Recensione: Nightmares Made Flesh

Di Alberto Fittarelli - 13 Ottobre 2004 - 0:00
Nightmares Made Flesh
Band: Bloodbath
Etichetta:
Genere:
Anno: 2004
Nazione:
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85

E rieccoci agli svedesi innamorati del death metal che non possono più
seguire coi propri progetti principali: ma se conoscete un po’ le gesta dei Bloodbath
sapete che non si tratta solo di una band-tributo, come ad esempio i deludenti Chaosbreed
dalla Finlandia o i Demonoid di Chris dei Therion, ma di una band vera e
propria, solida e che ha già dimostrato di saper pubblicare dischi di prima
qualità. E Nightmares Made Flesh non fa eccezione, anzi, sposta
la nostra ammirazione nei loro confronti ancora più in là: un disco finalmente
svincolato da certi clichè forzati, pur senza mai venir meno al proprio intento
di riscoperta di un sound classico.

Quello che differenzia i 4 nordici in questione dal resto delle all-stars
band è un’innata propensione alla creatività, che porta anche il nuovo platter
a risaltare per la bellezza dei brani in esso contenuti, a prescindere dal fatto
che rielaborino un canone masticato da centinaia di bands per anni e anni. La
classe non è acqua, e per una volta i “grossi nomi” dimostrano di
meritare la loro fama su più fronti: Anders “Blakkheim” Nyström, Dan Swanö
e Jonas Renkse bastano a dare l’idea di cosa possa nascondersi dietro ad
una tracklist apparentemente già vista; ma è con l’arrivo alle vocals di Peter Tägtgren
che la band compie un definitivo salto di qualità, apportando sonorità
decisamente più aggressive del growl tutto sommato “smussato” del pur
ottimo Mikael Åkerfeldt, presente sull’EP di debutto e sul precedente Resurrection Through Carnage.
Cosa dire, che non sia già stato detto, del folle singer degli Hypocrisy? Che
quando decide di abbassare le proprie tonalità per adattarsi al rough sound del
death metal di fine anni ’80/inizio ’90 riesce forse a far emergere la parte
più feroce di sè, ed a conferire valore aggiunto ad un disco di per sè già
ottimo.

Eccolo quindi alla prova con brani splendidi come Cancer Of The Soul
ed i suoi break, Soul Evisceration ed uno dei riffs più trascinanti
sentiti ultimamente nel death metal, o la viscerale Bastard Son of God:
tutti pezzi che prendono lo spirito del death svedese, quello autentico, ne
riplasmano il telaio e giocano con le sue regole, il tutto condito dalle
caratteristiche di una produzione moderna e pulita. Eaten è un omaggio
diretto ai Morbid Angel: impossibile non ravvisare il sound di Domination
come spunto per quella che è la canzone più cadenzata e sulfurea dell’album; Brave New Hell
è invece quella che risente forse di più dell’influenza Hypocrisy, con un
chorus ripetuto che rappresenta forse l’unico momento “fuori luogo”.
Ma è un’impressione personale, soggettiva, dato che analizzando freddamente il
brano non riscontro difetti.

Per gli appassionati del death metal, per chi aspetta di sentire le care
vecchie origini rivivere in nuova forma e coi mezzi dei nostri giorni, questo
disco è immancabile: una spesa assolutamente valida il suo acquisto, non può
deludervi.

Alberto ‘Hellbound’ Fittarelli

Tracklist:

1. Cancer Of The Soul
2. Brave New Hell
3. Soul Evisceration
4. Outnumbering The Day
5. Feeding The Undead
6. Eaten
7. Bastard Son Of God
8. Year Of The Cadaver Race
9. The Ascension
10. Draped In Disease
11. Stillborn Saviour
12. Blood Vortex

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