Recensione: Nothing To Play For

Di Emilio Sonno - 9 Febbraio 2003 - 0:00
Nothing To Play For
Band: Kiju
Etichetta:
Genere:
Anno: 2002
Nazione:
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80

Devo ammettere, in tutta sincerità, che è con grande piacere che vado a recensire questo magnifico debut dei nostrani Kiju i quali a forza di girare, dopo non poche porte chiuse in faccia, hanno finito col trovare accoglienza alla slovacca Metal Age.
Questi cinque toscani propongono un genere che non ha eguali nè nella nostra penisola nè altrove. Barcamenarsi tra definizioni quali neothrash, metal-core, post metal, post core, post thrash risulta piuttosto avventuroso e ostico, se non fuorviante dato che nessuna di queste riesce ad inquadrare appieno le caratteristiche della band.
La loro formula musicale, molto complessa, è il risultato delle influenze musicali più disparate e andando a scomporla componente per componente troviamo di tutto: alla base del loro sound una forte matrice thrash/death ottantiana sulla quale si innestano diverse inflessioni emo stile Earthtone9, unite a riff più moderni che riportano alla mente il lato più grezzo e metallaro di Fear Factory, Faith No More, Sepultura (in particolare quelli di Chaos A.D. e Roots) e Linea 77.
Ma attenzione a parlare di nu metal! perchè le influenze più radicate risalgono ai primi Machine Head, ai grandi Megadeth e in particolar modo ai loro mentori assoluti: gli Slayer ai quali pagano pegno soprattutto per l’aggressività musicale espressa. Da non tralasciare poi Anselmo e soci anche loro seminali (specialmente Darrell nei riff e nei solo di chitarra) e volendo tutta una fitta schiera di gruppi “minori” di cui GF93, By The Grief, Crackdown e Browbeat rappresentano solo una parte.
Tutto questo metal viene masticato dai nostri, digerito e riversato su un cd che sprigiona grinta, violenza e cattiveria da ogni song, a cominciare dall’opener, nonchè titletrack, che assume subito un aspetto aggressivo grazie ad un basswork micidiale e lascia stupefatti per il potente impatto e ancora di più quando la canzone si apre per lasciare spazio ad un’ inaspettata parte lenta e malinconica che un pò alla volta riacquista vigore fino a concludersi in maniera netta dopo un bel finale in crescendo.
Che la ricerca di violenza sia la base di partenza del loro songwriting è ampiamente dimostrato da What Do You Want che inizia sulla scia del lento finale di Switch Off, ma la batteria si impone da subito con un drumming in perfetto stile grind core, di quelli che entra nelle orecchie e non se ne va più. Sempre in fatto di violenza Truck non è certo da meno con i suoi ritmi martellanti e le sue chitarre che dispensano riffing dalla precisione chirurgica. E ancora Discipline che come da titolo sfodera una ritmica precisa e impeccabile, oppure Reinforced Concrete con i suoi stacchi minimali e il suo cantato a doppia voce: raspy e clean vocal contrapposte, capaci di suscitare grandi emozioni; in pratica non c’è una traccia che sia mediocre… una!
Ki(II)ju è una breve strumentale che firma una tregua con i nostri padiglioni auricolari lasciando spazio ad una musica eterea, soave, che fa da preludio all’ultima devastante triade di song dove su tutte spicca WWWW (Filthy Screen) per via di una strepitosa sezione ritmica. A chiudere le danze ci pensa Paving of Worms con la sua pesantezza, ma si fa per dire: la fine è solo apparente perchè il cd continua a girare e dopo una lunga pausa di silenzio ecco che parte un’irriverente e provocatoria ghost track che con toni sarcastici alimenta la sempre attuale polemica del Bel Paese del sole e la sua musichetta ruffiana, politically correct, da da festival di Sanremo. Un lavoro nel suo complesso stupendo, dannatamente originale e moderno eppure lontano anni luce dal fastidioso nu metal imperante.
Bravi, bravi e ancora bravi!

Emilio “ARMiF3R” Sonno

Tracklist:

1. Nothing To Play For
2. Y (Chromosome)
3. Discipline
4. Switch Off
5. What Do You Want
6. Truck
7. Reinforced Concrete
8. Ki(II)ju
9. Out Of Control
10. WWWW (Filthy Screen)
11. Paving Of Worms

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80