Recensione: Misantropo A Senso Unico

Di Matteo Bovio - 13 Luglio 2004 - 0:00
Misantropo A Senso Unico
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Anno: 2003
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83

Non riuscirei mai e poi mai a definire i Cripple Bastard un sinonimo di qualità: la loro essenza si contrappone a una definizione simile. Con la loro cocciuta intransigenza che sfora oltre il musicale è impossibile intrappolarli nell’esile confine dei propri gusti personali: è forse questo il motivo per cui in passato (e anche con il loro ultimissimo lavoro) non mi sono trovato in sintonia con le scelte musicali di Giulio e compagnia. Ma se mai hanno raggiunto un apice, io sono convinto che questo sia proprio il disco di cui cercherò di parlarvi in queste poche righe.

Disco o manifesto di rabbia e follia? Entrambi. Soprattutto l’episodio in cui, finalmente, i diversi ambienti musicali che hanno da sempre influenzato il gruppo si incontrano in maniera quasi perfetta. Senza porsi problemi di etichette, i Cripple Bastard passano tranquillamente da evidenti contaminazioni punk / hc, a ottimo crust, e ovviamente a grind della miglior specie. Il minimalismo è comunque l’elemento comune, che lega insieme ogni passaggio e che permette alla rabbia di uscire in tutta la sua energia. La sensazione complessiva che lascia il lavoro è quella di velocità estrema, in certi passaggi al limite del caos; una sensazione amplificata dalle metriche spesso utilizzate dal singer, che rendono tale idea come neanche un continuo blast-beat potrebbe fare.

Alcuni dei momenti più punkeggianti li attraversiamo con “Il Sentimento Non E’ Amore” e parti di “Morte Da Tossico“, sinceramente due degli episodi che trovo sottotono (forse per gusto personale) rispetto al resto del lavoro. Al contrario, sono di una intensità disarmante “Il Tuo Amico E’ Morto“, che comunque non maschera le mille influenze hc / punk del gruppo, e la spettacolare title-track d’apertura. Ma questi sono solo esempi, su 16 tracce moltissime sarebbero da considerare. Ad esempio “Non Servire A Niente (E’ La Tua Sorte)“, “Rapporto Interrotto” o “Peso Inutile“.

Vi è poi l’aspetto dei testi da considerare. Innanzitutto sono rigorosamente in italiano; poi, si sa, Giulio non è mai stato politically correct, e anche in questa circostanza si è impegnato per non tradire le aspettative. L’estremismo del gruppo trova espressione anche nelle parole, e devo riconoscere a certi testi di saper tendere un filo tra la rozzaggine e la raffinatezza.

In ogni caso Misantropo A Senso Unico è un album da ascoltare rigorosamente per intero e da considerare nella sua totalità, almeno al primo impatto. Solo così si può gradire la particolare scelta sonora: grezza, ma a suo modo curata, riflesso dell’attitudine del gruppo. Con questo lavoro pare di assistere a un salto nel passato, e forse per darcene una conferma si chiude con “94 x Flashback Di Massacro“, rifacimento del demo di 94 tracce Caught In Your Silence (1993). Bè, se sono una delle poche band estreme italiane conosciute all’estero ci saranno delle ragioni… Una (ma non l’unica) è certamente questo piccolo gioiello. Estremo e strafottente.
Matteo Bovio

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