Recensione: Manikin Parade

Di Gabriele Pintaudi - 5 Gennaio 2011 - 0:00
Manikin Parade
Band: Vangough
Etichetta:
Genere:
Anno: 2009
Nazione:
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82

Manikin Parade è l’album di esordio dei Vangough, il quartetto di Oklahoma City guidato dal talento del polistrumentista Clay Withrow, che dà alla luce nel 2009 un lavoro profondo e ricco di sfaccettature. La musica del complesso può essere descritta come il connubio di diverse influenze che accarezzano band come Pain Of Salvation, Evergrey e, in minima parte, Dream Theater. Il risultato finale è che, sin dalle note iniziali di questo esordio, vengono evocati prepotentemente i primi quattro album dei fratelli Gidenlow, un po’ per le atmosfere che li caratterizzano, un po’ per le linee vocali di un sempre ottimo Withrow.
In questo contesto non mancano nemmeno le divagazioni strumentali: i Vangough propongono delle tracce ricche di sperimentazioni e variegate che, sebbene non siano facilmente assimilabili, lasciano il segno grazie a una spiccata personalità. Dunque, per i nostalgici dei Pain Of Salvation, che stanno attualmente prendendo direzioni imprevedibili e mutevoli, questo disco può essere un regalo da accogliere con favore.

Manikin Parade si presenta avvolto da un manto di magia malinconica che dimora nei suoi ritornelli non propriamente “easy”, ma uniti da un filo conduttore melodico molto chiaro onnipresente in tutti i brani dell’album. Estranger apre le danze con un giro di tastiera che riporta alla mente (forse troppo) quello di Wait For Sleep dei Dream Theater, per poi trasformarsi in un brano chiaramente influenzato dalla band di Gindelow. Nonostante la prima traccia si presenti bene, va ancora meglio con Manikin Parade che, anche in questo caso, ricorda The Mirror del complesso di Petrucci e soci.
Christmas Scars si presenta più aggressiva e decisa, riuscendo a guadagnare ulteriori punti grazie a un finale molto emozionante, degna colonna sonora per un film di Tim Burton. Si calmano le acque con la successiva Handful of Dreams, che ad alcuni toccherà nel profondo grazie anche alla voce di Clay Withrow, calda e passionale come non sempre accade nel progressive metal.
Se ancora non fosse chiaro il sentimento pulsante del disco, ci pensano le ottime Disorder Quotient e Paradise For The Lost a sottolineare ancora di più l’anima cupa e malinconica di Manikin Parade, con tocchi di aggressività mai azzardati o fuori contesto. Seguono l’elegante e ipnotica Gabrielle, piacevole e fruibile fin dal primo ascolto, sebbene sfuggevole a chi tenti di comprenderla con pochi ascolti e la dolce strumentale Dance of the Summer Mind.
La parte conclusiva del disco è affidata a One Dark Birthday ed Etude Of Sorrow che, pur seguendo le stesse coordinate delle canzoni precedenti, rivelano altri particolari interessanti che, però, poco sorprendono a causa di un costanza emotiva forse un po’ troppo omogenea. Chiudono il disco le brevi Halcylon Days, e The Cosmic Bus Stop.

I difetti del disco per chi scrive non risiedono nelle sue chiare influenze, bensì nel suo minutaggio importante e, soprattutto, in una omogeneità che a lungo andare non riesce a metterne in risalto le sue canzoni. In altre parole, Manikin Parade non evidenzia vere e proprie hit che emergono rispetto al resto, anche a causa della costante sensazione di avvertire emozioni sì forti, ma fin troppo simili tra di loro che alla lunga anestetizzano l’ascoltatore. Se da un lato bisogna dare più tempo al disco per manifestare la sua vera essenza, dall’altro questa sensazione di costanza emotiva non riesce ad andare via del tutto.

Gabriele “Xan” Pintaudi

 

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Tracklist:

1 Estranger
2 Manikin Parade
3 Christmas Scars
4 Handful of Dreams
5 Disorder Quotient
6 Bricolage Theater
7 Paradise for the Host (The Twilight Zone Pt.1: Deception)
8 Gabrielle (The Twilight Zone Pt.2: Love)
9 Dance of the Summer Mind
10 One Dark Birthday
11 Etude of Sorrow (The Twilight Zone Pt.3: Oblivion)
12 Halcyon Days
13 The Cosmic Bus Stop

 

Lineup:

Clay Withrow – Guitar and Vocals
Abe Hartley – Keyboard
Lopez – DrumsCarlton – Bass, cello, violin

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