Recensione: Nox Obscura Sortis

Di Emanuele Calderone - 4 Ottobre 2012 - 0:00
Nox Obscura Sortis
Band: Rexor
Etichetta:
Genere:
Anno: 2012
Nazione:
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70

Nati nel 2004 a Firenze, i Rexor sono una realtà giovane dell’underground black metal nostrano. Nonostante una carriera relativamente breve, i cinque musicisti toscani possono vantare una ricca discografia composta da due demo, un disco intitolato “Ain” e l’EP “Nox Obscura Sortis”, immesso sui mercati lo scorso Marzo e prodotto in tre differenti versioni da tre case discografiche. Il lavoro in questione, diviso in quattro canzoni, per un minutaggio complessivo che si aggira attorno ai diciotto primi, scorre senza troppi intoppi, regalando all’ascoltatore una manciata di brani sufficientemente interessanti.
Musicalmente ci troviamo di fronte ad un’opera ancorata al black dei primi anni ’90, rielaborato il più possibile con gusto e personalità: le atmosfere, le melodie, le ritmiche, tutto richiama da vicino la musica dei maestri del genere, senza per questo risultare banale o scontato. La prima caratteristica che colpisce l’ascoltatore è l’ottima preparazione tecnica del combo: all’apprezzabile quanto variegato lavoro svolto da Asmodeus e Storm alle chitarre, si affianca da un lato l’eccellente prestazione di Disangelium al basso e di Dionysos alla batteria e dall’altro quella dello screamer Hate, dotato di una voce corrosiva e potente.

Dei quattro pezzi qui contenuti, solamente due sono inediti e rispondono ai nomi di “Versus Daemonium” e “Nox Obscura Sortis”. Il primo viene aperto da una lunga introduzione ambient, che,  molto lentamente, sfocia in un black metal ferale e gelido ma al contempo elegante e mai banale. I riff incalzanti, sostenuti da un’impetuosa sezione ritmica, tessono una melodia estremamente affascinante che riporta la mente sia al meraviglioso “Moon in the Scorpio” dei Limbonic Art, sia il seminale “De Mysteriis Dom Sathanas” dei celeberrimi Mayhem.
La title-track presenta invece caratteristiche molto più vicine al black metal svedese di casa Watain. Il brano è un vero e proprio saggio di ferocia e cieca cattiveria, che non lascia un momento di respiro. Ancora una volta le chitarre, compresse al massimo, sono in primo piano, pronte ad accompagnare il penetrante scream del cantante. I passaggi più pacati riescono nella difficile impresa di accrescere ancor di più le sinistre atmosfere che permeano ogni secondo della composizione.
Con “In the Forgotten Depth” i ragazzi fanno un salto indietro di otto anni, riproponendo in una veste tutta nuova, una canzone già presente sul demo “Inferum Dominium”. Il pezzo si muove sulle stesse coordinate del precedente, presentandosi come un ottimo esempio di black metal classico.
La chiusura del lavoro viene affidata alla cover di “Equimanthorn”, brano inciso dai Bathory nell’ormai lontano 1987 per lo storico “Under the Sign of the Black Mark“. L’episodio, pur non aggiungendo nulla al risultato finale, si lascia comunque ascoltare con discreto piacere.

La qualità dei suoni si attesta su livelli più che dignitosi; ciascun musicista trova il suo spazio e i volumi degli strumenti risultano regolati con cura certosina. Chitarre, basso e batteria possono essere uditi distintamente senza problema alcuno.
La grafica è anch’essa soddisfacente: il booklet è corredato dalle foto dei membri della band e, sebbene manchino i testi delle canzoni, il colpo d’occhio è sufficientemente appagante.

Un lavoro ben riuscito dunque, che farà la felicità di tanti nostalgici del black metal d’annata, ma che saprà anche catturare l’attenzione di chi si affaccia al genere per la prima volta. Non siamo al cospetto di un capolavoro, sia chiaro, ma l’impegno profuso dai ragazzi, unitamente ad un songwriting solido e maturo decreta la totale promozione del disco.

Emanuele Calderone

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Tracklist:
01- Versus Daemonium
02- Nox Obscura Sortis
03- In the Forgotten Depth
04- Equimanthorn

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