Recensione: Nightfall

Di Enzo - 17 Luglio 2004 - 0:00
Nightfall
Band: Candlemass
Etichetta:
Genere:
Anno: 1987
Nazione:
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90


I joined with my destiny, eternally
I knew I was born again, an angel to be
A vision beyond my dreams, called me by name
So in devotion I spread my wings,

to heaven I had came…to stay

(Samarithan)

Candlemass è puro metallo pesante, Candlemass è incontrastato e semplice Doom Metal, Candlemas è epicità latente e lacerante. Difficile trattare di storia, si, perchè è di storia dell’Heavy Metal che trattiamo quando parliamo di una band come i Candlemass, paladina incontrastata di quello stile di Heavy Metal che fu chiamato Doom, caratterizzato da riff possenti, atmosfere asfissianti e ottenebranti di cui i Black Sabbath ne furono tra i primissimi pionieri. E’ certo che il Doom nel corso degli anni ha subito tantissime influenze e mutazioni. Ma il Doom dei Candlemass è puro Heavy Metal, cupo, pesante ed imponente, il vero Doom, quello epico e glorioso delle origini, quello senza contaminazioni di sorta.
Nightfall è probabilmente il punto più alto di tutta la discografia della band. Difficile analizzare i contenuti di un disco di tale caratura, un concept incentrato sulla morte in ogni suo aspetto, sul “tramonto” della vita (interpretando l’emblematico titolo), un disco dai profondi significati che più volte affondano le radici nella tradizione biblica. Ed è così che la poesia targata Candlemas ha inizio con la intro Gothic Stone, preludio a quel che sarà fin da subito uno dei pezzi più belli del disco e dell’intera discografia della band, parliamo di The Well of Souls, ispirata al film “Indiana Jones e i predatori dell’Arca perduta”, la song ci regala semplicemente un’ondata di metallo pesante cupo, solenne ed incandescente, dove tra refrain epici e riff possenti Messiah Marcolin, alla sua prima apparizione su disco con la band, ci dona una prestazione vocale assolutamente eccellente, grazie alla sua timbrica maestosa e fiera che non poco ha contribuito alla fortuna della band svedese. Bella la strumentale Cadex Gigas che ben presto cede il passo a At The Gallows End (degna di nota la sognante e dolce introduzione chitarristica).
Sicuramente l’altro assoluto capolavoro del platter prende il nome di Samarithan, da sempre la mia preferita del disco. La canzone, di significato biblico, si rifà alla parabola del buon Samaritano andandosi a snodare tra epici e magniloquenti refrain portati in auge addirittura da un antemico chorus intento a rievocare in modo encomiabile tutta quella magia che magicamente i testi fanno trasparire.
Sinceramente alquanto evitabile la tetra strumentale Marche Funebre (omaggio a Chopin), seguita tuttavia dalla bellissima, nonchè mastodontica, Dark Are The Veils Of Death, dove spicca in particolar modo la versalità di un singer di prim’ordine qual’è Marcolin. Per il titolo di questa canzone Leif Edling si inspirò nientemeno che ai Manilla Road di “The Veils Of Negative Exsistence” (album Crystal Logic).
Straziante Mourners Lament nei testi e nella musica mentre la seguente Bewitched risulta impreziosita da un accattivante quanto semplice chorus. Chiude il platter Black Candles, altra strumentale, forse la migliore e più articolata dell’intero album.
In conclusione “Nightfall” è un album cardine per tutto il movimento del puro Doom Metal, imprescindibile per tutti coloro cresciuti con i primordiali Black Sabbath, e per tutti coloro che hanno fatto dell’Epic Metal più oscuro ed asfissiante dei vari Manilla Road, Cirith Ungol, ecc..la propria ragione di vita (musicale ovviamente!).

Vincenzo Ferrara

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