Recensione: Moon Omen

Di Stefano Santamaria - 24 Aprile 2017 - 0:00
Moon Omen
Band: MotherSloth
Etichetta:
Genere: Stoner 
Anno: 2017
Nazione:
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75

Barcollante e dissonante ecco l’ultimo lavoro in studio degli spagnoli MotherSloth. Il sound dei nostri è uno stoner dalle cadenze doom, che guarda con interesse ad un rock atmosferico e dalle vibrazioni  psichedeliche

Tutto ciò rende molto dinamico un sound che solitamente non lo è, una leggerezza di intenti che lascia stupiti, e che ci fa galleggiare in un contesto inusuale, ricco di personalità. Energia viene veicolata in caleidoscopici suoni, piramide che come mistica architettura ci accoglie. Noi ne siamo affascinati, coinvolti in un rituale in cui poesia e metafore sublimano in sensi acuiti. Percezioni che si infrangono in un cielo terso, in cui voliamo in uno stato di leggerezza inaspettato, e per questo ancor più gradito. La ricetta di “Moon Omen” è una commistione di elementi monolitici e delicatezza, acustici passaggi di chitarra che ci riportano alla mente Pink Floyd, e che poi scaldano il cuore con approcci blues

Slabbrato e poi improvvisamente eccentrico, genuino e poi incredibilmente sofisticato, il full-lenght è un rito sciamanico tra la natura incontaminata, un’oppiacea esalazione che ci rende estasiati. 

Musicalmente non abbiamo nulla da eccepire, il perfetto equilibrio di tecnica e passione trova in una produzione che esalta ogni sfumatura attitudinale il veicolo ideale. ‘The Firemill’ è uno dei brani che meglio ci parlano del lato più malinconico dei MotherSlot, come se i Radiohead dei primissimi album volessero avvicinarsi al doom, e reinterpretassero il loro rock in una chiave più estrema. 

Ovviamente sono paragoni azzardati, ma ci vuole un prolungato ascolto per comprendere sino in fondo la proposta. Le chiavi di lettura di un disco del genere sono incredibilmente tante, così come le emozioni che si impossessano a volte di noi e che ci rendono unici. “Moon Omen” resta ostico per la maggior parte degli ascoltatori, nonostante indubbie doti melodiche che, come poc’anzi abbiamo detto, alleggeriscono i pezzi in più punti. Da sviscerare fino in fondo, full-lenght  che non tutti apprezzeranno di primo impatto, soprattutto per la complessità e coesistenza di elementi solo apparentemente contrastanti.

Stefano “Thiess” Santamaria

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