Recensione: Morningrise

Di Matteo Bovio - 8 Gennaio 2002 - 0:00
Morningrise
Band: Opeth
Etichetta:
Genere:
Anno: 1996
Nazione:
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90

Per un certo numero di ragioni della più diversa specie tendo a considerare “Morningrise” come il miglior album sfornato da questa band svedese: non per ultimo il fatto che è tutt’oggi quello che ascolto con maggior piacere. Ricordo per chi non ne fosse al corrente che questo è il secondo album degli Opeth. Generalmente tendo ad usare questo “Morningrise” come metro di paragone per le altre loro uscite, considerando il suo suono come il classico suono degli Opeth. Purtroppo (anzi, per fortuna) con le altre produzioni mi è stato ampiamente dimostrato come il suono di questo gruppo non sia definibile in poche righe, ma sia la somma algebrica di ogni istante di ogni loro canzone. La loro capacità consiste anche nel saper spaziare in un’ampia sezione della musica pur mantenendo sempre inalterata la propria personalità: gli Opeth hanno un suono che è loro, unico, ma allo stesso tempo indefinibile.

La complessità dei brani di questo album è paurosa: una prima occhiata alle durate ci rivelerà come dei 5 pezzi neanche uno sia al di sotto dei 10 minuti! E se avete già avuto modo di dargli un breve ascolto, avrete capito come non sia proprio di questo gruppo il ripetersi inutilmente, ma come le loro strutture siano enormemente varie.

Si parte con “Advent”, bellissima per il suo saper evocare atmosfere dolci e melancoliche allo stesso tempo, e per i suoi vaghi richiami al precedente “Orchid”. Verso la fine emerge la vena più progressiva degli Opeth, quella votata un po’ di più alla ricercatezza, senza trascurare tuttavia il suono. Vengono portate avanti nuove proposte, nuove soluzioni, che anche da un punto meramente tecnico-compositivo non possono non essere ben valutate. Finale della canzone quasi del tutto dedicato alle chitarre, vere regine nel mondo degli Opeth, che con un misto di arpeggi e arrangiamenti delicati chiudono il pezzo in bellezza.

Inizia quindi “The Night And The Silent Water”, una delle più belle canzoni mai scritte nella storia della musica: anche dopo infiniti ascolti non posso che adorarla come se fosse la prima volta. Ascoltate con orecchio attento i primi minuti e capirete l’immensità di quel genio che si nasconde dietro al nome di Mikael Akerfeldt! Ha saputo tirar fuori alcuni dei riff più spettacolari di sempre: due chitarre che in un continuo incrociarsi danno vita ad un’armonia perfetta ed esaltante. Voce in growl che segue l’incedere e da ulteriore carica a questa introduzione così corposa. Poi la calma: i suoni delle chitarre ora puliti, così come la voce, ritornano verso melodie più delicate… Anche solo i primi cinque minuti di questa canzone varrebbero a mio parere l’acquisto del Cd intero.

E cosa dire dei 20, dico 20!, minuti di “Black Rose Immortal”??? Io dico una sola parola: orgasmo! Non tanto per la sua lunghezza o per la sua complessità, quanto per la bellezza di ogni sua singola parte. Sono tutt’ora convinto che forse non era necessario far crescere questa canzone come un’unica canzone, ma non è di questo che sta a me discutere; il pezzo tutto sommato si presenta compatto, nonostante la sua durata. Ma se prescindiamo dagli elementi tecnici e andiamo ad ascoltare il contenuto troveremo un mix di emozioni, di momenti di così alta intensità, che capirete perchè sia così difficile trovare chi critica questo gruppo. Suonicchiando per quello che le mie modestissime doti mi permettono alcune parti di questo brano, devo dire in tutta sincerità che in più di un’occasione mi ritrovavo con un nodo in gola; musica che sa emozionare è musica vera.

E che dire poi della conclusiva “To Bid You Farewell”: un pezzo che è un concentrato puro di emozioni, che sembra vivere su esse. Niente growl animaleschi, ma solo clean vocals essenziali e struggenti. Chitarre che prendono le note e le trasformano in sentimento, arpeggi che sembrano voler essere fotocopie di sensazioni. Questa è genialità, e vi obbligo moralmente a dare almeno un’opportunità a questi Opeth perchè avrete solo ed esclusivamente da guadagnarci.
Matteo Bovio

Tracklist
01. Advent
02. The Night And The Silent Water
03. Nectar
04. Black Rose Immortal
05. To Bid You Farewell
06. Eternal Soul Torture (solo sulla ristampa)

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