Recensione: Master Of The Universe

Di Haron Dini - 5 Settembre 2019 - 19:00
Master Of The Universe
Band: Ola Englund
Etichetta:
Genere: Progressive 
Anno: 2019
Nazione:
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75

Musicista, cantautore, produttore discografico, chitarrista, Youtuber e chi ne ha più ne metta! Voglio aggiungere solamente altre due cose. Ha fatto parte della band death metal Six Feet Under, capitanata dallo storico cantante Chris Barnes (lo possiamo trovare anche nel primissimo album dei Cannibal Corpse, Eaten Back To Life) in più ha lanciato il suo marchio di chitarra, la Solar Guitars. Si può dire che abbia un bel curriculum. Che cosa volete di più? Non si lascia mancare proprio nulla e oggi parliamo del suo primo album solista, Master Of The Universe, un lavoro puramente shred per il nostro caro ed eclettico musicista. Ola Englund, svedese, classe 1981, può vantare di diversi successi, come quello in Rete, ma anche nel campo dell’endorserment: nel 2019 decide di tirare il punto sulle sue doti da chitarrista e pubblicare questo album strumentale.

Partiamo alla grande con la traccia di apertura, “Pizza Hawaii”. Il brano è scorrevole e anche godibile da ascoltare, presentando una buonissima costruzione delle parti musicali. Riff di chitarra solari, assoli non esagerati ma di grande impatto e parti in clean guitar per creare quella sensazione di attesa e poi passare a parti più metal: un brano semplice ma di grande effetto. Passiamo a “Cerberus”, pezzo che cambia genere dall’ascolto precedente. Un brano molto pesante che sfocia a tratti nel technical-death per poi passare a ritmi più thrash, con un connubio di sensazioni strane create dagli arpeggi dissonanti. La chicca del brano sta nell’assolo principale che presenta una parte epica che ricorda il Devin Townsend Project. Ascoltando “Solar pt:1” godranno i veri amanti di musica metal moderna. È un brano di undici minuti che include tantissimi stili, fusion, parti in chitarra acustica, momenti quasi funky, part djent (peripheriane come si suol dire) e molte altre perle, un brano eseguito egregiamente che tutti sapranno apprezzare. Lo scenario si stravolge con “That Youtube Song”, un pezzo che possiamo considerare quasi un tributo ai Metallica dell’era di Load e Reload, condito con parti melodic-death. Ha bisogno del suo tempo per essere assimilata. La seconda parte della canzone più lunga in tracklist, “Solar pt:2”, è anch’essa un brano di undici minuti circa, leggermente diversa, ma senza discostarsi troppo, dalla prima. In questo caso possiamo trovare momenti meno caotici e parti jazz di sassofono rendono il brano romantico e mai monotono. “Slutet på skivan” (lett. “Fine del disco”) e il brano che chiude questo album, song molto variegata, sempre nella maniera in cui Ola Englund ci ha presentato il platter, nella maniera più shred possibile.

Come testé detto, Master of the Universe è un disco molto variegato, dalla grande fantasia e dalle buone idee. In questo full-length c’è tutto quello che il metal moderno può presentare, il guitar work è eccellente e i brani passano da un genere all’altro senza forzature o note di troppo. Questo è Master of the Universe, così come lo descrive perfettamente l’artwork di Costin Chioreanu: un luogo molto strano, quasi tetro, ma che presenta sorprese molto affascinanti.

 

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