Recensione: Nemesi

Di Simone Volponi - 19 Gennaio 2018 - 1:16
Nemesi
Band: Defecto
Etichetta:
Genere: Power 
Anno: 2017
Nazione:
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70

I danesi Defecto battono il secondo colpo a distanza di un anno dal debutto “Excluded”. Nel frattempo il cantante e chitarrista Nicklas Sonne ha avuto modo di farsi notare impegnandosi con i Section A, i Theory, e soprattutto con gli Evil Masquerade dell’ultimo, ottimo, “The Outcast Hall Of Fame”, nel quale divideva il microfono con gente del calibro di Apollo Papathanasio, Mats Leven e Rick Altzi. Proprio grazie alle qualità dimostrate è stato scelto da Henrik Flyman come nuovo frontman della band, ma a Sonne sta bene tenere il piede in più staffe, e quindi eccoci a trattare il nuovo “Nemesi” targato Defecto.
Il breve focus sul cantante era necessario in quanto il potenziale dei danesi ruota tutto intorno alle sue capacità. D’altronde se ci ha buttato un occhio anche il produttore Flemming Rasmussen (Metallica, Blind Guardian) e se gli stessi Metallica li hanno scelti come band di apertura in alcuni concerti, forse la stoffa c’è.

Dopo la breve intro di servizio, la titletrack deflagra subito in un bel power progressive moderno dai contorni sinfonici, solido, con riff compressi e le tastiere che accompagnano con pochi tocchi oscuri. La voce di Sonne comincia a farsi largo con potenza graffiante e acuti animaleschi, arrivando anche a contorcersi in passaggi growl efficaci. Sembra un ibrido tra Rick Altzi e il troppo sottovalutato Kelly Sundown Carpenter. La successiva “Endlessly Falling” presenta un altro riff tritaossa e una melodia nella strofa dal sapore classico che poi si apre nel refrain melodico al termine del quale Sonne sgancia acuti old school chiusi da un ruggito ferino. È chiaro come il sound dei Defecto sia di fatto debitore dei Masterplan più recenti, dei Symphony X e di una certa scuola danese, soprattutto Beyond Twilight, mantenendo un passo drammatico e teatrale.
Sound che si fa più spedito in “Savage” e ancora più rude e cattivo in “The Nameless Apparition”, dove compaiono riff stoppati e un bel assolo di Frederik Møller (altro motivo d’interesse presente nella band) doppiato dalle tastiere che aprono gorghi infernali prima della chiusura. “The Sacrifice” è la ballad di metà album, pianoforte e orchestrazioni su cui si staglia l’interpretazione coinvolgente di Nicklas Sonne sulle orme di un certo Jorn Lande.
L’arpeggio acustico tra folate di vento e tuoni in sottofondo fa da intro arcano alla lunga “Ode To The Damned”. Sonne si adopera nella doppia voce pulita e in growl, il muro di chitarre è un macigno che prende dal deathcore e sputa sul pezzo una colata di epos teatrale dove si sfocia in zona Avenged Sevenfold, per quella che è la vetta di “Nemesi”.
La più immediata e dagli stilemi hard rock “Gravity”, che comunque non si lascia sfuggire qualche svisata prog ma ha forse il ritornello più AOR dell’album, serve per uscire storditi dall’imperiosa traccia precedente e a proseguire l’ascolto bilanciando le sensazioni. Così si passa attraverso il power veloce e compresso di “Ablaze” dove però c’è un uso eccessivo della computeristica ad alienare il lavoro della sei corde, come aliena sembra quasi la voce di Sonne, così duttile nell’intercambio di voce pulita, growl arcigno e paurosi scream. “Before The Veil” sa di passaggio a vuoto, laddove, pur non creando capolavori, i Defecto avevano messo in campo una serie di pezzi godibili, mentre “We’re All The Enemy” strizza troppo l’occhiolino al metalcore per convincere, e il growl prende il sopravvento sulle cleans. Si poteva benissimo lasciarle fuori dalla tracklist e passare diretti alla conclusiva, lunga, “Ascend To Heaven”, un crescendo di progressive-power sorretto da una forte struttura sinfonica, che presenta una vasta gamma di sfaccettature tutte ottimamente rilegate insieme e saluta l’ascoltatore con una coda di pianoforte mefistofelica preceduta da sussurri demoniaci che di paradiso hanno ben poco.

Detto della bravura di Nicklas Sonne e della sua capacità di offrire un registro davvero vario, una nota di merito se la guadagna anche il chitarrista Møller, che più di una volta si lancia in assoli shread e dimostra tecnica e un buon gusto melodico.
La produzione è forse troppo lavorata e compressa, in poche parole troppo moderna, e guarda più al metal d’oltremanica che a quello europeo. I Defecto dimostrano comunque di padroneggiare bene la materia e cercano di mettere in luce una varietà stilistica tale da offrire più sensazioni possibili. Hanno un cantante notevole e sanno costruire buone canzoni, pur attingendo a quanto già sentito altrove. Ma “Nemesi” è solo la seconda prova all’attivo, e per ora può bastare.

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