Recensione: Misanthropic Slaughter

Di Daniele D'Adamo - 25 Marzo 2011 - 0:00
Misanthropic Slaughter
Band: Hemoptysis
Etichetta:
Genere:
Anno: 2011
Nazione:
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65

La Storia del metal insegna che l’importanza della copertina di un album non è secondaria al contenuto dell’album medesimo. Evitando di addentrarci nelle complicate leggi del marketing, se così non fosse, non si spiegherebbe perché – oggi – circolano così tanti artisti specializzati nella realizzazione di tali espressioni grafiche. La stessa Storia, inoltre, porta con sé esempi di full-length ben realizzati ma irrimediabilmente castrati da cover mal concepite e/o peggio disegnate.

Tutto questo per dire che sotto l’orripilante (in tutti sensi) artwork di “Misanthropic Slaughter” – primo disco degli statunitensi Hemoptysis – si cela un lavoro se non di prima fattura, sicuramente interessante e accattivante. Anche il nome (cioè l’espettorazione di sangue dalle vie respiratorie…) non aiuta, poiché rimanda ad act dediti a gore-grind et similia; mentre i Nostri, invece, mischiano a una robusta iniezione di thrash old school cospicui pizzichi di heavy e di death.

E questo non può che essere un bene: assimilata per bene la lezione impartita dai migliori ensemble che hanno segnato la via del metal, apportare nuova linfa vitale allo stile primigenio aiuta non solo a non dimenticarsi mai delle proprie radici, ma aiuta i neofiti a risalire – con l’aiuto di un’opera moderna – sino a quando thrash prima e death poi comparvero sulla Terra.

Il sound degli Hemoptysis (formatisi nel 2007) ha, per ciò, tutto quanto necessario per eseguire questo salto temporale durante il quale si tiene conto che il presente è il 2011 e non il 1982. Pur essendo una produzione indipendente, “Misanthropic Slaughter” è un lavoro realizzato con cura e professionalità. Il suo suono è pieno e carnoso (“The Cycle”), ideale per comporre canzoni dal gusto un po’ avariato. Anzi, marcio. Il che, ovviamente, va letto come un segno di distinzione e non, come si potrebbe pensare dopo un ascolto distratto, tanto a una manchevolezza o, peggio, a un’incapacità tecnico/artistica dei musicisti. Masaki Murashita e i suoi compagni sanno tenere bene in mano i loro strumenti e sanno come farli suonare ciascuno assieme all’altro (dimenticatevi il sostantivo ‘techno’, però). Sono anche riusciti, impresa niente affatto facile date le premesse stilistiche, a centrare un sound personale e riconoscibile, costruito con una manciata di canzoni godibili e attraenti. Insegnamento, questo, direttamente proveniente dall’heavy metal (“Shadow Of Death”) o, addirittura, dalla N.W.O.B.H.M. (“And The World Dies”); ove ciascun pezzo ha e aveva un inizio, uno svolgimento e una fine (“Impending Doom”). Melodia compresa, ispirazione permettendo (“M.O.D.”).

Murashita canta servendosi di un semi-scream malato e aggressivo tuttavia intelligibile, il guitarwork dello stesso vocalist e di Ryan Miller costruisce delle buone strutture ritmiche (il riff portante di “Misanthropic Slaughter” è talmente ‘bello’ da potersi cantare), rifinite da soli che rimandano, senza con ciò porsi particolari precauzioni, ai sulfurei intrecci degli Angel Witch di Kevin Heybourne (“Hopeless”). Se Sunao Arai e Travis Thune propongono ritmi privi di novità, arrivando tuttavia a lambire i confini dei blast-beats (“Blood Storm”), alcuni inserti di tastiera (“Interlude”, “Hadephobia”, “End Of Sorrow”) regalano al sound quel tocco di modernità che necessitava per non rendere lo stesso esageratamente stantìo.

“Misanthropic Slaughter”, nonostante non ci sia alcuno spunto originale o azzardo innovativo, merita la sufficienza abbondante per la coerenza stilistica con cui è stato composto e per la sana attitudine dei ragazzi di Tempe che, in tal modo, predicano nelle desolate terre dell’Arizona il verbo degli Iron Maiden, dei Venom e dei Death. Un lavoro a uso e consumo delle nuove generazioni e di chi ama tuffarsi nelle impenetrabili nebbie del passato. Una riprova che il metal, e i suoi sotto-generi, sono duri a morire e che, anzi, avranno vita lunga: uno stile musicale, se dimentica le proprie origini, non sarà mai immortale.
 
Daniele “dani66” D’Adamo

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Track-list:
1. Misanthropic Slaughter 4:37
2. Hopeless 5:23
3. M.O.D. 6:19
4. Impending Doom 3:45
5. And The World Dies 4:18
6. Interlude 0:44
7. The Cycle 2:57
8. Blood Storm 5:32
9. Shadow Of Death 4:57
10. Hadephobia 4:14
11. End Of Sorrow 6:37    

All tracks 49 min. ca.

Line-up:
Masaki Murashita – Vocals, Lead/Rhythm Guitar
Ryan Miller – Guitar
Sunao Arai – Bass
Travis Thune – Drums

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