Recensione: Muistumia

Di Tiziano Marasco - 31 Gennaio 2015 - 0:00
Muistumia
Band: Kauan
Etichetta:
Genere:
Anno: 2014
Nazione:
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75

Ci sono band che, qualsiasi cosa fanno, spandono classe da ogni poro. Non si tratta di band leggendarie, solitamente, è più facile invece che accada con band di culto. Ma no, nella maggior parte dei casi questi gruppi sono di nicchia, conosciuti da pochi. Questo fatto permette loro di tenerli lontano dalle luci del main stream, perché, checché se ne dica, anche il metallo ha un suo main stream. E stando lontani da queste luci, la loro proposta rimane pura, non turbata da influenze esterne, vale a dire che il loro sound peculiare può essere coltivato e curato in ogni dettaglio, senza che poetica ed estetica ne risentano. Ed è questo il caso dei Kauan, per i quali al trascolorare del 2014 è giunto, lo si voglia ammettere o meno, il momento di far cassetta.

Molti complessi, rinomati anzichenò, si imbarcano in discutibili operazioni di mercato che comprendono live, best of e riedizioni. Per i Kauan tale operazione si chiama Muitsumia (in finlandese reminiscenze), e consiste nella riproposizione di brani riarrangiati provenienti dai primi due dischi della band, vale a dir Lumikuuro e Tietäjän Laulu, con l’aggiunta dell’inedito Unsoi. Partendo dall’assunto che gli album originali li avranno sentiti non più di 20 persone attorno al globo, cosa che può giovare ai siberiani-che-cantano-in-suomi, rimane il fatto che Lumikuuro era un capolavoro e Tietäjän Laulu ci andava vicino. A che pro dunque cimentarsi nella difficile impresa di una riedizione?

In primis quello di consolidare e magari espandere un gruppo di fan sparuto, ma cresciuto considerevolmente con l’uscita di Pirut. E magari col fine secondo di far conoscere i primi lavori dei nostri. Operazione riuscita? A sorpresa, bisogna ammettere di sì, ed in maniera più che dignitosa. I pezzi dei due album, prodotti probabilmente con mezzi di fortuna, vengono riproposti con una produzione bombata, iperpulita, eppure sobria e raffinata che rispetta pienamente la poetica dei Kauan. Le differenze da Lumikuuro e Tietäjän Laulu vengono appianate da un lavoro eccellente, che dona alle varie canzoni un sound robusto, virato al doom. Ma soprattutto, il sound è omogeneo, fa sembrare Muitsumia un disco ragionato, fatto e finito, con un capo e una coda.

Certo bisogna dire che manca quella passionalità amatoriale che caratterizza la band alle prime armi ed è spesso il fattore X (non la trasmissione) che fa la differenza tra la marea di sommersi e la band che ha qualcosa da dire. Se poi in episodi come Orkidea e soprattutto Aamu ja kaste, deliziosa nell’esaltazione dei momenti sognanti, si riesce a produrre qualcosa che supera l’originale, non si può che essere soddisfatti del risultato.

Muitsumia nasce dunque con uno scopo ben preciso, vale a dire quello zoccolo di fan che i Kauan si sono conquistati con l’ottimo Pirut. Ne segue le linee sonore, le appesantisce e le pompa, adattandole a due dischi artigianali, fatti con mezzi di fortuna. Il punto fondamentale è che tuttavia, laddove diverse band hanno fallito con operazioni di tal risma (emblematico lo Stormblast dei Dimmu Borgir), i Kauan riescono comunque a creare un lavoro, come si diceva in apertura, di classe, signorile, con una sua ragion d’essere e soprattutto una sua identità. Tant’è che Muitsumia è stato più volte frainteso come il sesto full-length di inediti dei russi, tanto che la stessa band ha pubblicamente smentito la diceria. Sebbene sia una raccolta insomma, qualcosa da consigliare a chiunque non conosca i Kauan. E un po’ anche chi li conosce.

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