Recensione: Maniaxe

Di Michele Carli - 5 Ottobre 2009 - 0:00
Maniaxe
Band: Ghoul
Etichetta:
Genere:
Anno: 2003
Nazione:
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85

Da qualche anno a questa parte si racconta una storia. Una storia cruenta che parla della lugubre Creepsylvania: una piccola zona dell’Europa dell’est la cui popolazione scende costantemente di numero a causa di molti, efferati omicidi. Il folklore popolare vuole che questi crimini siano opera di quattro creature, comunemente dette Ghoul, che infestano le catacombe sotto al cimitero. Mutanti ripugnanti che impazzano per le strade durante la notte massacrando persone a colpi di ascia, di motosega o di skateboard, stordendole preventivamente con musica thrash metal.
Maniaxe è un reperto, registrato chissà come e chissà dove, che parla della visita del coraggioso Ghoul Hunter alle catacombe della città infestata, intenzionato a dimostrare una volta per tutte se le dicerie dei poveri abitanti sono frottole o cruda realtà.

Dopo la breve introduzione di Plaesant Screams, la traccia Forbidden Crypts descrive il massacro perpetrato ai danni di una band di black metal che, sfortunatamente, si era trovata a suonare in Creepsylvania. Da subito si possono intuire le coordinate musicali del disco, con riffs thrash metal in stile D.R.I. e atmosfere tipicamente gore dovute ai vocalizzi dei tre ghouls dedicati a questo compito. La voce di Digestor (figlio di un monaco trappista e di una zingara con la sifilide) è del tutto simile a quella del buon vecchio Jeff Walker dei Carcass; quella di Cremator è invece più bassa e gutturale a causa di un’esplosione che in passato gli causò la perdita di tutta la parte inferiore della faccia. Un incidente accaduto presumibilmente nell’officina del fabbro senza un braccio che lo ha cresciuto, dopo averlo recuperato dal bordello parigino in cui era nato. La voce di Dissector (una larva cresciuta negli scarti marci degli omicidi dei Ghoul che è riuscita a imparare le canzoni ascoltandole durante il suo sviluppo, avvenuto nelle catacombe) è invece inumana e profonda, come quella prodotta artificialmente tramite pitch shifter.
Maggot Hatchery e Sewer Chewer sono due tracce che raccontano della nascita di Dissector e del suo ingresso nel gruppo, entrambe con un costante “tupatupa” spaccacollo e dalle parti mosh, devastanti specialmente nella seconda canzone. (Im)pura e semplice carneficina thrash, in grado di scatenare il pogo selvaggio anche in un monastero benedettino.
Arriva poi il turno di Ghoul Hunter: traccia in cui il cacciatore di ghoul racconta di persona la sua esperienza durante la discesa nelle catacombe infestate e dove, con il crocifisso in pugno, si fa strada in direzione della cacofonia prodotta dai quattro mutanti. Una volta scoperto, il cacciatore viene atterrato e costretto ad ascoltare Anthrax e Megadeth, ma nonostante questo riesce a scappare e a raccontare la sua storia. La canzone è la più originale del lotto, e alterna il racconto del Ghoul Hunter a un ritornello che più catchy non si può, durante il quale la velocità aumenta e i ghouls giurano di vendicarsi dell’intruso minacciando di cucinarlo al forno, bollito oppure fritto.
Si riparte poi con Numbskull, che è la traccia più groovy dell’album e dichiaratamente votata al mosh selvaggio. L’inizio è lento e cadenzato, ma con il proseguire dei minuti la canzone prende velocità e finisce in un mare di sangue, come la carneficina-show descritta nel testo. Carneficina da festeggiare ovviamente facendo skate nel cimitero, combattendo a colpi di tricks il redivivo Ghoul Hunter, che riesce anche stavolta a scappare con un fumogeno. Boneless è un altro degli episodi più riusciti dell’intero album, con un riff principale coinvolgente e un ritornello che si ficca in testa fin dal primo passaggio (We’re boneless in the boneyard!). Lo stacco mosh a metà, poi, è proprio quello da cui il vostro ortopedico vorrebbe mettervi in guardia.
La title track è un’altra traccia basata sul groove, ma non è che l’antipasto che serve a prepararci alla massacrante Mechanized Death: qua fa il suo ingresso il temibile Killbot, un robot programmato dal cacciatore per uccidere i Ghoul e devastare tutto ciò che si trova tra lui e loro. La canzone è una scheggia impazzita di thrash, grezza e ignorante come le precedenti ma ancora più veloce, nonostante l’immancabile momento cadenzato dedicato al pogo. Un ultimo assalto sonoro che termina con il Killbot riprogrammato dai quattro per uccidere il suo creatore.
La parola fine, comunque, è lasciata a una splendida cover di What A Wonderful World, riletta ovviamente in chiave Ghoul (I see towers of flames, and corpses too/I see the doom, of me and you). Una chicca imperdibile.

Frightmare, Blood Freak e Splatterhouse sono solo alcuni dei gruppi che hanno preso ispirazione dai lavori dei Ghoul, portando avanti il cosiddetto Splatterthrash. Un genere che è la combinazione di thrash old school, un po’ di death metal e goregrind e che ha praticamente invaso la Razorback Records, ormai etichetta di riferimento in questo campo. L’unica differenza tra questi gruppi è che mentre i Frightmare e compagnia si rifanno ai film horror di serie B per scrivere i testi delle proprie tracce, i Ghoul raccontano solamente la dura realtà. Non date retta a quelle baggianate che affermano che i Ghoul non sono altro che gli Impaled sotto mentite spoglie. Sono tutte balle. La Creepsylvania esiste, io ci sono stato e ho visto tutto. Dalle cripte esce davvero del putrido thrash metal, e la notte si possono sentire gli skateboards cozzare contro le lapidi. Parola di numbskull.

Michele “Panzerfaust” Carli

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Tracklist:

01. Pleasant Screams / Forbidden Crypts
02. Maggot Hatchery
03. Sewer Chewer
04. Ghoul Hunter
05. Numbskul
06. Boneless
07. Maniaxe
08. Mechanized Death
09. The End ?
10. What a Wonderful World

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