Recensione: March of the Norse

Di Emanuele Calderone - 19 Aprile 2011 - 0:00
March of the Norse
Band: Demonaz
Etichetta:
Genere:
Anno: 2011
Nazione:
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73

Quando, nell’ormai lontano 1992, gli Immortal per la prima volta si presentarono sul mercato con lo splendido “Diabolic Fullmoon Mysticism”, nessuno, tra critica e pubblico, ebbe dubbi: questi ragazzi avrebbero contribuito significativamente a espandere il verbo del black metal in tutto il mondo. La storia discografica della band è infatti costellata di album fondamentali per la scena stessa, che hanno rappresentato e ancora oggi rappresentano, dei veri e propri esempi da seguire per migliaia di band.

Quando Abbath, nel 2006, decise di dar vita al progetto I (è di quell’anno l’uscita del disco “Between Two Worlds”), alcuni ebbero dei dubbi sull’effettiva utilità di un progetto che, a grandi linee, riproponeva in chiave più heavy la musica della band madre.
Da lì in poi la storia la conosciamo tutti: tre anni di silenzio e poi l’uscita del chiacchierato “All Shall Fall”, seguito, nel 2010, dallo splendido DVD “The Seventh Date of Blashyrkh”.

Tutta questa storia, direte voi, a cosa serve? Semplice, per introdurre il disco di uno dei più importanti ex-membri degli Immortal: stiamo parlando di Demonaz.
L’ex chitarrista e membro fondatore della storica formazione di Bergen è infatti autore di una delle opere attorno alle quali è maggiormente cresciuta la curiosità degli ascoltatori, vale a dire “March of the Norse”.
Uscito nientemeno che sotto l’ala protettrice della più potente major in campo metal, la Nuclear Blast, “March of the Norse” rappresenta forse l’ideale punto di congiungimento tra il black metal veloce, rozzo e melodico degli Immortal, gli accenni heavy metal degli I e il viking epico e ricco di pàthos dell’immortale e mai troppo lodato Quorthon.
Se da un lato infatti si riscontra un approccio alla musica molto diretto, privo di orpelli, dall’altro indubbiamente non mancano le atmosfere tipiche dei Bathory, che si respirano durante tutte le nove canzoni che compongono il disco.
Accompagnato per l’occasione da due compagni di grande fama come Ice Dale (Enslaved, I, Ov Hell) e Armagedda (I), Demonaz si dimostra un musicista indubbiamente professionale, in grado di sfoderare un’ottima prestazione come chitarrista e capace di una discreta performance come compositore e arrangiatore.

Musicalmente il full-length ci riporta indietro alla prima metà degli anni ’90, con riff potenti ma allo stesso tempo evocativi e capaci di riportare alla mente gli splendidi paesaggi norvegesi. Le ritmiche, sebbene i musicisti coinvolti siano estremamente capaci, sono scarne, dirette, mai inutilmente complesse o cervellotiche, conferendo a ogni singolo brano un andamento lineare.
Purtroppo però, proprio queste strutture così semplici tendono talvolta ad appiattire un po’ le dinamiche del cd rendendolo, ogni tanto, poco accattivante e ripetitivo. Eppure, nonostante questo, Demonaz riesce nella non facile impresa di accattivarsi il favore dell’audience.
Le tracce si susseguono una dopo l’altra senza mai annoiare, mantenendo invece abbastanza alta l’attenzione, grazie a melodie azzeccate e soprattutto grazie a linee vocali che, sebbene in qualche frangente ricordino troppo quelle di Abbath, sanno indubbiamente coinvolgere e divertire.

Cercare degli highlight, delle vere e proprie colonne portanti, all’interno di questo “March of the Norse” non è compito semplice: lo si diceva prima, le strutture simili e le musiche, tutte bene o male somiglianti, rischiano di far confondere i brani l’uno con gli altri.
L’unico episodio che riesce a svettare sugli altri è “Under the Great Fires”, davvero affascinante nel suo incedere fiero. Ottimi i riff glaciali ma allo stesso tempo trascinanti che compongono l’intera track; azzeccatissimo anche l’assolo veloce e melodioso, così come il suggestivo finale acustico.
Il resto, pur viaggiando su standard più che sufficienti, sembra mancare di qualcosa. Originalità? Personalità? Forse, eppure non si può proprio dire di essere al cospetto di un’opera mediocre. Alla fine dei conti, song come “Over the Mountains”, “All Blackened Sky” o ancora “A Son of the Sword” riescono comunque a smuovere qualcosa, decretando la buona riuscita del platter.

Come è giusto che sia, la produzione rasenta la perfezione e non potrebbe essere altrimenti. I mezzi della Nuclear Blast sono potenti e hanno permesso al trio di poter usufruire di suoni cristallini e puliti. Eccellente anche il lavoro di mixing, molto equilibrato.

In conclusione possiamo tranquillamente dire che questo “March of the Norse”, pur attestandosi numerosi gradini al di sotto rispetto ai capolavori degli Immortal, si mantiene su livelli dignitosi, avendo dalla sua una manciata di canzoni riuscite, seppure poco audaci e particolari.
Se siete alla ricerca di qualcosa che si avvicini il più possibile al sound di “Between Two Worlds” degli I o ancora di “All Shall Fall”, qui troverete pane per i vostri denti. Se state invece cercando un lavoro unico all’interno del panorama musicale, in questo caso vi converrebbe invece volgere la propria attenzione altrove.

Emanuele Calderone

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Tracklist:
01- Northern Hymn
02- All Blackened Sky
03- March of the Norse
04- A Son of the Sword
05- Where Gods Once Rode
06- Under the Great Fires
07- Over the Mountains
08- Ode to Battle
09- Legends of Fire and Ice
10- Dying Sun (Bonus Track presente sull’edizione Digipak)

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