Recensione: Metalusion

Di Massimo Ecchili - 21 Aprile 2011 - 0:00
Metalusion
Band: Glen Drover
Etichetta:
Genere:
Anno: 2011
Nazione:
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72

E così neanche Glen Drover ha resistito alla tentazione di uscire sul mercato con un solo album. Ben supportato dalla sempre attenta ed attiva Magna Carta, il chitarrista, noto per essere il membro fondatore (assieme al fratello Shawn) della power band canadese Eidolon, per aver suonato un paio d’anni con King Diamond e, ben di più, per aver resistito ben quattro anni alla corte di Dave Mustaine, mette nel suo primo disco solista tutta la propria esperienza e la propria abilità con la sei corde a tracolla.

Glen, per questo nuovo progetto, si è avvalso della collaborazione di musicisti di tutto rispetto: Jim Gilmour (Saga) alle tastiere, Chris Sutherland (Kim Mitchell) alla batteria e Paul Yee (raccomandato dallo stesso Sutherland) al basso. A questi si sono aggiunti (in alcuni pezzi) una serie di chitarristi, in qualità di ospiti, di assoluto prestigio. Se già questo può bastare a far accrescere le aspettative attorno a Metalusion, difficilmente il contenuto dell’album lascerà qualcuno deluso.

La tracklist è composta da dieci brani strumentali, equamente divisi tra inediti e cover, per una cinquantina di minuti complessivi durante i quali si mischiano metal e fusion e che, grazie anche ad una produzione pressochè perfetta, filano via che è un piacere.
Apertura affidata alla frizzante Ground Zero, ed è subito festa per gli amanti della chitarra; ad accompagnare Drover troviamo, infatti, Chris Poland (ex-Megadeth) e Vinnie Moore (UFO, ex-Vicious Rumors). Ma la vera sorpresa arriva dal misconosciuto Paul Yee: fenomenale l’accoppiata con Chris Sutherland, per una sezione ritmica che riesce ad essere protagonista nonostante le tre asce dovrebbero, in teoria, occupare tutta la scena. In definitiva è proprio quello che non ci si aspetterebbe da lavori di questo genere: una gran bella prova d’insieme, considerando anche l’ottimo Jim Gilmour alle tastiere. Proprio il membro dei Saga spicca nella successiva Frozen Dream, meno pirotecnica dell’opener, ma ugualmente degna e arricchita dalla presenza di Steve Smyth (Forbidden, ex-Nevermore).
La prima delle cinque cover è Egyptian Danza, evergreen di quell’artista fenomenale che risponde al nome di Al DiMeola. Fin troppo scontato dire che non arriva ad eguagliare le meraviglie dell’originale, meglio sottolineare da un lato la scelta delle riproposizioni, che sono quantomeno impegnative, dall’altro il riuscito processo di personalizzazione delle stesse.
Le altre cover sono, nell’ordine, Don’t Let The World Pass You By, in coppia con Fredrik Åkesson (Opeth, ex-Talisman) e Mirage, con Jeff Loomis (Nevermore) del violinista francese Jean-Luc Ponty, The Purple Lagoon e Filthy Habits di quel geniaccio di Frank Zappa. Nessuna ha, ovviamente, la forza delle versioni originali, però va ugualmente lodato il coraggio con il quale Drover ha fatto suoi alcuni pezzi di altri generi, uscendone, in ogni caso, a testa alta. Molto buone soprattutto Mirage, nella quale sono ben conservati atmosfera e groove, e l’acida Filthy Habits, che anche “metallizzata” resta sempre bellissima.
Metalusion è completato da altre tre composizioni inedite: la sognante Colors Of Infinity, con un tema davvero molto intenso, la discreta Illusions Of Starlight, piacevole ma nulla più, e Ascension, brano di grande atmosfera ma che difetta di incisività e, nonostante le buone premesse, finisce per implodere senza lasciare tracce importanti.

Un bel disco, in definitiva, questo Metalusion: ben suonato, ottimamente prodotto e sufficientemente vario nei contenuti. I musicisti che compongono la band sono, come detto, tutti all’altezza, in particolare il meno famoso dei quattro: quel Paul Yee del quale, c’è da scommetterci, sentiremo presto parlare. Gli ospiti, oltre ad avere nomi altisonanti, danno il loro contributo alla buona riuscita dei pezzi nei quali partecipano, dimostrando anche una certa versatilità.
Tutto bene, quindi? Non proprio: innanzitutto i brani inediti, esclusi Ground Zero e Colors Of Infinity, non lasciano il segno; in secondo luogo le cover (suonate benissimo, per carità…) non si legano completamente con gli altri pezzi, dimostrando una disparità tra queste ed i brani scritti da Drover, nonostante anche questi siano tutt’altro che da buttare.
D’altronde si sa: di musicisti che suonano meravigliosamente bene è pieno il mondo, di musicisti che sanno anche scrivere musica eccellente no.

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Tracklist:
01. Ground Zero
02. Frozen Dream
03. Egyptian Danza (Al DiMeola cover)
04. Colors Of Infinity
05. Illusions Of Starlight
06. Don’t Let The World Pass You By (Jean-Luc Ponty cover)
07. Mirage (Jean-Luc Ponty cover)
08. Ascension
09. The Purple Lagoon (Frank Zappa Cover)
10. Filthy Habits (Frank Zappa Cover)

Line-up:
Glen Drover: guitars
Jim Gilmour: keyboards
Paul Yee: bass
Chris Sutherland: drums

Special guests:
Chris Poland and Vinnie Moore on Ground Zero
Steve Smyth on Frozen Dream
Fredrik Åkesson on Don’t Let The World Pass You By
Jeff Loomis on Mirage

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