Recensione: Murdered

Di Daniele D'Adamo - 27 Ottobre 2010 - 0:00
Murdered
Band: Deus Otiosus
Etichetta:
Genere:
Anno: 2010
Nazione:
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64

Uno dei più gustosi anacronismi che avvengono tuttora in ambito thrash/death è quello riguardante band che, incuranti del tempo che passa, si dilettano a suonare come se fossero immutabilmente inchiodati al magico triennio 1983 ÷1985. Quando, cioè, il neonato thrash si tingeva di nero con i primi scellerati esperimenti di proto-black (Hellhammer, Possessed, Necrodeath). Proto-black che manifestava un’istintiva voglia d’inzuppare l’heavy metal nelle gelide e tenebrose saghe di Ossian, dando all’heavy stesso quei toni oscuri che, poi, generarono anche il death.

E qui s’inseriscono i danesi Deus Otiosus, fautori di un thrash elementare, rozzo e involuto, contenente però gli embrioni del death, oggi rimandati all’old-school. Non a caso la label statunitense che ha inciso “Murdered”, loro album d’esordio, accumuna il combo nordeuropeo a coloro che si cimentavano per primi con “la morte” musicale. A parer mio, invece, sarebbe più corretto mantenerli legati alla grande famiglia i cui capostipiti si chiamano Exodus e Metallica.

Sebbene queste divagazioni storiche – anche opinabili: non stiamo trattando di analisi matematica – possano essere un po’ indigeste, credo che alla fine siano servite all’uopo. Far comprendere, cioè, quale sia la forma del sound proposto dai Nostri.
Tralasciando accuratamente le rifiniture di cesello, il suono del quintetto di Copenhagen è un brutale pugno ferrato, le cui maglie sono disegnate dalla forza dirompente della strumentazione elettrica scevra da effettistica. Malgrado questa filosofia artistica, il groove è caldo e pieno, contrariamente al freddo che accappona la pelle in produzioni simili (a proposito, la resa acustica complessiva del disco è più che sufficiente, nella sua chiarezza, neutralità e profondità).
La fiera fedeltà verso l’ortodossia del metal estremo targato eighties mette in grado la coppia d’ascia Henrik Engkjær/Peter Engkjær di elaborare riff da ribaltare anche un autoarticolato (“I Have Seen Him Slay”), facendo prudere la collottola per l’incipiente voglia di scatenarsi in folli headbanging. Il quattro/quarti «scivoloso» di “Thousand Arms Of The Dead” riporta alle insane atmosfere, per esempio, di “Evil Warriors” dei Possessed di Jeff Becerra.
Se i chitarristi non compiono nessun movimento al di fuori della norma, soli compresi, Anders Bo Rasmussen dimostra un minimo di originalità con il suo growling quasi … sussurrato. Un approccio più morboso che aggressivo, che regala al platter un tocco di piacevole scelleratezza.
“Wall Of Violence” e i brani seguenti si susseguono senza sussulti, omogeneizzati mediante un poderoso e sempiterno mid-tempo, irrobustito dalla doppia cassa di Søren Bentsen («trigger, chi era costui?»). “Ye Pigs Of Little Faith” si trascina senza troppa fretta nel buio di una giornata senza sole, così come le dissonanti armonizzazioni della trascinante “Whore Limbs”. Dopo alcuni episodi piuttosto anonimi, la title-track chiude infine il full-length non scostandosi dal suo mood accigliato e introverso.

Non occorre essere dei geni per comprendere che “Murdered”, escluso per coloro che formano lo zoccolo duro dei metalhead «cattivi» nati artisticamente nella metà degli anni Ottanta, passerà inosservato agli occhi dei più.
Ciò non toglie nulla alla meritevole e genuina attitudine dei Deus Otiosus che, incuranti delle mode, sciorinano in assoluta e completa libertà il loro thrash/death old-school.
Alla faccia di tutti.

Daniele “dani66” D’Adamo

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Track-list:
1. I Have Seen Him Slay 5:40    
2. Thousand Arms Of The Dead 5:06    
3. Wall Of Violence 4:28    
4. Ye Pigs Of Little Faith 5:14    
5. Whore Limbs 4:26    
6. No Life 5:38    
7. Ash World 5:54    
8. Murderer 4:49

Line-up:
Anders Bo Rasmussen – Vocals
Henrik Engkjær – Guitar
Peter Engkjær – Guitar
Søren Bentsen – Drums
Jesper Holst – Bass

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