Recensione: Nine Destinies And A Downfall

Di Gaetano Loffredo - 19 Febbraio 2007 - 0:00
Nine Destinies and a Downfall
Band: Sirenia
Etichetta:
Genere:
Anno: 2007
Nazione:
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50

Li attendevamo al varco; sono arrivati. I Sirenia di Morten Veland, ex leader dei Tristania, ripartono da Nine Destinies And A Downfall, disco che succede al mini cd Sirenian Shores pubblicato nel lontano 2004 e terzo atto dopo il debutto “At Sixties and Sevens” (2001) e dopo il suo seguito, intitolato “An Elixir For Existence” (2003).

L’abbandono di Mr. Veland fu un duro colpo per i Tristania che, ancora oggi, stanno lavorando sodo alla ricerca di un’identità perduta diversi anni addietro, quando, proprio nel duemilauno, si chiuse il ciclo di un’epoca di successi. Cresciuti a immagine e somiglianza del compositore norvegese, i Sirenia hanno inseguito la popolarità cercando di bissare i risultati del buon vecchio Beyond The Veils, successo parzialmente conseguito col già menzionato debutto. Nine Destinies And A Downfall, purtroppo, cambia rotta… e di molto.

L’evoluzione stilistica della band è ai minimi storici; le soluzioni proposte sono quelle sinfoniche e pompose tipiche degli “ensemble” che, sulla falsariga dei trionfi economici riscontrati dai colleghi più in voga, provano a raschiare lo stesso fondo (Nightwish di Once e After Forever di Remagine su tutti). Meglio parlare di involuzione, piuttosto, anche perché si fa fatica ad associare il nome “Morten Veland” al lavoro che andremo ad esaminare, disco ruffiano e dai sottili contorni gotici, niente a che vedere col passato prestigioso del chitarrista scandinavo.

L’album si incentra sulla voce della nuova “sirena danese” Monika Pedersen, che interpreta con una certa “leggerezza” i nove brani rilasciati, risultando statica e anonima sulla breve distanza, invasiva e noiosa sulla lunga. Utilizzato col contagocce il growling dello stesso Veland, al microfono in un paio di formali occasioni affinché si possa preservare lo stile “pulito e delicato” che regna sovrano in ogni passaggio del disco.
Non c’è più spazio per gli inserti estremi e le composizioni sono di una semplicità imbarazzante, basate su un canonico strofa-strofa ritornello quasi a contemplare una struttura facilmente assimilabile, adattata su canzoncine melodiche orecchiabili, talvolta basate su ritornelli molto simili tra di loro come nel caso dell’auto-plagio My Mind’s EyeThe Other Side. Mettetele a confronto.

Il tutto, attenzione al più classico dei colpi di coda, confezionato e trasferito su silicio con una cura che ha dell’incredibile. L’unico elemento in grado di attirare l’attenzione, infatti, è la miracolosa produzione, limpida e cristallina come non mai. Ce la faranno i nostri eroi a vendere qualche copia in più?

Ironia schietta ma contenuta per un’operazione, spiace ammetterlo, fallimentare. Ci sono voluti tre anni (quattro dall’ultimo full length) per consegnare al pubblico Nine Destinies And A Downfall, un disco che non mi sento di consigliare nemmeno ai nostalgici dei primi Tristania: troveranno un artista sbiadito che, oggi, non rappresenta nemmeno il fantasma di se stesso.

Gaetano Loffredo

Tracklist:
1.The Last Call
2.My Mind’s Eye
3.One By One
4.Sundown
5.Absent Without Leave
6.The Other Side
7.Seven Keys And Nine Doors
8.Downfall
9.Glades of Summer

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