Recensione: No Sacrifice, No Victory

Di Federico Orano - 19 Maggio 2009 - 0:00
No Sacrifice, No Victory

I templari sono tornati. Settima uscita (live, singoli e best of esclusi) in dodici anni per questa prolifica band svedese. Se possibile però, questa volta l’album era ancora più atteso rispetto al passato, visti i cambi di line-up che hanno coinvolto la band e poiché, a parer di chi scrive,  per la prima volta nella loro carriera gli Hammerfall venivano da un album non del tutto convincente. Reputo infatti Threshold un lavoro complessivamente positivo, ma inferiore ai precedenti full length, con troppi mid-tempos e con nessuna canzone valida al punto di diventare un vero e proprio classico per la band. Come accennato sopra, rispetto alla formazione di quel disco (formazione storica che era stabile dai tempi di Renegade con l’ingresso di Anders Johansson), troviamo due nuovi volti dato che sia Magnus Rosèn, vero e proprio animale da palco, che Stefan Elmgren, un chitarrista che ho sempre apprezzato molto per i bellissimi assoli che ha saputo scrivere, hanno abbandonato il gruppo. Al loro posto sono stati ingaggiati Fredrik Larsson al basso e Pontus Norgren alla chitarra.

Un riff granitico ci da subito il benvenuto: Any Means Necessary, canzone scelta per il video, è un mid tempo dalla struttura molto semplice e ricorda i precedenti singoli della band (Hearts on fire e Bloodbound su tutte). Song di grande impatto, ottimo biglietto da visita. Un arpeggio introduce Life is a row, un pezzo ricco di carica che raggiunge il suo apice nel chorus, capace di colpire sin da subito. Altro mid tempo è Punish and enslave, canzone in pieno stile Hammerfal, con un riff che ricorda vagamente la storica The metal age. Il ritornello è molto semplice nella struttura e promette di fare sfracelli in sede live. Finalmente si spinge sull’acceleratore e anche Anders Johansson inizia a divertirsi sul serio. Legion è una canzone che riporta in mente i vecchi brani del passato, quelli veloci, con tanta doppia cassa e ritornelli powerozzi. L’accoppiata Dronjak-Cans dimostra di essere ancora al top anche nello scrivere brani di questo tipo. Between two world è una ballata ben riuscita che ricorda, un po’ alla lontana, The fallen one, brano che chiude lo splendido Legacy of kings, per chi scrive, semplicemente l’album più bello nella discografia della band.  Hallowed be my name è una heavy song che non riesce mai a decollare del tutto e risulta essere uno dei pezzi più deboli presenti nell’album. Something for the ages è la solita strumentale che troviamo in ormai ogni disco della band. Questa volta è scritta dal nuovo arrivato Pontus Norgren, a cui subito viene data piena fiducia. Nessuna novità però, visto che lo stile è lo stesso che abbiamo già trovato in canzoni come Reign of the hammer e In memoriam. Con la title-track arriviamo ad una delle hit del disco anzi, a parere di chi scrive, forse la vera e propria hit dell’album. Un riff spacca ossa e un coro potente come ne ho sentiti davvero pochi; il risultato è che probabilmente vi ritroverete col pugno alzato ad agitare la testa cantando ad alta voce: “Sacrifice, Victory!!!”. Con Bring the hammer down siamo di fronte ad un brano piacevole ma che nulla aggiunge e nulla toglie alla valutazione finale dell’album. Parecchio aggiunge invece One of a kind che chiude al meglio il disco. Una canzone veloce, un po’ alla Helloween, con una parte centrale acustica davvero indovinata e un chorus tutto da cantare. Siamo giunti alla fine ma prima di chiudere ecco l’immancabile cover. Questa volta Cans e soci ci sorprendono perché non viene riproposto nessun pezzo storico del metal anni ’80 bensì My Sharona, un grande classico del rock che, forse inconsciamente, chiunque di voi ha già sentito da qualche parte. Peccato che il risultato risulti simpatico ma nulla più.

I soliti Hammerfall, con una produzione perfetta che sa essere potente e limpida allo stesso tempo. Joacim Cans, spesso fin troppo criticato, è autore di un’ottima prova. Norgren, il nuovo chitarrista, si dimostra molto valido tecnicamente, ma l’assenza di Elmgren e dei suoi soli iper melodici si nota a tratti. I fasti del passato sono un pò lontani ma la band di Goteborg ha ancora molto da dire. Ci saranno i soliti detrattori pronti a criticare, per l’ennesima volta, Oscar e soci ma per noi fans saranno 50 minuti di buona musica da ascoltare e riascoltare con tanta passione. E quando arriverete alla fine, se vi è rimasto un po’ di fiato, tirate pure un sospiro di sollievo: i Templari hanno ottenuto un’altra vittoria!

Orano “CelestialDream” Federico

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Tracklist:
1. Any means necessary
2. Life is now
3. Punish and enslave
4. Legion
5. Between two worlds
6. Hallowed be my name
7. Something for the ages
8. No sacrifice, no victory
9. Bring the hammer down
10. One of a kind
11. My Sharona

Band:
Joacim Cans- vocals
Oscar Dronjak- guitars
Pontus Norgren- guitars
Fredrik Larsson- bass
Anders Johansson- drums