Recensione: Murderworks (reissue)

Di Alberto Fittarelli - 28 Ottobre 2005 - 0:00
Murderworks (reissue)
Band: Rotten Sound
Etichetta:
Genere:
Anno: 2005
Nazione:
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78

I Rotten Sound sono una piccola sicurezza: in Finlandia non esiste
solo il death melodico o il black più stucchevolmente sinfonico (per non
parlare di power e affini, ovviamente). Sulla scena da una vita, nei limiti di
un gruppo grind, con i primi EP rilasciati alla metà degli anni ’90, i quattro
pazzi di Vaasa hanno lentamente evoluto la propria proposta sino a giungere, con
Exit, ad un ragionevole compromesso tra la loro proverbiale
isteria e soluzioni più groovy, tipiche appunto di una visione del grindcore
figlia di Napalm Death che in questi anni sta cercando nuovi sbocchi.

La Relapse si occupa ora di ristampare quello che forse, ad oggi, è il più
significativo album dei Nostri: Murderworks, uscito
originariamente nel 2002 per la misconosciuta Deathvomit Records, e da subito
considerato come l’apice dei Rotten Sound stessi. Un disco che enfatizza al
massimo le capacità del batterista Kai Hahto, la sua mostruosa
velocità, e vi aggiunge la precisione strumentale che in precedenza era un po’
mancata, visti i tempi super-fast tenuti nel 90% dei pezzi. Su questa release
viene eliminato ogni residuo di rallentamento, ogni parte adatta all’headbanging;
il riffing è perlopiù semplicissimo, come sempre del resto, ma trova un
arricchimento delle strutture con qualche break ad impreziosire brani di puro
grindcore, come Lobotomy. La voce di Keijo Niinimaa è il più
delle volte un urlo folle e lacerante, ma si abbassa molto spesso in un growl
decisamente più funzionale ai brani proposti: inutile saturare l’ascoltatore
solamente con frequenze alte e disturbarlo oltre ogni limite, qui Keijo lascia
da parte questo lato del suo stile – magari affidandolo ad un ospite d’eccezione
come Mieszko Talarczyk (R.I.P.), con cui duetta nella conclusiva Agony.

E la presenza del leader storico dei Nasum, primo gruppo ad
interpretare lo stile Napalm Death in chiave ammodernata, è decisamente
fondamentale per quanto riguarda soprattutto questo passaggio della carriera dei
Rotten Sound: produttore, ingegnere del suono, solista alla chitarra sulla
anomala Obey, nonché appunto guest alla voce, Talarczyk segnò
un modo di proporre un sound che resterà poi a lui, nei pochi anni successivi
di attività, modificare e sviluppare sino ad un disco come Shift,
il più “orecchiabile” mai proposto dai suoi Nasum e che, come sempre,
segnava un passo cui probabilmente le band del filone avrebbero fatto
riferimento, Rotten Sound compresi. Ora sta a loro proseguire una carriera ben
piantata sulle proprie gambe da diverso tempo secondo una linea il più
possibile coerente, ma allo stesso tempo senza spegnersi lentamente nella
ripetizione del già sentito: Murderworks fotografa un momento di
particolare ispirazione, di sicurezza dei propri mezzi e del proprio stile che
la band finlandese ha ora il compito di riproporre con opere nuove.

N.B.: la ristampa, così come l’edizione originale in CD, propone anche 3
videoclip registrati live per i brani Target, Seeds e Strongman
(quest’ultima tratta dall’EP Styll Psycho del 2000); niente di
eccezionale – sia per la qualità visiva che, soprattutto, per quella sonora –
se non per la curiosità di respirare l’atmosfera di un loro live, decisamente
unica.

Alberto ‘Hellbound’ Fittarelli

Tracklist:

1. Targets
2. Void
3. Revenge
4. Lies
5. Doom
6. Iq
7. Insects
8. Seeds
9. Suffer
10. Obey
11. Edge
12. Lobotomy
13. Insane
14. Agony

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