Recensione: Manala

Di Alessandro Calvi - 20 Settembre 2012 - 0:00
Manala
Band: Korpiklaani
Etichetta:
Genere:
Anno: 2012
Nazione:
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68

Anno nuovo, disco nuovo. Da qualche tempo, infatti, i Korpiklaani ci hanno abituato ad una produzione quanto mai prolifica fatta di ben un CD all’anno. Produzione che, però, non è sempre riuscita a mantenere gli standard qualitativi a cui i finlandesi ci avevano abituato con i primi album. Non è per caso, infatti, che la band di Lathi è (o secondo alcuni “era”) considerata l’indiscussa rappresentante del folk-metal nord-europeo, capostipite di un filone e fonte di innumerevoli copie. Il breve lasso di tempo passato dal precedente, e tutt’altro che entusiasmante, “Ukon Wacka”, faceva pensare molto male per questo nuovo “Manala”, invece questi pazzi ubriaconi sono riusciti a sorprenderci una volta di più.

“Manala” è il nome del regno dei morti della tradizine mitologica finlandese. Con un titolo simile, quindi, è difficile aspettarsi un disco allegro, eppure è dei Korpiklaani che stiamo parlando, quindi mai dire mai. In realtà i testi dimostrano di avere un piglio più oscuro e profondo rispetto al solito, così come il sound mostra, in alcuni frangenti, un po’ di cupezza in più. Merito anche di un songwriting che punta molto più sulla componente metal (in particolare con un riffing piuttosto thrash) rispetto ai recenti predecessori e una produzione più potente e leggermente sporca, che mette in risalto il lavoro di chitarre, basso e batteria.
Non che gli strumenti tradizionali e folk, come il violino del neo-entrato Tuomas Rounakari o la fisarmonica di Juho Kauppinen, siano relegati in secondo piano. Al contrario continuano ad avere grande importanza e godono anche di brani in cui possono esprimersi in solitaria, solo che il mood generale del disco è più aggressivo e cupo, caratteristiche con cui gli elementi metal della musica dei Korpiklaani si sposano meglio.
Degna di nota, inoltre, la scelta del doppio disco. “Manala”, infatti, esce in prima tiratura in una pregevole versione a doppio CD che presenta l’album in finlandese e in inglese. A parte il brano conclusivo “Sumussa Hämärän Aamun”, infatti, tutti gli altri pezzi della tracklist sono stati eseguiti e registrati in doppia lingua. Per comodità, quindi, parleremo di ogni canzone riferendoci ad essa col doppio titolo.
Ad aprire le danze (quando si parla di Jonne Järvelä e soci è proprio il caso di dirlo) è “Kunnia/Honor”, un brano tutto sommato canonico per i Korpiklaani, ma che ci mostra fin da subito l’attitudine maggiormente metal di questo “Manala” e che, di certo, con il suo ritmo coinvolgente riesce nell’intento di trascinare subito l’ascoltatore dentro al disco. Le cose si fanno più serie, invece, con la successiva “Tuonelan Tuvilla/At the Huts of the Underworld”, più potente e aggressiva, in cui, almeno all’inizio, i ritmi folk sembrano lasciati maggiormente da parte. Le chitarre al limite del thrash si fondono bene con gli altri elementi e la differenza di ritmo tra strofa e ritornello (la prima più dark e oscura, cantata quasi in growl; la seconda più folkeggiante e dal diverso cantato), riesce a dare una certa varietà alla canzone.
“Rauta/The Steel” è la traccia più conosciuta del lotto in quanto primo singolo rilasciato come apripista a “Manala”. Come per l’apripista è forse nulla di che, ma si tratta di uno di quei brani perfetti per i live e che sfidano chiunque a non tenerne il ritmo. Un po’ come la successiva “Ruumiinmultaa/Soil of the Corpse”, in cui il violino furoreggia dall’inizio alla fine: impossibile impedire alla testa di andare su e giù a tempo.
Interessante e particolare “Petoeläimen Kuola/Predator’s Saliva”, unica canzone in cui notiamo una differenza marcata e notevole tra le due versioni. In finlandese, infatti, il cantato di Jonne Järvelä è quello a cui ci ha abituato in tutti gli album dei Korpiklaani fino a qui. In questo modo, in “Petoeläimen Kuola” il mood più thrash e aggressivo (in cui il folk fa solo da sottofondo) è sminuito e reso più omogeneo al resto dell’album. In “Predator’s Saliva”, invece, la voce cambia in funzione della base musicale e tutto il brano diviene una canzone thrash in tutto e per tutto (e a questo contribuisce anche l’uso dell’inglese e di parole più brevi e secche rispetto al finlandese).
Pur mancando la classica canzone che sembra registrata al pub, con un boccale di birra (da almeno un litro) in mano, i Korpiklaani sembrano non aver voluto rinunciare, almeno, a un pezzo cantato come se fossero ubriachi. Il tono di voce di Jonne Järvelä su “Synkkä/Dismal”, infatti, non può essere definito in altro modo che simile a quello di uno sbronzo. Per quanto fatto apposta, bisogna ammettere che è una delle tracce meno facilmente digeribili del lotto, anche se ha il merito di mettere in primo piano violino, chitarre acustiche e fisarmonica.
Si torna dalle parti del folk più ballerino e ritmato con “Ievan Polkka/Ieva’s Polka”, un altro di quei brani che faranno fuoco e fiamme nei live e che, sicuramente, risulteranno tra i più ascoltati e ripetuti di questo “Manala” a causa dell’allegria contagiosa. Di tutt’altro tenore, invece, il dittico costituito da “Husky Sledge” e “Dolorous”, entrambe tracce esclusivamente strumentali e votate al folk più popolare e tradizionale. La prima è un esperimento che, forse, potremmo definire più interessante che bello. Il neo-entrato Tuomas Rounakari, infatti, ci dà una dimostrazione del modo di suonare il violino degli sciamani: la tecnica consisterebbe nel suonare sempre le stesse note in maniera ripetitiva e ipnotica, diminuendo progressivamente la pressione sull’archetto, fino a raggiungere un suono frusciante, il tutto mentre si tiene il tempo con i piedi, a cui son legati dei sonagli. La seconda traccia, invece, è un bel pezzo, dolce e melodico, decisamente molto più orecchiabile.
Di nuovo ritmo e danze forsennate per “Uni/Dream”, mentre “Metsälle/Off to the Hunt” appare come una canzone dall’inizio più lento e riflessivo, per poi evolversi verso un bel brano dal retrogusto folk, ma con la componente metal sempre in primo piano a dettare legge. Si tratta di un’ottima conclusione per la versione inglese di “Manala” e, forse, sarebbe stato meglio se si fosse concluso così anche il CD in finlandese che, invece, continua con “Sumussa Hämärän Aamun”. L’ultima traccia finlandese è una song praticamente doom, lenta e cupa, ma in cui gli strumenti folk fanno la propria comparsa nel ritornello, dando a tutta la traccia una doppia identità che, però, non convince del tutto. Peccato, quindi, concludere il platter con quello che appare come, probabilmente, il capitolo meno riuscito di tutta la scaletta.

Per concludere, come si diceva all’inizio: anno nuovo, disco nuovo. Chi temeva che questa sovraproduzione potesse portare a un progressivo calo qualitativo della proposta dei finlandesi, potrà tirare un sospiro di sollievo. “Manala”, infatti, fa segnare un deciso cambio di rotta rispetto ai precedenti CD, segnalandosi come un disco di qualità e con delle idee. Certo, da tempo i Korpiklaani sono diventati maestri indiscussi e incontrastati del solito minestrone ribollito e “Manala” non fa granchè eccezione, visto che gli ingredienti son sempre gli stessi. Quantomeno questa volta son stati cucinati con più perizia del solito e qualche nuova spezia, aggiunta qui e là, potrà sicuramente fare la felicità dei fan. Siam ben lontani dagli album degli esordi, sia come freschezza che come qualità globale, ma non siamo neanche dalle parti di uno stanco e scontato “Ukon Wacka”. Speriamo solo che continuino così e tornino grandi come sono stati e (forse) potrebbero ancora essere.

Tracklist:

CD 1 – in finlandese
01 Kunnia
02 Tuonelan Tuvilla
03 Rauta
04 Ruumiinmultaa
05 Petoeläimen Kuola
06 Synkkä
07 Ievan Polkka
08 Husky-Sledge
09 Dolorous
10 Uni
11 Metsälle
12 Sumussa Hämärän Aamun

CD 2 – in inglese
01 Honor
02 At the Huts of the Underworld
03 The Steel
04 Soil of the Corpse
05 Predator’s Saliva
06 Dismal
07 Ieva’s Polka
08 Husky Sledge
09 Dolorous
10 Dream
11 Off to the Hunt

Alex “Engash-Krul” Calvi

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