Recensione: Meanwhile, Back In The Garage

Di Francesco Maraglino - 15 Luglio 2018 - 10:58
Meanwhile, Back In The Garage
Etichetta:
Genere: Hard Rock 
Anno: 2018
Nazione:
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78

E’ un periodo di grande attività e riscoperta, questo, per il buon vecchio “nonno” Graham Bonnet, il vocalist che ebbe l’onere e l’onore di sostituire (con grande successo) Ronnie James Dio nei Rainbow, e che ha nel suo curriculum anche Alcatrazz (con gli allora giovani virgulti Yngwie Malmsteen e Steve Vai), Impellitteri e Michael Schenker Group. Tra dischi nuovi, ristampe, live (da ultimo “Live… Here Comes The Night”), ed un bel disco di inediti, “The Book” , infatti, il cantante, peraltro riconoscibile tra mille anche per il suo look alla James Dean in mezzo a ruvidi metallari tutti demin and leather e chiome fluenti, torna con un nuovo disco di inediti.

“Meanwhile, Back In The Garage”, il recente platter, sempre in uscita per Frontiers, è pubblicato anche con un allegato DVD (Live From Daryl’s House 2018, catturato nel locale di una metà del celebre duo Hall & Oates – chi ha l’età del vostro recensore sa bene di chi parlo), quasi che si senta la necessità (a torto), di puntellare il nuovo repertorio con l’ennesima riproposta di classici. Non possiamo recensire il DVD, non disponibile come promo per il vostro recensore, ma possiamo dirvi tutto del CD d’inediti. Il quale, lo diciamo subito, sa proprio di disco vero, composto e suonato (come il titolo lascia intendere) da una band vera tutta insieme nello stesso luogo (e non in modalità teleconferenza – quando va bene – come purtroppo si usa ora).

Proprio a proposito della band, ecco a voi la fidanzata-bassista Beth-Ami Heavenstone (la quale, Dio – quello dei due che preferite – la benedica, pare essere il trigger per la nuova giovinezza artistica del nostro), il prode Jimmy Waldo (toh, chi si rivede, proprio quello dagli Alcatrazz) ai tasti d’avorio, e Mark Benquechea alla batteria. Alla sei-corde, poi, troviamo Joey Tafolla, lo shredder di casa Shrapnel, il quale suona dappertutto tranne che in Livin’ In Suspicion , nella quale si esibisce, invece, Kurt James. I due axemen sono tanto virtuosi ed altrettanto  audaci da non aver timore di inanellare riff, assoli ed arpeggi al servizio di chi ha affiancato nel passato alcuni semidei della chitarra metal).

E le canzoni? Sono tutte di ottimo livello, piene di grinta e allineate allo stile/agli stili che hanno portato fortuna in passato al signor Bonnet.

Certo, c’è qua e là qualche brano un po’ più “debole”, come Heading Toward The Light (un pop rock un poco faticoso) o superfluo pur se ben eseguito (come We Don’t Need Another Hero , una cover fiera ed efficace di una canzone celeberrima, o la bonus-track  Starcarr Lane,  versione dal vivo della canzone degli Alcatrazz) o ancora con qualche forzatura (la citata Livin’ In Suspicion, midtempo orecchiabile tra pop, soul e inconsuete influenze bowiane) e, infine,  The Crying Chair (ballata intensa che ha il suo punto di forza nel mix tra chitare acustiche ed elettriche ed in cui la voce vince con l’interpretazione qualche fatica e qualche lieve stridore).

Nel complesso, però, l’album è stracolmo di canzoni efficaci, pervase dalla grinta da vendere e quasi da ragazzino del leader, e di una band che gira a dovere.
Proprio tra i brani più riusciti, sono da citare The House (solenne e melodico “slow ma non troppo”, puntellato da una pregevole chitarra e da una magistrale interpretazione, complessa e carica di soul), Man On The Corner (con spunti compositivi teatrali o da musical rock), Sea Of Trees (canzone dinamica, nervosa, e scandita da chitarre scatenate tra riff ed assoli) e, infine, America…Where Have You Gone? (epica, solenne, fiera ed appassionata).

Tra gli altri highlight ancora più tipicamente nel solco del repertorio passato di Bonnet, ma sempre entusiasmanti, ecco scintillare Long Island Tea, un uptempo contrassegnato da tastiere infiammate in omaggio a Deep Purple/Rainbow, Incest Outcest U.S.A. , dall’ irresistibile chorus e dall’incedere in chiave di melodic hard rock venato di chitarre aggressive, Meanwhile, Back In The Garage, dai  vorticosi riff circolari di chitarre e  dalle tastiere ancora una volta molto presenti e dal canto caratterizzato dal timbro inconfondibile, come se il tempo non fosse passato.

The Hotel, ancora, è un altro uptempo melodic-rock con protagonista sempre l’avvincente chitarra, senza freni tra riff e svisate, ma anche una sezione ritmica che picchia duro per il ludibrio di fans di Rainbow e Alcatrazz, mentre Past Lives è class rock fluido e gradevole il cui titolo potrebbe essere il suggello a questo lavoro di hard rock classico ma sempre vitale.

In sintesi, tra energia ancora straripante, buona qualità del songwriting, e un canto ancora efficiente e proposto con una spavalderia da giovanotto, Graham Bonnet offre con “Meanwhile, Back In The Garage”, coerentemente col proprio background artistico, un approdo sicuro ai nostalgici di un certo glorioso hard rock del passato, senza offrire nulla di nuovo o memorabile, ma anche ben poco (o quasi nulla) da criticare.

Francesco Maraglino

 

 

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