Recensione: Metal Galaxy

Di Alessandro Marrone - 11 Ottobre 2019 - 7:00
Metal Galaxy
Band: Babymetal
Etichetta:
Genere: Alternative Metal 
Anno: 2019
Nazione:
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78

Punto primo: ho già aperto l’ombrello in vista dei numerosi improperi che mi staranno piovendo addosso. Punto secondo: Metal Galaxy è un album fantastico.

 

Ok, aprire TrueMetal.it e trovarsi una recensione di una band capitanata da due giovani ragazzine giapponesi che ballano e cantano come nella migliore tradizione manga sopra a basi metalleggianti potrebbe far storcere il naso ai più, ma ricordate che uno dei valori più importanti e imprescindibili del nostro amato heavy metal è proprio la libertà di non doversi porre alcun tipo di barriera, quella di poter essere se stessi e – questo valeva sicuramente di più almeno 30 anni fa – andare contro ogni tipo di tendenza, rovesciare i preconcetti e dimostrare che c’è sempre un mondo che non aspetta altro che essere scoperto, o come in questo caso una vera e propria galassia. Si chiama Metal Galaxy ed è il terzo album del trio Babymetal, adesso rimasto un duo, dopo che Yui ha lasciato le fila della band, ormai capitanata da Su (Su-metal) e Moa (Moametal). Era il 2014, quando queste ragazzine hanno – volente o nolente – scosso la comunità metallara e a distanza di cinque anni il loro seguito è cresciuto enormemente, sino al punto di riempire le arene e condividere tour con nomi del calibro di Metallica e Judas Priest. Ci sarà pure un buon motivo, giusto? E’ quello che si chiedono in molti, ma che per un motivo o per l’altro si preferisce quasi ignorare e mantenere le distanze, quasi come se avvicinandosi troppo al fuoco di queste due adolescenti ci fosse pericolo che la nostra armatura da “difensori della fede” possa diventare talmente incandescente da costringerci a morderci la lingua. Il fatto è che le loro performance in sede live, ormai affiancate da musicisti in carne e ossa (e che musicisti!) sono coinvolgenti come nella migliore tradizione giapponese (vi siete mai chiesti come mai la maggior parte dei dischi live siano stati registrati nella terra del sol levante), dove oceani di persone si lasciano trascinare dalla melodiosa ed estremamente musicale voce di Suzuka Nakamoto (Su-metal) e dalle coreografie che vengono gettate in pasto a una folla in visibilio. Il motivo? La loro musica crea dipendenza.

 

Queste Metal Pukka sanno il fatto loro e la produzione cristallina di Metal Galaxy non fa altro che accentuare un sound corposo e tronfio di contaminazioni, le quali però non si limitano a caratterizzare il sound generale del disco, ma piuttosto a imprimere a fuoco la loro identità attraverso 14 brani che nonostante possano sembrare completamente scollegati l’uno all’altro, mantengono un filone logico che pesca a 360° in ogni tipo di musica, fondendolo ai tradizionali stilemi heavy metal fatti di ritmiche serrate e chitarre solide come la roccia. Un’ora di musica che vola via come il vento e che riesce nel difficile compito di soddisfare un ascoltatore curioso e lasciare di stucco quello che sino a qualche minuto prima non era altro che un detrattore che ignorava la vera identità di questa banda di piccole pesti.

 

Le Babymetal sanno il fatto loro (oppure hanno dei manager che meritano sino all’ultimo centesimo del proprio stipendio) e se ne escono con brani che non superano i 3-4 minuti di durata, scaricando una dozzina abbondante di cartucce fatte e finite, pronte per essere ascoltate in loop, lasciandoci approfondire ad ogni ripetizione quanto la voce di Su sia in grado di trascinarci dalla prima all’ultima nota. Da Da Dance apre a tutti gli effetti questo Metal Galaxy con un tiro notevole, una prova di forza vocale mica da ridere e un ritornello che anche se provi in tutti i modi a sbarrargli la strada, ti entra nel cervello sin dal primissimo ascolto. Passando per l’esplosiva Elevator Girl arriviamo a Shanti Shanti Shanti e qui le Babymetal inseriscono atmosfere orientaleggianti in un contesto veloce e altrettanto orecchiabile. Sono moltissime le collaborazioni illustri su questo album e giusto per citarne qualcuna troviamo Joakim Brodén dei Sabaton nella successiva cavalcata heavy Oh! Majinai, mentre la bellissima Brand New Day è valorizzata dai chitarristi Tim Henson e Scott LePage dei Polyphia, che ci regalano anche un bellissimo assolo verso fine canzone. Mentre si prosegue con l’aumentare l’inserimento di qualsiasi elemento solitamente estraneo al mondo metal, arriviamo alla ruvida Distortion, dove Alissa White-Gluz (Arch Enemy) fa da contraltare alla delicata voce di Su. E l’avete sentita Pa Pa Ya!! ? No davvero, l’avete sentita? (non avrei mai creduto di dirlo). Il rapper F. Hero si getta nella mischia e sposta ulteriormente Metal Galaxy ancora più lontano da terreni tradizionali, ma del resto cosa mai ci sarà qui di tradizionale?!

Canzone dopo canzone, entrare nel mondo Babymetal è più facile a farsi che a dirsi e arriviamo così a Starlight, una ritmica di caratura quasi djent, un corridoio per le ultime due canzoni, le uniche che arrivano alla soglia dei cinque minuti. L’ultima traccia – Arkadia – potrebbe quasi ricordarvi i Dragonforce con la sua velocità e il carisma di una linea vocale ricercata, mentre la penultima canzone – Shine – è quella che sembra incarnare più di ogni altra (e forse anche l’unica a farlo realmente) quello che sembra voler essere il personale sound Babymetal. Mi spiego meglio: se dall’inizio alla fine sembra di viaggiare su un binario che ci lancia attraverso una carrellata di contaminazioni heavy, pop, etniche, rap e tanto altro, in questo brano si respira un’atmosfera differente e che possiamo definire più interiore, più personale. Non si guarda altrove stavolta, ma si procede con la sicurezza che ci saremmo aspettati di trovare arrivati a questo punto di un viaggio estremamente divertente e che dimostra che c’è anche il momento per essere seri.

 

Metal Galaxy non è un album da sottovalutare, proprio come non lo sono le Babymetal. Nonostante non reputi che cambieranno il mondo del metal o che possano in qualche modo influenzarlo più di quanto abbiano fatto sinora, siamo alle prese con un disco ben più che piacevole, creato da un fenomeno che giustamente batte il fatidico ferro sinché è caldo. Un’ora di ottima musica che suona fresca, diversa, imprevedibile e che sfido sappia di “già sentito”. E’ un disco che va ascoltato per poter essere giudicato e se ci si vuole definire metallari, in un mondo metal dove ormai tutti i confini sono stati varcati, dare una possibilità a queste fantastiche ragazzine è doveroso. A quel punto, non avranno bisogno di favoritismi di alcun tipo, perché spaccano di brutto. Raramente capiterà di trovare un disco simile, un così grande calderone musicale che mette al servizio del più puro divertimento l’heavy metal in diverse sfaccettature e alcuni canoni del j-pop di queste idol in grado di fare quello per cui un artista vive, ovvero intrattenere le persone. E se tre giovanissime (adesso due) trascinano centinaia di migliaia di fan in tutto il mondo, portandosi addosso tutto il peso dei soliti cliché (dai, non fatemeli elencare) che la società contemporanea tende ad addossare alle sorprese di turno, significa che son davvero brave. E fidatevi che lo sono. E dopo questi 57 minuti ne sarete convinti anche voi.

 

Brani chiave: Shanti Shanti Shanti / Brand New Day / Pa Pa Ya!! / Starlight / Shine

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