Recensione: Nadir

Di Emanuele Calderone - 1 Maggio 2012 - 0:00
Nadir
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Anno: 2012
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81

Sono anni che l’Australia sta partorendo band di grande spessore artistico. La scena estrema del paese, a conti fatti, è una di quelle che gode di miglior salute: lo hanno dimostrato i Psycroptic con il discreto “The Inherited Repression”, ma anche gli Alarum con lo splendido “Natural Causes”, senza dimenticare i Beyond Terror Beyond Grace con il loro “Nadir”.
Questi ultimi nascono nel New South Wales, più precisamente a Sydney, nel 2004, da un’idea del chitarrista Ben Schueler, al quale si affiancano Barton Ware al microfono,  Alex Nicholson al basso e il batterista Steve Smith.
Dopo il buon “Our Ashes Built Mountains”, album datato 2010, il cantante e Schueler decidono di separarsi dal gruppo per prendere altre strade; i due vengono sostituiti rispettivamente da Blake Simpson e Scott Heldorf.

Tornati a calcare le scene dopo un biennio di silenzio, i Nostri, con il nuovo “Nadir”, compiono finalmente il tanto agognato salto di qualità, componendo un lavoro raffinato, maturo e dotato di un fascino ipnotico. Musicalmente il quartetto si allontana sensibilmente dal death/grind che aveva caratterizzato le precedenti uscite, optando per un approccio più vicino a una sorta black/death metal atmosferico. Il risultato richiama alla mente il meraviglioso “The Destroyers of All” degli Ulcerate.
Gli arrangiamenti denotano una cura certosina e nulla sembra lasciato al caso; il livello del songwriting è piuttosto elevato, così come la prestazione strumentale offertaci, praticamente inappuntabile. Grazie al supporto della Willowtip Records, il full-length può anche vantare una qualità di registrazione ottima: la pulizia dei suoni esalta la perizia tecnica con la quale i ragazzi affrontano le canzoni.

Strutturalmente i sette pezzi qui contenuti risultano sufficientemente articolati e complessi, nonostante la band non ricorra mai a virtuosismi fini a sé stessi; tale scelta facilita il processo di assimilazione del disco, che altrimenti risulterebbe fin troppo ostico.
Già da un ascolto preliminare si nota che, pur avendo puntato molto sull’aspetto emozionale, la musica degli australiani non perde nulla in quanto a violenza: le ritmiche compatte e varie, unitamente al riffing ossessivo, possente e brutale di Scott e allo scream di Blake, conferiscono all’opera un’aria malata e sinistra.
I brani si susseguono uno dopo l’altro, senza lasciare un attimo di respiro all’ascoltatore: passaggi taglienti come lame si alternano ad altri più malinconici, dalle tonalità grige. Ecco che si passa dunque dalla brutalità atmosferica dell’introduttiva “Dusk”, al nervosismo, a tratti isterico, degli 8 minuti e 52 secondi di “Throatless Sirens”. Il meglio arriva quando i nostri decidono di scindere l’anima più estrema da quella più “delicata”: ci ritrova così letteralmente travolti da “Requiem for the Grey” e da “The Blood of Time”. Nella prima riemergono prepotentemente echi di “ulceriana” memoria a cui si faceva riferimento in precedenza, sottolineati dalle numerose dissonanze. Nella seconda si notano richiami al doom/death più raffinato e mesto. Proprio riguardo a “The Blood of Time” è doveroso spendere qualche parola in più: il pezzo rappresenta senza ombra di dubbio il momento migliore dell’intera tracklist. L’ottimo lavoro di batteria, che stavolta scandisce tempi più cadenzati, sostiene un riffing decisamente più melodico, sul quale si adagia la voce disperata di un Simpson in grande spolvero. Il risultato ha dello strabiliante, tanto è il dolore che la traccia riesce a comunicare.
In questo quadro pressoché perfetto non stonano neanche la strumentale “Nadir”, nella quale riaffiorano passionali reminiscenze dal vago retrogusto post-rock e la conclusiva “Pathea”, brano dai connotati ambient, che funge da perfetta conclusione.

Se proprio vogliamo scovare il pelo nell’uovo, qualche piccolo difetto, va ammesso, c’è: talvolta, ad esempio, si ha come l’impressione che i Beyond Terror Beyond Grace perdano un poco la bussola e si dilunghino troppo su talune divagazioni strumentali.
Anche la copertina non soddisfa affatto: le tonalità cromatiche e la grafica paiono quanto mai inadatte al mood del full-length. In fin dei conti comunque, sono peccati minori, che non riescono a influire negativamente sul voto finale.

“Nadir” è un cd in grado di esercitare una profonda e sinistra fascinazione sul pubblico metallico, grazie alle sue sonorità estreme ma allo stesso tempo così ricche di passione. Dedicato a svariate tipologie di ascoltatori, questo disco rappresenta, ad oggi, la miglior prova di un gruppo, i Beyond Terror Beyond Grace, che ha dimostrato ampiamente ciò di cui è capace.
Lo dicevamo all’inizio, sono anni che l’Australia sta partorendo band di grande spessore artistico e questi ragazzi ne sono solo l’ennesima conferma.

Emanuele Calderone

Tracklist:
01- Dusk
02- Requiem for the Grey
03- Throatless Sirens
04- Nadir
05- Embracing Null
06- The Blood of Time
07- Pathea

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