Recensione: Medusa

Di Filippo Benedetto - 14 Luglio 2004 - 0:00
Medusa
Band: Trapeze
Etichetta:
Genere:
Anno: 1970
Nazione:
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88

Glenn Hughes, mitico bassista e cantante,  non è stato soltanto uno degli illustri componenti della “family tree” dei Deep Purple ma anche un essenziale elemento di una band tra le più interessanti del panorama hard rock di marca britannica. Parliamo dei Trapeze, gruppo costituitosi sul finire degli anni sessanta ad opera dello stesso Hughes insieme a Mel Galley (ex Red Caps) e Dave Holland (drummer prima membro dei Pinkerstons Assorted Colors” che poi passerà nelle file dei primissimi Judas Priest). Fin dal debut album, intitolato semplicemente “Trapeze”, il combo si distingue per la capacità  di saper miscelare sapientemente una gamma di stili musicali differenti, passando dal funk rock al rock classico con discreta “poliedricità”. La seconda prova discografica del gruppo, “Medusa”, incrementò il già buon successo ottenuto con “Trapeze” permettendo alla band in seguito di imbarcarsi in un fortunato Tour negli States. L’ascesa al successo del gruppo culminò con la produzione del terzo full lenght, “You’re the music… we’re just the band”, che ne consolidò ulteriormente la fama.
“Medusa”, l’album qui oggetto di recensione, risulta essere emblematico per capire quanto fortunata e fruttuosa sia stata, per l’hard rock in generale e per la carriera di Hughes in particolare, la miscela di hard rock e funk che tanti proseliti ha conquistato in trent’anni di rock.

Ad aprire il disco è l’energica e vitale “Black Cloud”, brano dove si distingue egregiamente “the voice of rock”, Mr Glenn Hughes. Non è soltanto la prestazione vocale di Hughes ad imporsi in tutta evidenza all’ascoltatore, ma colpisce particolarmente il grande affiatamento  tra i tre musicisti che danno prova di classe esecutiva indiscutibile. La successiva “Jury” sposta concentra l’attenzione dell’ascoltatore su atmosfere cupe, tratteggiate da un riffing dall’incedere drammatico e quasi minaccioso. Lo sviluppo del brano alterna un drumming cadenzato a momenti in cui la sezione ritmica accelera leggermente la metrica conferendo al brano maggiore forza d’impatto. Molto ben costruito è l’assolo, che aggiunge ulteriore “pathos” al tutto. “Your love is alright” strizza l’occhio invece a funk, regalando all’ascoltatore uno dei migliori episodi del disco. Il pezzo viene introdotto da un vivace riff d’apertura sorretto da un drumming puntuale e pieno di brio. Anche in questa song la prestazione di Hughes si fa notare piacevolmente per grinta espressiva. A seguire “Touch my life”, introdotta da un morbido riff (quasi sussurrato direi) creando una magica suspense, si qualifica per l’alternarsi perfetto di parti soffuse a momenti di più energico impatto. Molto importante è il ruolo delle vocals che si innestano bene lungo queste linee melodiche. Ben costruiti  i solos che contribuiscono a compattare il sound del brano. Con “Seafull” è il blues a dominare in tutta la sua fascinosa melanconia. Qui la band , abilmente, crea melodie riflessive non prive di tinte lievemente drammatiche. Veramente emozionanti risultano essergli assoli  che aggiungono, insieme alle vocals quasi straziate di Hughes,  un tono di teatralità affatto superflua. “Makes you wanna cry” approfondisce il “discorso blues” affrontandolo da un’angolatura differente, privilegiando ritmiche di più efficace impatto (pur se sempre impostate su tempi medi). Quest’episodio ricorda per certi versi alcune sonorità tipicamente “whitesnakiane”, ma il tutto non urta affatto l’orecchio facendosi ascoltare piacevolmente fino a conclusione. In chiusura troviamo la title track, “Medusa”, introdotta da un accattivante arpeggio semiacustico che poi lascia spazio ad un vigoroso riffing elettrico. Da qui in poi la track si caratterizzerà per un drumming cadenzato e pesante, sul quale si stenderà un riffing pesante e dai toni cupi. Sicuramente questo conclusivo episodio risulta essere il più articolato del platter, essendo in sostanza costruito sul contrasto “cromatico” di sonorità di più duro impatto e melodie più “raffinate”. Non può mancare anche in questo caso una nota di merito all’ugola di Hughes che squilla come non mai, risultando elemento trascinatore del resto degli strumenti.

L’hard rock degli anni settanta, per concludere, forse è stato il periodo musicale più prolifico per il rock e per l’hard rock in particolare. Questo “Medusa” dei Trapeze ne è un’ulteriore ed evidente dimostrazione. Rock on!


Tracklist:

1. Black Cloud
2. Jury
3. Your Love Is Alright
4. Touch My Life
5. Seafull
6. Makes You Wanna Cry
7. Medusa

Line Up:

Glenn Hughes (vocals, bass)
Mel Galley (guitar, background vocals)
Dave Holland (drums)

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