Recensione: Minas Morgul

Di Alessandro Zaccarini - 21 Settembre 2004 - 0:00
Minas Morgul
Band: Summoning
Etichetta:
Genere:
Anno: 1995
Nazione:
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91

Corre l’anno 1995 e il black metal è una realtà più che concreta. Le braci dell’ormai defunto Inner Circle, sospinte dal vento del Nord, si allargano velocemente verso il resto d’Europa, ove neri fuochi si attizzano uno dopo l’altro. Di queste pire una arde in Austria, pronta ad accogliere la pesante eredità dei grandi padri scandinavi per fonderla con le opere di J.R.Tolkien, tema, al tempo, ancora lontano dalle mode e dall’abuso commerciale di oggigiorno. Il braciere di questa fiamma tenebrosa sono le menti di Silenius e Protector, ovvero i Summoning, duo che prima dell’uscita di questo Minas Morgul, vantava alle spalle (oltre a 4 demo e uno split) soltanto il debut Lugburz, episodio distante dalla dimensione che la band creerà da questo Minas Morgul in poi, quel genere che loro stessi amano definire ‘fantasy black metal’.

I neri cancelli di Minas Morgul si aprono con Soul Wandering, un intro sinistro ed ossessivo che conduce a Lugburz, traccia composta dalla band nel 1994 e presente sull’omonimo demo. Si tratta di un pezzo profondamente tetro e minimalista, con una parte di batteria lacerante e i tuoni che scandiscono il lento incedere del riff fino al cambio di ritmo verso il finale dell’episodio. La successiva Passing Of The Grey Company si presenta invece con un intro fortemente folkeggiante e dal sapore inaspettatamente lontano dalle oscurità dell’opener. La melodia verrà poi sorretta dal riff distorto, creando quello che sarà il tema principale di tutto il pezzo. La genesi di Morthond, la Radice Nera, è dettata dalla voce di Protector, che strisciando come le nere acque nel letto di Cepponero, dirette verso Dol Amroth, sussurra malignamente su tastiere lente e cupe. Il ritmo si innalza e diventa traino per un riff decisamente epico che si placa per un break a base ancora di lente parti di tastiera nella parte centrale del brano, per poi riprendere in tutta la sua foga fino a ritrovare per la terza volta le tastiere, tra le quali la composizione muore. Marching Homewards procede lenta, dominata da una batteria profonda e cadenzata, e come una vera e propria marcia avanza dettata da passi pesanti e rimbombanti. Particolare è l’impatto con il riff, che insolitamente presenta richiami mediterranei. Assolutamente spiazzante è Orthanc, la torre del cerchio di Isengard, una strumentale di poco più di un minuto fatta di un ritmo e una melodia orientaleggianti che possono ricordare qualcosa di tribale o elettronico. Ungolianth, colei che portò rovina agli alberi di Arda, è la protagonista dell’omonimo pezzo. Siamo di fronte a un manifesto di ciò che sono i Summoning in questo Minas Morgul: una composizione fredda, ossessiva, con una batteria penetrante e abissale, un riff cadenzato e uno screaming lancinante di Protector. Dagor Bragollach, la battaglia della Fiamma Improvvisa, quarta delle grandi guerre del Beleriand, si apre con una melodia di tastiera che va incupendosi fino all’arrivo del vero punto forte del pezzo: le linee vocali spettacolari, terribilmente laceranti e cavernose. Through The Forest Of Dol Guldur è un viaggio attraverso il Bosco Atro, o meglio nella parte sud, nella quale si erge il Colle di Stregoneria. Episodio più veloce e incalzante di tutto il disco, la traccia si snoda attraverso improvvise detonazioni di batteria e una parte centrale quieta e glaciale. The Legend Of The Master-Ring è la ballata dell’album, con un freddo piano che accompagnato da un sottofondo di tetre orchestrazioni, vive tra partiture malinconiche di sola tastiera ed altre farcite da voce e batteria. Le liriche riprendono i testi del Maestro, raccontando la partizione degli anelli e la profezia delle incisioni. Una cosa concettualmente vicina a quanto fatto dai Blind Guardian tre anni prima, con Lord Of The Rings, in Tales From The Twilight World. Ultimo frammento dell’album è Dor Daedeloth, la Terra d’Ombra, tra le quali desolate lande Morgoth aveva il suo regno nel nord della Terra di Mezzo. Un maestoso epilogo di oltre dieci minuti in cui Silenus e Protector riprendono i temi principali di tutto l’album per un lento, cadenzato e tetro finale all’insegna della epicità più oscura.

Migliore tra i lavori partoriti dai Summoning, Minas Morgul è un disco sublime, pungente ed evocativo, è una lama ghiacciata e lacerante fatta di una forgia semplice e arcana. Come una moneta dalle due facce il disco presenta i tratti somatici del black metal più primitivo e maligno fusi meravigliosamente con indiscutibili tinte epiche e passaggi talvolta dai richiami melodici. Una moneta grezza ma terribilmente preziosa, che merita di comparire nella collezione di tutti i cuori oscuri e di tutti coloro che hanno fatto di antichi eroi e leggende i protagonisti dei propri sogni ad occhi aperti.


Line-up:
Protector – voce, chitarre, tastiere
Silenius – basso, tastiere, voce


Tracklist:
01. Soul Wandering
02. Lugburz
03. Passing Of The Grey Company
04. Morthond
05. Marching Homewards
06. Orthanc
07. Ungolianth
08. Dagor Bragollach
09. Through The Forest Of Dol Guldur
10. The Legend Of The Master-Ring
11. Dor Daedeloth

Alessandro ‘Zac’ Zaccarini

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