Recensione: My Way [EP]

Di Marco Giono - 22 Gennaio 2016 - 0:30
My Way
Band: Rage
Etichetta:
Genere: Power 
Anno: 2016
Nazione:
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75

 

Come fai a non essere romantico con i Rage? Hanno un profilo meno prestigioso di altre band tedesche nate nello stesso periodo, sono poi l’altra faccia del power metal, infatti al cantato acrobatico degli Helloween dell’era Kiske contrappongono i vocalizzi monolitici di Peavy. A differenza di altre band power metal, nate dello stesso periodo, nessuno sopravvive alla band originaria se non Peavy

Infatti Rage non hanno requie e nel tempo si succederanno diversi musicisti, alcuni di questi segneranno in maniera più o meno marcata la storia del gruppo (mi limito a citare il periodo sotto il monicker Avenger di cui farà per quattro anni anche il leggendario batterista Jorg Michael). Se dovessimo considerare solo i cambi alla chitarra potremmo individuare tre periodi storici che hanno segnato il cammino dei Rage fino al 2015. Infatti si susseguono alla chitarra Manni Schmidt prima con formazione a tre (alla batteria Chris Efthimidias) che darà alla luce tra gli altri a “Secrets in a Weird World”, “The Missing Link” e “Trapped”, poi a quattro con due chitarre Spiros Efthimiadis/Sven Fischer (tra gli altri “Black in Mind”, “End of All Days”, “XIII”). Finisce lì? La formazione si rinnova nel 1999, tornando a tre, con l’accoppiata Smolski alla chitarra, Terrana alla batteria. Terrana dopo circa sei anni viene sostituito da Andrè Hilgeres. Di nuovo nel 2015 mr. Peter “Peavy” Wagner annuncia che la formazione durata 15 anni si scoglie a causa di divergenze non meglio precisate. Peavy è di nuovo solo e deve ricominciare di nuovo tutto dal principio. Come fai a non essere romantico con i Rage?

Se ti guardi indietro non puoi che essere orgoglioso. Hai sbagliato poco o nulla (a mio modo di vedere l’ultimo “21” conteneva qualche brano anche buono, ma complessivamente non all’altezza della restante discografia). Il passato alto di ”Trapped”, “The Missing Link”, “Black in Mind”, “End of all Days” (e non solo) avrebbe potuto prosciugare le forze di qualsiasi altra band, ma i cambiamenti danno nuovo vigore ai Rage e altri album di ottima qualità si susseguono; probabilmente il gioiello della loro ultima decade è “Soundchaser” del 2010

Il 18 giugno 2015 viene ufficializzata la nuova formazione. Leggi i nomi e al momento rimani perplesso. Due musicisti non di fama.  Alla chitarra viene inserito il chitarrista di origini venezuelane Marcos Rodriguez già in forza ai Soundchaser (il tipo è un fan dei Rage, anzi entrambi i nuovi acquisti sono die hard fan di Peavy, vedi il destino) mentre alla batteria viene reclutato Vassilios Maniatopoulos un cantante di origine greca o meglio è anche un tecnico delle percussioni e allievo batterista di Christos Efthimidias, amico di lunga data di Peavy e attuale batterista sia nei Refuge che nei Tri State Corner. Una formazione scelta con per ritrovare l’essenza dei Rage e non i lustrini che servono troppo spesso solo a esaltare le folle. I Rage in versione Die Hard.

La nuova formazione dei Rage viene da subito messa alla prova in un tour celebrativo del trentesimo anniversario dalla pubblicazione di “Black in Mind”. Nel frattempo viene sia annunciato un tour per il 2016 di spalla agli Helloween che il rilascio di un nuovo album in maggio e ad anticiparlo è un EP intitolato “My Way” e la title track è l’unico brano inedito a fare da biglietto da visita ai Rage 4.0

Senza ulteriori indugi… L’EP contiene due tracce tratte da “Black in Mind” riregistrate: la title-track e “Sent By Devil”.  Cambiano i suoni, le distorsioni si saturano mentre il cantato di Peavy risulta più pulito. I Rage aggiungono dei cori, presenti anche nella versione originale, qui però i ritornelli fanno da contrappunto alla voce di Peavy in maniera più marcata. L’insieme non mi ha convinto. Non è che per forza l’originale debba essere meglio, però toccare dei brani storici è sempre operazione difficile e ingenera reazioni sempre veementi proporzionate in genere all’importanza del disco in questione.
Veniamo al dunque…La nuova traccia intitolata “My Way” vede un ritorno dei Rage ad uno stile prettamente classico che ha dimenticato certi pseudo modernismi di “21”, voci in growl o distorsioni troppo sature. Il riffing iniziale e in generale il lavoro di chitarra/batteria risultano rocciosi il giusto alternando poi passaggi acustici a riff che in qualche modo richiamano, sopratutto nell’impostazione, il periodo metà anni ’90 dei Rage. Di buona fattura anche l’assolo di chitarra di Rodriguez che ricama note classiche senza eccedere in eccessivi personalismi. Il tutto viene poi impreziosito anche da qualche stacco di basso nel classico stile del buon Peavy. Il brano decolla quando la voce di Peavy prende parola tracciando una melodia che convince da subito riuscendo ad entrarti in circolo velocemente ed in modo definitivo. Come succede di solito con i Rage.
L’EP si chiude con “Apuesto Ganar” che Google Translate traduce con “Scomessa Vincente”, ma si tratta sempre di una versione in lingua spagnola di “My Way”. Quella così lì. Folclore, ma neanche malaccio a dire il vero. 

In sintesi l’EP intitolato “My Way” è il biglietto da visita dei nuovi Rage. La title track infatti sarà inclusa nel nuovo album ed è un ottimo brano che dal vivo ha di certo le carte in regola per fare davvero alla grande (anche su disco se la cava più che bene). Non rimane che aspettare l’album in uscita a maggio e nel frattempo canticchiare con Peavy “…it’s my way or no way at all!”. Come fosse possibile fare diversamente o forse si… ”…un sueno, un sientimento. Apuesto a Ganar!”

 

MARCO “Krefeld” GIONO

 

 

 

 

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