi spicca sicuramente la coraggiosa scelta di coverizzare “How Can Heaven Love Me”, in origine brano composto da Sarah Brightman e dai toni decisamente più pop che propriamente gothic o metal, che comunque i Macbeth son riusciti a riproporre senza tradire il sound che contraddistingue l’intero album.
La successiva “Good Morning” si apre con una intro dai toni pomposamente sinfonici per poi tornare verso lidi più in sintonia con il resto del disco, gli arrangiamenti per violini e orchestra restano però sempre in sottofondo, donando al pezzo uno spessore che forse avrebbe fatto comodo anche in altri frangenti di questo cd.
“Henceforth” dai toni più cupi rispetto alla precedente, è invece forse il brano più pesante della tracklist in cui la voce della cantante Morena duetta spesso anche con la voce maschile in growl di Andreas, che non si limita in questo caso alla voce pulita, creando un bel contrasto.
Meritevole di menzione, e a mio avviso anche una delle canzoni più belle presentate in questa occasione dalla band milanese, è sicuramente poi “Keep the Secret”. Una “ballad”, se così possiamo definirla, in cui per gran parte della sua durata troviamo esclusivamente la voce di Morena accompagnata solo dal pianoforte, decisamente una splendida prova per la vocalist che in questa occasione mostra davvero tutte le sue potenzialità, che non sono poche.
A chiudere l’album troviamo infine “Dead and Gone”, un’altra delle canzoni migliori del disco, nonché probabilmente la più elaborata. Cori, accompagnamenti sinfonici e orchestrazioni degne di un musical e duetti tra la voce di Morena e di Andreas che decisamente non si risparmiano nulla, disegnando intrecci e passaggi dal clean, al growl, al parlato, alle voci filtrate. Sicuramente una canzone meritevole di più di un ascolto e capace di rimanere impressa a lungo.

Si tratta di un album sicuramente pieno di momenti decisamente orecchiabili, ma che forse proprio su questo piano perde qualche punto. A volte i passaggi che rimangono più facilmente in mente infatti, hanno la tendenza a suonare un po’ già sentiti generando saltuariamente un senso di dejà-vù che un po’ infastidisce. Si tratta però solo di passaggi, a volte presenti nel ritornello, a volte nel bridge che quindi così come si sono affacciati, si dileguano nel proseguo dell’ascolto.

Per concludere il terzo capitolo della discografia dei Macbeth è un bel disco con molte potenzialità, le idee sono tante e si sentono tutte e la band ha le capacità e le qualità per esprimerle tutte nel migliore dei modi. Un disco, questo “Malae Artes”, che dovrebbe piacere a tutti gli appassionati del genere e che sinceramente spero possa contribuire anche a far conoscere questa band anche all’estero.

Tracklist:
01 Nuda Veritas
02 Lifelong Hope
03 My Desdemona
04 Miss Murderess
05 How Can Heaven Love Me
06 Good Morning
07 Henceforth
08 Keep the Secret
09 Down-Hearted
10 Dead and Gone

Alex “Engash-Krul” Calvi

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