Recensione: Nekros Philia

Di Vittorio Sabelli - 24 Novembre 2014 - 17:20
Nekros Philia
Etichetta:
Genere: Black 
Anno: 2014
Nazione:
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55

I Lord Of Pagathorn sono un trio finlandese composto a Rovaniemi nel 1992, ma poco attivo sotto il profilo discografico, poiché ha all’attivo solo tre demo risalenti al primo periodo e, dopo un lungo periodo di riflessione, un EP del 2012 che comprende una cover di “In League With Satan” dei Venom. E finalmente dopo la reunion del 2010 si presentano con il loro primo lavoro su full-length. Scorrendo le tracce di “Nekros Philia” si intuisce che il disco è un concept  incentrato sulla necrofilia,  sui rituali, i comportamenti e le malattie che provoca.

L’Intro “In A Dream” introduce a quello che più che un sogno è un vero e proprio incubo, infatti la successiva Chapter I Pt.1 “The Asylum Gates” Pt.2 “The Path Leads Astray” è permeata da una furia cieca scagliata a mille senza mollare un attimo e senza concedere pause o break, in cui la voce di Corpselord è ululata come da miglior tradizione black metal.

Interlude I “Descended Pestilence” è un minuto in cui la voce sommessa del batterista Hellwind si staglia sopra la chitarra classica arpeggiata e lascia presto spazio a Chapter II Pt. 1 “The Unholy Face of Fate” Pt. 2 “On a Home Soil” e Chapter III Pt.1 “Buried Secrets” Pt.2 “Sinister Sister Inn”, entrambi brani caratterizzati da un black metal ruvido, gretto, diretto come da ‘prassi storica’, che però non concede cambi di tempo o alternative musicali, se non verso il finale del secondo brano, con una galoppata deatheggiante e una chitarra classica che disegna una triste melodia in sottofondo.

Chapter IV Pt. 1 “Old Bell Tolls” Pt. 2 “Nocturnal Noora” continua ancora il martellamento su cui poggia lo stile della band con poche possibilità di aspettarsi qualcosa di diverso, di non necessariamente violentemente scontato.

Non cambia molto al capitolo V, se non l’Intro effettistica “The Trap”, che si evolve in maniera naturale verso Chapter V Pt. 1 “Robbing the Breathing” Pt. 2 “My Garden of Eden, Underground Eden”, dove qualche tratto melodico stempera momentaneamente le scorribande del trio, mentre l’Interlude II “The Beast in Man” è un breve momento e alquanto interessante nel marasma del disco. La sua chitarra classica è ancora sovrastata dal delirio di Chapter VI Pt. 1 “Full Moon Necrophilia” Pt. 2 “Ritual”, che non lascia spazio all’immaginazione sotto il profilo musicale. Lo slow-time iniziale di Chapter VII Pt. 1 “The Awakening” Pt. 2 “Imprisoned” Pt. 3 “Potion of Poison”, e le seguenti sezioni più deatheggianti risultano meno scontate rispetto ai brani precedenti, anche se sempre incentrate sulla voce e sui testi, unico segnale interessante nel disco.

Anche l’Outro “Necropolis” non è che l’epilogo di quaranta minuti non particolarmente entusiasmanti, se non per i cultori di band storiche finniche come Beherit, Archgoat e Impalad Nazarene che hanno ispirato (anche se in maniera non brillante) i Lord Of Pagathron.

Vittorio Sabelli

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