Recensione: Nameless Crime

Di Enzo - 25 Maggio 2003 - 0:00
Nameless Crime
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Anno: 2003
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78

I Nameless Crime sono una giovane band napoletana che è giunta finalmente dopo un demo (leggi la recensione del demo) e numerosi lavori al tanto atteso ed ambito traguardo del debut album. Il disco si presenta subito molto bene, la confezione è molto curata e la grafica che contorna il lavoro è davvero ottima, anche l’occhio vuole la sua parte e questo è bene mai dimenticarlo. Ma partiamo subito all’ascolto del lavoro. E’ risaputo che la band in questione è molto influenzata da gruppi quali Metal Church o Vicious Rumors, band importantissime per tutto il movimento US-Power. Un power metal ben lontano da quello suonato da decide di band attuali che sembra avere tutto tranne che potenza.
Ma partiamo subito con l’analisi del sico. Un’intro ha il compito di aprire il lavoro, lavoro che comincia veramente con il primo vero pezzo del lotto, Neuropathy e non ci potrebbe essere opener più azzeccata di questa irruenta e veloce fast song per racchiudere lo spirito dei Nameless Crime. Riff pesanti, muro sonoro d’impatto e una potentissima costruzione strumentale danno il via ad un disco che si preannuncia fare della pura potenza metallica la sua arma vincente. Le linee vocali sono valide, la voce del singer, anche se migliorabile, è adattissima al sound che i Nameless Crime vogliono riproporre, un power/thrash metal di chiaro stampo americano anni 80. Ottima anche la seguente Last Tears Of The Blind di memorie a tratti marcate Overkill; il muro chitarristico composto dal duo Ruggiero/Tuccillo irrompe potente accompagnando questo brano dal refrain trascinante e travolgente. Accellerano leggermente i ritmi nella seguente Psycho mad che si attesta ad essere uno dei pezzi più riusciti del disco. Il brano è più meditato e meno immediato rispetto ai precedenti, con addirittura un mitico assolo all’interno. La title track Nameless Crime, è caratterizzata ancora una volta da riff pesanti e potenti mentre la seguente Railways To The End si attesta ad essere un’altra hits del disco, una fast song resa mitica proprio in virtù della costruzione melodica molto cupa (caratteristica che accompagna parecchie parti del disco) dove la voce del singer forse raggiunge il suo livello interpretativo più alto, donando pathos e carisma al ritmo a tratti semi-orientaleggiante del brano.
La seguente The Sign Of Your Pain di memorie a tratti firmate Metal Church è uno dei pezzi più cupi del disco, dai riff alla voce del singer mentre My Rapture è caratterizzata da un incedere frizzante grazie a riff di facile presa ed assimilazione. Chiude il disco Devil May Cry con una travolgente carica di purissimo Us-power che scorre tra le vene fatte di riff di questa velocissima fast song.

Che dire alla conclusione? Un debut album che davvero lascia soddisfatti, specialmente in un’epoca musicale come questa dove certe sonorità sembrano via via sempre più dimenticate, fortunatamente band come i Nameless Crime riescono a farle risorgere dalle ceneri. Se siete amanti delle sonorità power/thrash tipicamente USA che hanno caratterizzato i grandiosi anni 80, allora cercate di far vostro questo disco che riesce incredibilmente a farle rivivere.
Vincenzo Ferrara

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