Recensione: Molly Hatchet

Di Giulio Caputi - 6 Aprile 2004 - 0:00
Molly Hatchet
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Anno: 1978
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87

I Molly hatchet si formarono a Jacksonville in Florida e dopo una lunga gavetta nei locali del sud degli Stati Uniti durata per più di cinque anni, vennero notati proprio per le loro incendiarie esibizioni live dalla Epic, che li scritturò immediatamente. Nel 1978 uscì il loro primo omonimo album, che vedeva il sestetto già perfettamente rodato e con le idee chiare sul tipo di musica da proporre. La soluzione a tre chitarre (Hlubeck, Roland, Holland), in precedenza già sperimentata dai Lynyrd Skynyrd (altro gruppo cardine del genere southern) contribuiva ad accentuare le sonorità marcatamente hard del gruppo. Ciò che distingueva realmente i Molly hatchet dalle altre classiche formazioni del loro genere, era oltre al fatto che il “southern rock” stava attraversando una profonda crisi creativa proprio sul finire degli anni 70 (cosa che non sfiorava minimamente il devastante gruppo della Florida), era anche l’impronta di duri, sporchi e cattivi del rock (dovuta anche ai testi) che tanto piaceva al pubblico del sud degli Stati Uniti, in più se ci mettiamo che le canzoni da loro proposte erano trascinanti e dure come non si era mai visto prima nel Southern allora il successo era assicurato. Un’altra peculiarità era la torrida voce da ubriacone del carismatico singer “Danny joe Brown” autentico marchio doc che rendeva inconfondibili ai primi ascolti i Molly hatchet. La musica era ed è ancora oggi, un pesante rock’n’roll/boogie, mischiato a blues, country, bluegrass e hard rock, quest’ultimo con il passare degli anni ha sempre più dominato la direzione artistica dei Molly Hatchet, tanto da riscuotere un grande successo anche tra i fan dell’heavy metal, stessa sorte toccata poi ai Blackfoot.
“Bounty hunter” apre in maniera energica e convincente l’album e se in studio questa canzone è molto incisiva, nelle esibizioni dal vivo sarà addirittura esplosiva, un “hard’n’roll” trascinante e coinvolgente. Il lavoro certosino delle tre chitarre risalta subito in “Gator country” altro grande classico della band che mostra un incredibile affiatamento, per un gruppo qui al debutto discografico, ma già con una lunghissima esperienza sulle spalle. “Big Apple” rispolverata dalla moderna rivisitazione dei classici nel recente “Loacked and locked” è un rock blues scanzonato che nel testo prende in giro New York ed i suoi abitanti, “Big Apple/Grande Mela” appunto. La quarta traccia “The creeper” è a mio avviso uno dei pezzi migliori dell’album, torrido slow hard rock sudato e sporco con una grande interpretazione di Joe Brown. Con “The price you pay” i Molly recuperano il boogie/rock’roll più frizzante e coinvolgente, ma la riproposizione di “Dreams i’ll never see” di Greg Allman è un vero capolavoro tanto che farà pianta stabile nei loro concerti entrando di diritto in tutte le antologie e “best of” del gruppo, bellissima la parte introduttiva di chitarra e voce che con un crescendo sincopato, finiscono per esplodere in una cavalcata finale mozzafiato. Come al solito avvincente e tecnicamente ineccepibile la prova delle tre chitarre nella ritmatissima “I’ll be running” (anche se la prova della sezione ritmica Thomas/Crump qui non è da meno!) , più sofferta è invece “Cheatin’ woman” altro “Slow rock” pregno di quel sapore alcoolico che solo i Molly hatchet sanno trasmettere. Non poteva non chiudere il platter una canzone scanzonata e divertente come “trust your old friend”, autentico rock’n’roll boogie d’annata!.
“Molly Hatchet” portò il gruppo di Jacksonville immediatamente nei cuori dei fans degli sfortunatissimi Lynyrd Skynyrd (l’anno precedente avevano perso il grande frontman Ronnie van Zant decretando lo scioglimento del gruppo), il testimone fu raccolto nella maniera più naturale dai già veterani Molly hatchet che proprio con questo primo lavoro aprirono un ciclo di cinque album straordinari, avendo il grande merito di accostare due tipologie di fans : quella Southern e quella heavy mostrando, come in questo disco, le loro migliori doti e cioè: grande schiettezza ed immediatezza, perizia tecnica e compositiva e soprattutto la loro familiare immagine di perdenti che invece li trasformerà in uno dei gruppi più apprezzati ed amati della scena hard rock.
Tracklist:

  1. Bounty Hunter
  2. Gator Country
  3. Big Apple
  4. The Creeper
  5. The Price You Pay
  6. Dreams I’ll Never See
  7. I’ll Be Running
  8. Cheatin’ Woman
  9. Trust Your Old Friend

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