Recensione: Með Vættum

Di Tiziano Marasco - 23 Dicembre 2014 - 12:53
Með Vættum
Band: Skálmöld
Etichetta:
Genere:
Anno: 2014
Nazione:
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76

Dopo il sensazionale Börn Loka giunge per gli Islandesi Skálmöld il fatal momento del terzo disco. Fatale nel caso degli isolani perché la storia impone loro una doppia conferma, vale a dire quella della consacrazione definitiva e quella di mantenere intatta la qualità sin qui portata sul piatto nella precedente uscita.

I nostri ci provano e si presentano alla grande con questo Með Vættum introdotto da un artwork di raro spessore artistico (mai che gli Enslaved onorassero i loro lavori di copertine simili – lo so non centra niente, andiamo avanti, n. d. r.) e di un lyric video a favor di chi volesse apprender la lingua di Snorri Sturulson a presentare  Að hausti, composizione semplice ed immediata sulla quale torneremo più avanti.

Venendo alla musica, conferme chiedevamo e conferme abbiamo avuto. Il sound degli Skálmöld si presenta genuino e coerente, vale a dire un viking metal sobrio, compatto e vario, che ben dosa  reminescenze heavy, black, cori da birreria e qualche spruzzata di folk qua e là.

Un elemento che colpisce è la straordinaria alchemia delle voci, dato che quasi tutti i sei componenti si alternano dietro ai microfoni. Ma risultati sorprendenti vengono raggiunti nei duetti tra il growl gutturale di Björgvin Sigurðsson e lo scream più acuto di Baldur Ragnarsson, in particolare nella opener Að vori e nel già citato teaser Að hausti, due pezzi  semplici e diretti caratterizzati in ambo i casi da un ottimo groove.

Sì era comunque parlato di varietà, che pur non riguarda tanto le soluzioni sonore quanto quelle compositive. A brani tesi e tirati come quelli testé detti fanno da contraltare composizioni lente e maestose, come Að sumri (forse la migliore, con il suo incedere lento eppure poderoso), la Með drekum, che non è nulla di speciale, ma in chiusura mette in mostra un lamentoso giro di chitarra da brividi, e la conclusiva Með griðungum, una summa del disco intero.

Ancora, impossibile non citare Með fuglum, una canzone frammentaria ma che aggiunge sapientemente passaggi di puro folk. Questo è quanto, le altre tracce svolgono bene il loro compito ma non aggiungono nulla di che ad un disco senza sbavature, ineccepibile a livello compositivo ma forse emozionalmente un po‘ avaro.

Insomma, dopo aver volato alto gli isolani scelgono di non strafare e battere sentieri già percorsi, raffinando una formula vincente. Ne vien fuori Með Vættum, un disco molto buono, anzi, un disco senza alcuna imperfezione stilistica, seppure un po‘ legato. Un disco che non può dare agli Skálmöld la palma di miglior gruppo d’Islanda (i Sólstafir sono al momento un drakkar inaffondabile) ma che conferma la maturazione di questa ottima band e ne  mantiene saldo il posto nel sempre più variegato Valhalla del viking metal odierno. 

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