Recensione: March or Die

Di metalhunt - 7 Novembre 2006 - 0:00
March or Die
Band: Motörhead
Etichetta:
Genere:
Anno: 1992
Nazione:
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65

I Motorhead sono senz’altro una band fra le più prolifiche del panorama hard’n’heavy internazionale.
Infatti, non passa anno (o quasi), che Lemmy & co. non facciano uscire un nuovo lavoro.
Purtroppo però, tale“generosità” in fatto di numero di uscite discografiche non sempre è anche sinonimo di qualità eccelsa delle stesse.
E’ il caso di questo disco, dal minaccioso titolo di “March or die” ( marcia o muori…), che vede la luce nel 1992 e che, pur assestandosi su livelli discreti, paga il prezzo di scelte, a mio avviso, non propriamente felici.
Mi riferisco, in particolare, ad una produzione troppo “perfettina”, e ad un suono troppo “pulito”, e poco consono ad una band di rock’n’roll sfrontato e sanguigno quale quella capitanata dal buon vecchio Ian Kilmister.
Il risultato è un disco meno potente ed aggressivo dei precedenti, a cominciare proprio dall’ottimo “1916”, uscito l’anno prima.
Anche il songwriting pare risentire un pò di questa scelta, dal momento che i Motorhead sembrano spingere meno sull’accelleratore rispetto al passato, prediligendo pezzi che, per quanto ritmati ed anche veloci, in alcuni casi, sono molto distanti da sfuriate metalliche di brani come Ace of spades, Overkill, o I’m so bad ( baby I don’t care), contenuta nel disco precedente.
Al contrario, in alcuni pezzi, si avverte la tendenza dei nostri a dare spazio ad una certa vena melodica (per quanto possano riuscire ad essere “melodici”i Motorhead, s’intende !!!).
E’ questo il caso di “Asylum choir”, nel cui ritornello fa capolino addirittura una chitarra arpeggiata, ma, soprattutto, di pezzi come l’iniziale “Stand” e “Too good to be true”, brani veloci, ma mai esageratamente aggressivi, caratterizzati invece da refrains veramente accattivanti (o un po’ paraculi… fate voi!!), che vi si stamperanno in testa sin dal primo ascolto.
Sulla stessa lunghezza d’onda (per quanto riguarda il refrain) anche “Hellraiser”, scritta a quattro mani con Ozzy Osbourne (che la incise nel suo “No More Tears”del 1991), e facente parte della colonna sonora dell’omonimo horror movie.
Il Madman di Birmingam compare anche nella ballad, in verità piuttosto piattina, dal titolo “I Ain’t no nice guy”, nella quale i Motorhead si avvalgono altresì della collaborazione di Slash dei Guns n’Roses per l’assolo centrale del pezzo.
“You better run”, è un classico (un po’ scontato per la verità) rock/ blues in dodici battute, nel quale compare nuovamente Slash alla chitarra, in qualità di guest star.
“Catch scratch fever”(cover di Ted Nugent) e “Jack the Ripper”, scivolano via in maniera piuttosto anonima, mentre miglior sorte tocca a “Bad Religion”, mid tempo dall’incedere incalzante e “Name in Vain”, pezzo in cui i Motorhead tornano ad aggredire e coinvolgere l’ascoltatore come solo loro sanno fare.
Chiude la title track, una marcia dal sapore militaresco ( manco a dirlo..), in cui la voce di Lemmy si fa’ insolitamente cavernosa ed inquietante.
In definitiva “March or die” è un platter tutto sommato discreto, anche se un pò discontinuo, e caratterizzato da un suono che, a mio avviso, non è adatto al genere proposto dai Motorhead (fortunatamente qualcun altro, oltre al sottoscritto, se ne deve essere accorto, dal momento che nel successivo “Bastards” ricompare il caratteristico “killer sound” motorheadiano, addirittura rinvigorito ed indurito!!!).
Consigliato solo agli irriducibili Motorhead maniacs…. tutti gli altri possono tranquillamente farne a meno.

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