Recensione: New World Order

Di Emanuele Villa - 10 Settembre 2016 - 18:47
New World Order
Band: Q5
Etichetta:
Genere: Hard Rock 
Anno: 2016
Nazione:
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70

Se per quest’estate avevate progettato un bel viaggio nel tempo, New World Order è uno di quegli album che non avrete potute dimenticare a casa.
Chi ha vissuto gli anni gloriosi della New Wave of British Heavy Metal avrà un sussulto: non che qui ci sia qualcosa di veramente british, visto che la band è americana e l’effetto clone degli AC/DC è evidente, ma se si scava un po’ non sarà difficile scorgere qualcosa di appartenente ai Judas Priest, ai Praying Mantis e a quella tradizione che, a cavallo tra i ’70 e gli ’80, ci ha consegnato alcuni capolavori indiscussi.

Valutare un album come questo è un’impresa titanica. Perchè non lo si può giudicare in termini di potenza innovativa, virtualmente nulla, ma piuttosto di impatto, coinvolgimento e  capacità di proseguire senza contaminazioni un filone ormai felicemente “di nicchia”. Riprodurre New World Order significa tornare indietro di trent’anni. D’altronde la band non ha avuto un processo evolutivo graduale, non ha affrontato negli ultimi decenni i cambiamenti delle mode e dei gusti, ha pubblicato un album nel 1984 (Steel the Light), si è messa in naftalina e poi ha pensato di ripresentarsi nel 2016 con un follow up che sembra concepito all’epoca e lasciato a stagionare nel cassetto.

Il primo impatto denota la forte influenza degli AC/DC, al punto da causare un forte rischio-clone, poi la band si distanza dal modello illustre e si avvicina ad altri (come quelli citati più in alto) cercando di far sentire anche connotati propri come una chitarra solista sempre protagonista e quelle fantastiche armonie di chitarra che ormai ci scordiamo. Con queste premesse il risultato non può che essere convincente: la band non ha voluto realizzare il capolavoro di un filone che andava trent’anni fa, ma al tempo stesso ha l’enorme merito di non essersi snaturata per andare dietro ai numeri, preferendovi la sana passione. E qui la si respira in ogni brano, da quelli più ispirati (We Came here to Rock, The Right Way, Fear Is The Killer) a quelli meno emozionanti e più scontati come A Prisoner of Mind.

New World Order è un viaggio continuo, sono 60 minuti alla riscoperta di sonorità, ambienti e sensazioni ormai dimenticate ma che – per molti di noi – rappresentano l’era dei ricordi. Anche perchè la band ci crede, sembra vivere ancora negli anni ’80 e, al di là di alcuni inevitabili brani sottotono, riesce a trasmettere l’energia che si respirava all’epoca: chitarre, basso, batteria e un frontman all’altezza. Il rock ha bisogno di altro?
 

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