Recensione: No Sleep ‘Til Hammersmith

Di HaKa - 12 Dicembre 2006 - 0:00
No Sleep ‘Til Hammersmith
Band: Motörhead
Etichetta:
Genere:
Anno: 1981
Nazione:
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94

Vi siete mai chiesti cosa sia il genere ‘Metal’ in campo
musicale? Quante parole, commenti e paragoni si sono sprecati (e si
sprecheranno) sull’argomento. Affannandosi a capire chi fosse
Hard, chi
pop, chi in, chi, out, si perde ‘inesorabilmente’ di
vista ciò che è
imprescindibile. Non sono così presuntuoso da dirvi:
“Ho Io
la risposta!”
Ma posso esclamare con assoluta
certezza che quesiti
del genere non verrano mai posti nei confronti di
una band come i
Motorhead, capaci di essere, dal 1977 al 1983,
sicuramente il
gruppo più “estremo del Globo”.

I British Lions si sono
formati nel lontano 1975, (‘On Parole’
fu composto nel ’76 ma
uscì solo 4 anni più tardi) per opera del
loro “Frontmotor” Lemmy,
(quest’ultimo fu anche roadie
del Godness: Jimi Hendrix). Si
fecero conoscere per una sequenza di
‘cannonate’ del calibro di:
Motorhead (1977), OverKill (1979),
Bomber (1979) e Ace of Spades
(1980).
Gli album per l’epoca
suonavano maledettamente duri ed era
giunto il momento di un riscontro
live. Quello che ne uscì fu “il
live”: un album in tutto e
per tutto leggendario!
Lo considero
almeno su di un gradino di un
(ipotetico) podio come miglior
“performance on stage”, ma al
primo posto di questo stesso podio, senza
dubbi, perplessità o
incertezze, come il piu’ violento, selvaggio e
distruttivo di
tutti i tempi!
Una musica incendiaria che procura
del male fisico
soltanto ad ascoltarla: ruvida ed affilata come una
lamiera di ferro
arruginita. Quella sera i Motorhead assunsero in tutto
e per tutto le
sembianze di un caterpiller impazzito col motore di una
fuoriserie.
Non a caso, il suddetto disco, debuttò alla prima
posizione
nelle
Charts Inglesi e li consacrò definitivamente a
livello mondiale.
Thrash e Speed nn c’erano ancora, verranno dopo, e
chiameranno
Lemmy e compagni “padri”.
Nessun altro, nemmeno gli
stessi
Motorhead, saprà più ripetersi sugli stessi livelli. Non
importava
‘evitare’…ma solo ‘causare’!
Nuovissimi i pezzi: i
nostri riarrangiarono tutti i brani viaggiando al limite estremo della
musica e pompando con furia cieca per tutta la serata.

IL MOTORE:
La
formazione dei Lions ricorda per caratteristiche quella dei
mitici
All Blacks (neozelandesi-rugby). I Neri sono i numero uno al
Mondo
perchè hanno: forza, velocità, agilità ed energia da vendere;
guarda
caso proprio le caratteristiche dei nostri.
Ian Fraser
Kilmster alias “Lemmy”:
Vocals/bass – è lui la
“testa del motore”.
Davanti il boss detta legge. Usa il
basso come fosse un
bazooka (ma 1000 volte più potente)
, praticamente
una chitarra
ritmica aggiunta. Non disdegna delle autentiche prese di
posizione
(ovvero ‘Solos from train on face’). Bestemmia,
urla, strilla
dilaniandosi le corde vocali ma continua, imperterrito,
“calpestando”
di tutto. Ne ha di benzina in serbatoio.
“Pitone”.
Phil
“Philthy Animal” Taylor:
Drums – Fu lui a confermare il
doppio
pedale introdotto inizialmente dai ‘Gods’ Judas Priest.

Galattico”, sempre sugli scudi,
solo il riuscir a tenere il
passo
di Lemmy fa capire quanto velocemente picchiasse. Oltre ad un
mix
perfetto di versatilità e potenza d’esecuzione, la sua era
indubbiamente la batteria più devastante dell’epoca
! Si narra che
per ben 2 volte hanno dovuto sostituirgli il tamburo, causa? Le troppe
percosse subite. “Animal”.
“Fast” Eddie Clark: Guitar –
“Un tipo molto svelto”
(come era solito definito). Fa tutto lui:
è l’unica chitarra
(assassina), macina riffs su riffs ma al doppio
della velocità
degli
studio’s album. E’ il padre di tutti i
chitarristi Thrash.
Suda “sette camicie” ma è in gran forma:
sterzate
elettriche, mitragliate rithmiche ed assoli fulminanti

sempre con quel
suo tipico gran tocco blues, quasi a camuffare
quanto possano essere
letali. “Cobra”.

RECENSIONE:
I Lions
hanno fame e stanno per mostrare qualcosa che non è mai stato
visto
prima!
Giro della morte sul killer bass di Lemmy e fuoco alle
polveri! I “Motori” schizzano da 0 a 300 km/h dopo 5 secondi
di
intro. Si parte alla grandissima con la terremotante “Ace of
Spades”
, apripista per antonomasia. Fast’n furious track
sbalorditiva, un’
escamotage continuo di aggressione frontale
senza pari, una corsa
forsennata! Subito dopo segue un boato
assordante del pubblico,
il quale sembra intuire che questo sarà un
live diverso da tutti gli
altri. Giù il gettone quindi e via con
“Stay Clean”. Forza
d’urto impressionante! In quegli
anni il sound NWOBHM dominava
l’Europa, e, questa traccia, ne era
sicuramente intrisa fino al
midollo. Accelleratore abbassato
soprattutto in curva. Qualcuno si farà
male lì sotto! Siamo già alla
terza track, i tempi si abbassano ma la
potenza la fa da padrona. La
canzone recita: “Metropolis, the Worlds
collide”
: tutto
vero, è “scontro tra Mondi”. Proprio come la successiva
“The Hammer” incedere, guarda caso, ‘martellante’
tanto da
piegare metaforicamente un’incudine: come a fabbricare
acciaio per
strumenti di morte. Sotto a chi tocca: “Iron
Horse/Born to Lose”

pescata addirittura dalle ceneri di “On
parole”. Ai tempi di questo
album il motor’s style era già
ben definito e lo si intuisce subito
perchè grazie alla potenza
sprigionata il colpo viene subito avevertito
dal pubblico. Testa
bassa, gas aperto e ancora le scorribande
continuano.
“Sgommando” si giunge alla sesta traccia “No
Class”

perfettamente interpretata da Lemmy: un “heavy ‘n
roll” monolitico ed
inarrestabile, senza break, solo cuore e
sudore. Warning: danger zone:
finalmente riceviamo in pieno volto
quella palla d’acciaio chiodata. E’
infatti ora il turno di
“Overkill”! La canzone fa musicalmente
male, tanto male. I
Motorhead sono una mandria di rinnoceronti al
galoppo, senza controllo
nè mete precise. Un impatto sonoro mostruoso.
Metallica, Slayer,
Exodus e tutte le Thrash Metal band pescheranno da
questo monumento di
potenza a piene mani qualche anno dopo.
La
prestazione di tutta la
band è superba
ma Phyl…signori Phyl è
arrabbiato, mentre Ian non
suona più, oramai lancia solo cannonate e lo
“svelto”
continua la sua strage personale come se tra le mani avesse un
lanciafiamme! Lemmy si ferma per riprender fiato solo adesso con
l’urlo (è riduttivo chiamarlo cosi’) più atroce, sguaiato e
potente che orecchio umano abbia mai udito. Poveri i kids-prime file
del pubblico. Sganciata l’atomica, arriva “(We Are) The Road
Crew”
(sicuramente tra le loro songs più introspettive). Come
autentici
riders da strada raccontano le loro gesta quotidiane, fanno
davvero
tutto ciò che dicono nei testi, ecco perchè furono tanto
scioccanti
(mica come bambocci moderni che usano acquarelli sul viso
anzicchè
sulla tela). Eccoci giunti a “Capricorn”: tra notti
nere, stelle
scurissime è
l’inizio della fine’.Ancora il meglio del meglio del
rhythm’n blues, refrain decadente per un esemplare mid-tempo. Ma
adesso
fermi tutti e fuori l’artiglieria pesante, stanno per
piovere granate:
“it’s a Bomber it’s a Bomber it’s a
Bomber”
, il bombardiere
plana sul cielo grigio di Londra radendo
al suolo ogni cosa. E’ un
tripudio militare da “stato di
allerta”. Ascoltate per credere la
datata “Motorhead”!
Le note iniziali di Lemmy risuonano come
bombe a mano ed aprono il
sipario per questa undicsima ed ultima
traccia. Si chiama così proprio
perchè è lo specchio di loro stessi:
assolutamente vulcanica, come
tutto il live del resto. (La song fu
composta da Lemmy quando era in
forza ai mitici Hawkwind, cult band-
space/rock degli anni 70, da cui
Lemmy fu ispirato per il nome del
gruppo). Il pubblico ormai è in uno
stato di estasi incontrollata:
Motorhead! Motorhead!”
è il
leggittimo inno cantato per il
meraviglioso spettacolo offerto. Se
nello spazio da qualche parte ci
sono altre forme di vita, sicuramente
pure loro avevrtirono qualcosa
di rumoroso
quella sera.

THE SCORE:
Il 27 giugno del 1981 fu
messo a ferro e fuoco l’ Hammersmith di
Londra e per 50 minuti la Terra
tremò incessantemente.
In questa data
i Motorhead impartirono
un’autentica lezione di violenza sonora.
La lezione la ricorderanno e
la impareranno, lo stesso anno, band come
i Venom e tutti gli altri
gruppi (più estremi) che di lì a poco
sarebbero seguiti.
Lemmy, il
figlio che nessun padre vorrebbe.
Una dieta a base più di
fumo che
di aria, alcohol, droghe, sesso sfrenato, amante del
pericolo, rissoso,
rude, violento, in più di un occasione
politicamente scorretto, eppure
l’esatta incaranazione della
parola coerenza. Ricordo ancora Dave Grohl
(Nirvana, Queen of the
Stone Age, Probot, Foo Fighters), ultimate le
registrazioni di
“Shake Your Blood”, dichiarò senza mezzi termini: “Il
vero re del rock ‘n’ roll è Lemmy. Fanculo Elvis”.
Quest’anno è uscito
l’ennesimo capitolo dei Motors: ‘Kiss
of Death’ e mi chiedo per quanto
ancora il ‘re leone’ avrà
la forza di fare ciò che più ama:
scrivere, suonare, bere, sballarsi e
viaggiare. Molto probabilmente
finchè la morte non se lo porterà via,
stanca, di essere schernita
ancora, ancora e ancora.
Con il passar degl’anni tutti i suoi
eccessi sopra e fuori dal Palco
contribuirono a crearne l’eco della
Leggenda.
Mai Frase fu più
appropriata: “Diffidate dalle
Imitazioni!”

Pierluigi ‘HaKa’ Carotenuto

Tracklist:
01. Ace Of Spades
02. Stay Clean
03. Metropolis
04. The Hammer
05. Iron Horse/Born To Lose

06. No Class
07. OverKill
08. (We Are) The Road Crew
09. Capricorn
10. Bomber
11. Motorhead

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